In Israele, il tempo si è fermato ad aprile: il presidente, Reuven Rivlin, ha conferito a Benjamin Netanyahu l'incarico di formare un nuovo governo, come poco più di cinque mesi fa. In mezzo, un'altra elezione, che non è riuscita a dirimere la matassa politica israeliana. Oggi come allora, al leader del Likud, a colui che ha il record di longevità come primo ministro nella storia del Paese, l'incarico di formare la quadra. In una situazione non facile.
Ancora una volta l'ago della bilancia è Avigdor Lieberman, il leader del partito nazionalista russofono Yisrael Beiteinu che, dopo aver fatto cadere il governo a novembre, dopo non aver accettato ad aprile di entrare nell'esecutivo, ha di fatto rimandato il Paese alle urne. Un voto che il presidente Rivlin non vuole più: sin dall'inizio degli incontri con i partiti politici all'indomani delle elezioni della settimana scorsa, il presidente israeliano è stato chiaro, vuole un governo stabile e ha chiesto un esecutivo di coalizione tra il Likud di Netanyahu, che alla fine ha conquistato 32 seggi e il partito dell'ex capo di stato maggiore Benny Gantz, il Blu e Bianco, che ne ha ottenuti 33.
L'ex generale, però, non ne vuole sapere di sedere in un governo guidato da Netanyahu perché il premier uscente, la settimana prossima, sarà chiamato a rispondere di frode, corruzione e violazione della fiducia in tre casi penali. Rivlin le ha provate tutte: prima di affidare l'incarico a Bibi, ha anche rivelato di aver offerto sul piatto una legge che consente a un primo ministro di sospendersi mentre è sotto accusa e di far subentrare un vice primo ministro fino a quando le accuse al premier non siano state cancellate.
Non c'è stato nulla da fare, nessuno accordo possibile e Rivlin ha scelto i numeri: poiché Netanyahu ha ricevuto il sostegno di 55 parlamentari (oltre al Likud Yamina, Shas and United Torah Judaism) e Gantz quello di 54, ha chiesto a Bibi di restare al suo posto. Che succederà ora? Netanyahu, complici anche il capodanno ebraico e il giorno dell'espiazione e grazie alle leggi israeliane, avrà un po' più di tempo per cercare altri sette parlamentari che lo sostengano, per superare la maggioranza prevista di 61.
L'indiziato maggiore per sostenerlo, è sicuramente l'Yisrael Beiteinu di Lieberman, che con 8 parlamentari, potrebbe far spostare la decisione di formare un governo da una parte all'altra. Lieberman è stato ministro della difesa di Bibi, ma non va d'accordo con gli ortodossi che sostengono Netanyahu. Lieberman non è entrato nel governo precedente perché chiedeva una legge che obbligasse anche questi al servizio militare. Non è chiaro se e cosa Lieberman possa accettare o dove Netanyahu possa trovare i voti necessari. Se questi dovesse fallire, il presidente potrebbe chiedere ad un altro esponente del Likud di formare il governo: a questo punto, il veto su Netanyahu potrebbe cadere e Gantz potrebbe entrare a rotazione in un governo di coalizione.
Oppure il presidente Rivlin potrebbe chiedere proprio all'ex generale di formare l'esecutivo: in questo caso, se resta l'appoggio storico dei tre partiti arabi su quattro, Gantz dovrà lavorare non poco per formare la maggioranza perché Lieberman sicuramente non entrerebbe in un governo appoggiato dagli arabi. L'ultima ipotesi, prevista dalle leggi israeliane e ricordata dal presidente proprio per sottolineare che non vuole altre elezioni, è che qualsiasi partito della Knesset, il Parlamento israeliano, decida di provare a formare un governo.