AGI - “Non è utile essere ipocriti: ci aspettiamo di fare soldi, di incassare”. Checco Zalone va dritto al punto parlando del debutto del suo nuovo film, "Buen Camino" in cui viaggia verso Santiago de Compostela con la figlia, in arrivo nelle sale il 25 dicembre.
“Ci sono grandi aspettative da parte di chi ci ha investito e i dati che abbiamo avuto oggi sono abbastanza confortanti. I possibili futuri incassi di questo film possono far bene a tutto il comparto”, spiega durante la conferenza stampa romana indicando i produttori in prima fila, tra cui c’è anche Netflix scesa in campo al fianco di Medusa per un titolo attesissimo.
La 'sfida' con Avatar
Con la consueta ironia, Zalone scherza anche sul confronto internazionale che lo vedrà sfidare ‘Avatar: Fuoco e Venere’: “Dovrebbe svegliarsi questo James… come si chiama? Cameron? Il 26 mattina e dire: ma chi c… è Zalone?". Durante l’incontro evita le polemiche con il suo ex produttore Pietro Valsecchi: "Gli voglio bene", taglia corto l’attore pugliese.
Parlando poi del film, spiega di non sapere il motivo per cui piace tanto al pubblico. “Quotidianamente, ogni mezz’ora penso di mollare - racconta - sono parecchio emotivo, sento molto la tensione, quindi ogni mattina mi alzo e delle volte penso proprio di non alzarmi”. Un tratto che è finito anche nel film: “Questa mia caratteristica l’abbiamo messa nel personaggio di mia figlia, che è una che ha preso a fare tante cose, ma ha difficoltà a portarle a termine”.
"Una società senza padri"
Un tema che, come spiega Gennaro Nunziante, riguarda anche i più giovani: “Viviamo in una società senza padri, perché oggi non si sa più chi è l’uomo e quindi non si sa neanche perché si è padri. Il film risponde a una domanda semplice: quest’uomo è partito che era padre - aggiunge - ma non lo sapeva, e poi non ha saputo di esserlo”, osserva il regista.
Nei nostri film si va incontro all’uomo nella sua miseria e nella sua follia, ma lo si aiuta a crescere. Questo è l’elemento fondamentale”, conclude.
Lo sguardo verso i giovani
Zalone guarda con attenzione anche al pubblico dei ragazzi, a partire dall’esperienza familiare con la sua figlia più piccola: “Non l’ho mai vista attenta a un contenuto che durasse più di 40 secondi, quindi l’idea di tenere dei ragazzini scalmanati fermi per un’ora e mezza al cinema mi spaventa”.
E aggiunge: “Oggi mi seguono su TikTok e Instagram, ma spezzettano tutto. Anche spezzettato funziona - aggiunge - però io credo che un film debba essere anche un racconto, debba avere una drammaturgia, un inizio e una fine”.
Verso il Cammino di Santiago?
Infine, parlando del tema della spiritualità, che attraversa il film ma non appartiene al passato dell’attore: “A 17 anni non cercavo spiritualità, volevo fare il musicista - racconta - volevo fare il pianista, poi è venuto fuori il comico”.
Oggi, però, l’idea del Cammino è arrivata a stuzzicarlo: “Magari lo rifarei, ma non lavorandoci. Ho visto tanta gente arrivare alla fine del Cammino cambiata in maniera significativa. Chissà che un giorno non lo faccia seriamente, negli ostelli. Forse però più belli di quelli che vedete nel film", chiosa ridendo.