Acque agitate, in casa Pd, a meno di 24 ore dal discorso del premier Conte in Senato che darà il via ufficiale alla crisi di governo. L'esito della riunione dello stato maggiore pentastellato di domenica, nella villa di Beppe Grillo di marina di Bibbona, che sembra aver definitivamente chiuso la porta a ogni ipotesi di appeasement con Matteo Salvini e dato un sostanziale via libera a un accordo coi Dem, aumenta le fibrillazioni in seno al Nazareno, in vista di una decisione finale sul da farsi che non potrà non essere messa nero su bianco alla direzione del 21. Per quella data, si saprà già cosa Giuseppe Conte avrà detto nell'emiciclo di Palazzo Madama, e verosimilmente il Pd dovrà mettere a punto una posizione unitaria da sottoporre al Capo dello Stato, in sede di consultazione al Quirinale.
Dal quartier generale del Nazareno Nicola Zingaretti non cede e ribadisce la linea ufficiale del partito. Oggi è stato costretto a farlo per ben due volte: una al mattino e una a metà pomeriggio quando i rumor erano arrivati alla conclusione che, dopo gli Stati generali grillini, le parti in causa fossero addirittura arrivate a un accordo di massima su un governo Conte-bis. Nel primo caso, Zingaretti ha affidato a una nota dell'ufficio stampa la negazione di ogni trattativa in corso, ripetendo come un mantra la raccomandazione di attendere il contenuto delle comunicazioni di Conte domani al Senato, prima di ogni decisione ufficiale sul da farsi.
Qualche ora più tardi, è il segretario in persona a intervenire per rafforzare il concetto, sottolineando un elemento, quello della necessità della formazione, in caso di un nuovo esecutivo sostenuto dal Pd, di un "governo forte e di rinnovamento anche nei contenuti". Altrimenti - ripete Zingaretti - è meglio il voto". Una richiesta di discontinuità, in base alla quale anche nel caso del placet del Nazareno a un governo giallorosso, quest'ultimo dovrebbe presentare una squadra inequivocabilmente rinnovata rispetto a chi ha fatto parte dell'esecutivo assieme alla Lega.
Renzi sfida Salvini a un confronto
Inoltre, persiste la preoccupazione nella maggioranza Dem che la golden share del nuovo esecutivo possa essere nelle mani di Matteo Renzi e della sua nutrita pattuglia parlamentare. Proprio dai renziani, il pressing per un esecutivo coi grillini non accenna a diminuire, e l'ex-segretario, in un'intervista in tv del tardo pomeriggio, oltre a lanciare la sfida a Matteo Salvini per un confronto tv all'americana, ha affermato a chiare lettere di essere interessato a scongiurare il voto "per mettere in sicurezza gli italiani", aggiungendo di disinteressarsi del tutto "ai giochi dei partiti, compreso il mio".
"Contro di me - ha proseguito Renzi - ci sono stati attacchi sguaiati e volgari, metterli da parte mi costa ma prima viene l'Italia". Sul dibattito di oggi a Palazzo Madama, Renzi ha affermato: "Noi votiamo contro il governo Conte-Salvini-Di Maio che ha messo in ginocchio l'Italia, perché vada a casa". E a chi gli chiede se con "noi" intenda dire i renziani o i senatori del Pd, Renzi ha risposto "noi senatori del Pd".
I sospetti sull'ex premier
Dopo la "benedizione" di Romano Prodi a una maggioranza "Ursula" di legislatura, la preoccupazione di Zingaretti è proprio contrastare quelle che lui considera fughe in avanti dei renziani. Per il segretario Pd il rebus da risolvere, in questa fase, sembra quello di conciliare il pressing di Renzi per un governo "giallorosso" con l'esigenza di non prestare il fianco a un'operazione politica che, se effimera, avrebbe conseguenze nocive per il suo partito a livello elettorale. Non solo: serpeggia in maniera sempre meno latente, tra le fila della maggioranza Dem, lo stesso sospetto espresso in modo palese da Carlo Calenda, e cioè che Matteo Renzi e i suoi avallino la nascita di un governo "anti-Iva" coi grillini senza entrarvi a far parte, tenendo quindi le mani libere per eventuali scelte politiche autonome dal Nazareno a medio termine.
Ecco perché, tra le fila degli scettici su un accordo con M5s, esce allo scoperto il deputato Francesco Boccia per reclamare un ancoraggio all'eventuale nuovo governo per i renziani: "Renzi - osserva Boccia - dovrebbe impegnarsi direttamente con il coinvolgimento di personalità a lui vicine come Maria Elena Boschi". Anche perché, il contributo dei renziani al futuribile esecutivo giallorosso è al centro della tambureggiante propaganda di Salvini e degli altri leghisti contro tale prospettiva: "M5s ha scelto Renzi? - afferma il leader del Carroccio - Auguri, lo spieghino a Bibbiano, a Barca Etruria, agli italiani...".
Non a caso, è su questo punto che si sono concentrate le smentite degli esponenti grillini più in vista, come i ministri Riccardo Fraccaro e Alfonso Bonafede, che hanno respinto sdegnosamente al mittente le accuse salviniane di "inciucio" con Renzi, rinnovando le accuse di "tradimento" al ministro dell'Interno. Sta di fatto, però, che il capogruppo al Senato del Pd Andrea Marcucci, renziano Doc, in un'intervista al Corriere della Sera ha ammesso che la sua componente ha "cambiato idea sui 5 stelle, ma di fronte a emergenze vere bisogna reagire con forza, il bene della Repubblica deve venire prima degli interessi di parte".