Nessuna fronda, bensì una normale richiesta di assemblea per favorire il dibattito sull'organizzazione del movimento. All'indomani della riunione del gruppo dei senatori, in casa pentastellata intervengono i pompieri per contestare ricostruzioni e retroscena secondo cui a Palazzo Madama ieri si sarebbe prodotta una dura contrapposizione tra le varie anime del Movimento sulla leadership di Luigi Di Maio e sull'esistenza stessa della figura del capo politico.
Dagli Stati Uniti, il primo a intervenire è stato il diretto interessato, che ha parlato di un "grande malinteso" riferendosi alle 70 firme raccolte dal senatore Emanuele Dessì nel corso della citata assemblea. Secondo Di Maio, infatti, non si sarebbe trattato di un'iniziativa a lui ostile ma dettata dall'intento di "rafforzare il gruppo parlamentare": "C'è sempre una voce che si leva in dissenso - ha spiegato il leader pentastellato - ed è giusto così. Io sono stato eletto come capo politico con l'80% delle preferenze ed è giusto che ci sia chi non è d'accordo. Ma far passare quelle 70 firme per 70 firme contro di me..."
"Un grande malinteso"
"Ci sono persone - ha aggiunto Di Maio - con cui lavoriamo ogni giorno, mi hanno chiamato e mi hanno detto 'è un grande malinteso'". A supportare la tesi di Di Maio è giunto poi lo stesso senatore Dessì, che in una nota ha parlato di "strumentalizzazioni ad arte per portare un attacco al Movimento 5 stelle e al suo leader". Dessì ha spiegato la propria iniziativa con l'intenzione di "convocare un'assemblea del gruppo del Movimento 5 stelle al Senato al fine di discutere eventuali modifiche al regolamento del gruppo stesso" e ha tenuto a sottolineare che "Luigi Di Maio non è in discussione".
Altro frutto del lavoro dei "pompieri" penstastellati, un post sul blog delle stelle, in cui il gruppo parlamentare al Senato del movimento si è autodefinito "unito e affiatato" e ha smentito le "ricostruzioni fantasiose della stampa odierna in merito ai 70 firmatari del documento che, in linea con le regole del nostro gruppo, è funzionale alla richiesta di convocazione di assemblea". Resta però sul tavolo, al di là delle smentite ufficiali e dei tentativi di gettare acqua sul fuoco, il malumore espresso ieri a caldo da una serie di esponenti M5s sullo statuto del movimento e sulla figura del capo politico, che potrebbe incrociarsi con la questione della scelta dei nuovi capigruppo.
E Salvini "chiama" gli scontenti
Nell'assemblea di ieri, l'ordine del giorno ufficiale prevedeva la definizione della procedura per le candidature, che dovranno affluire nei prossimi giorni. Sarà quello il primo vero banco di prova per testare la tenuta del gruppo pentastellato a Palazzo Madama: una volta formalizzati i candidati, infatti, occorrerà vedere se i senatori riusciranno a convergere su una figura in grado di accontentare tutte le sensibilità, in cui molti vedono l'identikit dell'ex-ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli che per il momento, però, resta defilato.
Si tratta in ogni caso di un passaggio delicato, se si considera che alla Camera, dove il quadro appare meno ingarbugliato e turbolento che al Senato, le candidature pervenute sono ben undici e ci sarà bisogno di una grande lavoro diplomatico per evitare frizioni o scontri aperti. Ma al Senato il quadro, per M5s, appare ulteriormente turbato dalle dichiarazioni del leader leghista Matteo Salvini, che sembra annunciare una sorta di scouting tra i colleghi grillini: "Mettetevi nei panni - ha detto Salvini in un'intervista a Radio radicale - di chi ha fatto una battaglia nei Cinque stelle per anni contro quelli del Pd perché erano corrotti e poi ci si ritrova alleato. Questo - ha aggiunto - crea molto disagio, disagio che sarà palesato con alcune sorprese nei prossimi giorni".