"Questa vicenda cambia un po' le carte in tavola. I 5 stelle potrebbero usarla come scusa per tirarci una pugnalata alle spalle. Meglio votare adesso, sull'onda delle Europee, anziché in primavera dopo una manovra che non sappiamo come sarà". Cosi' un leghista di un certo peso riferisce i ragionamenti tra i dirigenti del partito dopo l'esplosione del caso sui presunti finanziamenti russi.
Il refrain è sempre quello e va avanti da mesi. Lo zoccolo duro della dirigenza 'ex lumbard' non regge più la convivenza con i 5 stelle, vorrebbe la crisi di governo con l'auspicio che conduca a elezioni politiche anticipate. Il tema è stato oggetto di innumerevoli riunioni tra Salvini e suoi nei mesi scorsi, con il segretario leghista che ha sempre respinto, con l'atteggiamento che lui stesso definisce "zen", ogni lamentela di ministri e sottosegretari, invitando tutti a portare pazienza.
La pazienza sta finendo
La novità di questi giorni è che si sta esaurendo la pazienza, non solo dei big di governo leghisti, ma anche dello stesso Matteo Salvini. Non che il capo della Lega abbia delineato un piano per portare il Paese al voto, o che si sia convinto che questa sia la strada da intraprendere, ma i pochi che hanno avuto occasione di parlare direttamente con lui segnalano un cambio di atteggiamento: pur nella consapevolezza della responsabilità del suo ruolo, e cercando di mantenere il rapporto con i 5 stelle, sarebbero aumentate, di recente, le "occasioni in cui Salvini ha avuto dubbi" sulla prosecuzione del governo.
Resta in ogni modo impervia la strada della crisi di governo e del voto anticipato, ipotesi comunque non al momento sostenuta dal leader della Lega. Ma è un fatto che aumenta anche il malcontento nei big della Lega. "Abbiamo una pazienza infinita, ma fino a un certo punto", ha scandito il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, parlando di autonomia, stamane a Varese.
Di Giorgetti, da sempre critico nei confronti del governo, si racconta che, ieri sera, alla Festa della Lega di Soncino, nel Cremonese, si sia dilungato a lungo coi commensali. In una lunga tavolata in cui sedevano, tra dirigenti ed amministratori locali, parlamentari e un ministro, il vice di Salvini avrebbe lamentato la prolungata permanenza al governo: Non erano così gli accordi - sarebbe stato il ragionamento - Non era previsto che saremmo andati avanti così a lungo coi 5 stelle, c'era l'idea di rompere prima dell'estate. Ma Matteo è così insicuro sulla crisi - avrebbero proseguito i commensali - non si convince: vuole restare al governo finché i sondaggi lo mostrano in crescita.
Rottura di un tabù
A riprova dei dubbi crescenti in Salvini le dichiarazioni del ministro dell'Interno: ieri ha evocato per la prima volta la crisi, commentando lo scontro con i 5 stelle, poi risolto, sugli emendamenti al decreto sicurezza bis. Ma anche i continui rinvii cui i pentastellati sottopongono il dossier sull'autonomia differenziata non fanno bene alla salute del governo. E il 'Russiagate' potrebbe peggiorarla. "Se la vicenda russa si dovesse allargare, non abbiamo dubbi: i 5 stelle ci tirerebbero una pugnalata alle spalle. La potrebbero usare come scusa per cavalcare nuovamente la battaglia delle legalità e magari far saltare loro l'esecutivo", sostiene un colonnello leghista.
Intanto, ci sarebbe l'esigenza di chiudere, entro martedì, la partita delle nomine Ue. In attesa di un possibile incontro tra Marco Zanni, il capogruppo leghista di 'Identità e democrazia', i 'sovranisti' europei, e la candidata alla presidenza delle commissione europea, Ursula von der Leyen, appare difficile che la Lega possa dare il suo voto favorevole alla ministra tedesca della Difesa. Semmai l'ipotesi che si potrebbe prendere in considerazione sarebbe quella dell'astensione strategica o dell'uscita dall'aula. Chiaramente, questo potrebbe dipendere dal 'portafoglio' che, nella formazione della commissione, von der Leyen potrebbe attribuire all'Italia.