A che punto sono i test di vaccini anti-Covid in Ue?
Nessuno ha chiesto autorizzazioni per la sperimentazione in Europa, dice il direttore esecutivo dell'Agenzia europea per i farmaci

© AFP - Il laboratorio dell'Università di Oxford dove si sta realizzando il vaccino contro il coronavirus
Nessuno ha ancora chiesto all'agenzia europea per il farmaco l'autorizzazione a testare un vaccino per il Covid-19 ed è necessario tenere ancora la guarda alta perchè il virus "circolerà ancora per parecchio". È il monito lanciato sulle pagine de La Stampa da Guido Rasi, direttore esecutivo dell'Agenzia europea per i medicinali, che riconosce all’Italia post lockdown di aver “acquisito una posizione di vantaggio che ora non deve perdere”.
“Mi guardo bene dal giudicare l'operato dei governi ma il virus nel mondo viaggia al ritmo di 200 mila contagi al giorno" dice Rasi, "e la mia previsione è che circolerà ancora per parecchio, forse più di un anno. Per questo servono protezioni, distanziamento e rispetto delle norme igieniche. Oltre che gli strumenti per spegnere sul nascere i piccoli focolai”.
Tuttavia il “primo obiettivo è il vaccino” dice Rasi. “La verità è molto semplice: sul tavolo dell'Ema non è arrivato ancora alcun dato. Sappiamo che alcuni sono nella fase due sull'uomo, altri, come quello di AstraZeneca e Università di Oxford in quella 3 allargata sull'uomo. Ma senza dati per noi in questo momento sono tutti ai nastri di partenza” e “per autorizzare l'immissione in commercio dobbiamo avere dati attendibili, tali da poter dire che in queste circostanze epidemiche il rapporto rischio-beneficio è favorevole al vaccino”.
Per poi annunciare sul vaccino: “Comunque se tutto procedesse nel migliore dei modi diciamo che le prime dosi potrebbero essere somministrate ad inizio 2021. Ma ci sono ancora molte cose da capire sulla risposta immunitaria generata dal virus”, precisa Rasi che sullo studio del King's College di Londra chiarisce: “È uno studio importante, anche se condotto su un gruppo ristretto di popolazione e se confermato si potrebbe ipotizzare anche il rischio di ricadute anche più gravi per i pazienti che hanno contratto e superato l'infezione”.
Cosicché le sue preoccupazioni al momento restano “le stesse di tre mesi fa, quando dissi che la strada per il vaccino è irta di ostacoli. Stiamo parlando di un virus nuovo del quale sappiamo di non sapere. Non conosciamo quanto duri la risposta immunitaria e nemmeno di che tipo sia. Se sia più efficace quella cellulare, ossia la produzione di linfociti T che uccidono direttamente l'ospite sgradito. Oppure se funzioni meglio la risposta dei linfociti B, che generano la produzione di anticorpi specifici”.
Per questo motivo Rasi invita tutti “ad essere più cauti”, ma assicura che “l'Ema comunque garantirà la massima sorveglianza sugli effetti dei vaccini quando si arriverà a somministrarli”.