AGI - È un addio in formato de luxe quello che Fabio Fognini sta dando al tennis. Se nella sua ultima apparizione agli Internazionali d'Italia era andata in scena la fumata bianca della cappella Sistina, con la proclamazione di Papa Leone XIV trasmessa in diretta sul maxischermo del Centrale dove l'azzurro stava giocando contro Jacob Fearnley, per l'addio a Wimbledon (salvo ripensamenti) si è regalato un'uscita di scena da star, in cinque sublimi set sul Centrale contro il pontefice di Church Road, come l'All England Club comanda in bianco papale pure lui: il campione uscente Carlos Alcaraz che con il suo primo turno vinto 7-5, 6-7, 7-5, 2-6, 6-1 ha dato l'avvio ufficiale all'edizione 2025 contro un avversario stellare, capace a 38 anni suonati di mettere in grande difficoltà il numero 2 del mondo, 16 anni in meno di lui.
Talento e sregolatezza: la cifra di un campione
L'azzurro ha sfoggiato colpi spettacolari che hanno lasciato a bocca aperta gli spettatori, compresi David Beckham e Sarah Ferguson, recuperi, variazioni di rotazioni e discese a rete di cui si sentirà la mancanza in un tennis sempre più dominato dal 'bum bum' a fondo campo. Uno spettacolo degno di una semifinale, se non di una finale, con Fognini molto applaudito a fine match da Alcaraz e dagli spettatori che per l'occasione hanno evidentemente dimenticato la brutta gaffe del 'Fogna' nel 2019: quando nel match di terzo turno contro Sandgren, in svantaggio e parecchio contrariato per essere stato destinato a un campo secondario, il 14 (allora era fresco campione di Montecarlo nonché numero 9 del mondo) perse le staffe invocando l'esplosione di una bomba su Wimbledon. Uno sfogo piuttosto grave considerando che l'All England Club era stato davvero bombardato dai nazisti nel 1940.
Fabio si beccò una multa da 3mila dollari, spiccioli in confronto a quella da 96mila (più squalifica) per gli insulti sessisti alla giudice di sedia Louise Engzell nell'edizione 2017 degli US Open, quando era in campo contro Stefano Travaglia. Ma Fognini è così, talento e sregolatezza, 'Prendere o lasciare' non a caso il titolo della docufiction in cui si è raccontato. "Fabio è doppio come il suo segno zodiacale, Gemelli, in campo spesso oltrepassa i limiti, fuori è un compagnone", l'ha dipinto così sua moglie, l'ex campionessa Slam Flavia Pennetta (sono sposati dal 2016 e hanno tre figli, Federico, Farah e Flaminia) ai microfoni di Sky prima di sedersi in tribuna per il match contro Alcaraz.
Una carriera tra successi e rimpianti
Oggi che a 38 anni e da numero 138 del mondo Fognini sta salutando terra, erba (quella di oggi era la sua quindicesima e ultima partecipazione al torneo di Church Road, la 63ma in uno Slam) e tra un po' il cemento, la sua carriera, cominciata da bambino nella sua Arma di Taggia - fu strappato al calcio e forse nel suo odio-amore per il tennis si cela il rimpianto per il pallone - parla di innumerevoli racchette distrutte e di multe (la sua autobiografia è titolata 'Warning'), di infortuni, ma anche di grandissimi successi. Fabio ha vinto nove titoli in singolare e otto in doppio con Simone Bolelli.
Nei primi spicca il Master 1000 di Montecarlo che nel 2019 gli consentì di entrare a 32 anni tra i top ten. Non solo: con il suo letale rovescio bimane e un talento naturale Fabio è stato capace di battere per ben quattro volte Nadal (quando Rafa era al top) perfino sulla terra della sua Barcellona, nel 2016. E in doppio, in coppia con Simone Bolelli con il titolo dell'Australian Open nel 2025 ha dato il via alle tante vittorie azzurre nei doppi Slam. Colonna della squadra azzurra di Davis, ha partecipato a 30 incontri, con vittorie decisive (memorabile quello del 2014 a Napoli contro Andy Murray e la rimonta in doppio con Bolelli contro i croati Pavic e Mektic nel girone delle Finals 2022).
L'eredità di un punto di riferimento
Fognini, ininterrottamente numero uno d'Italia dal 2011 al 2019, è stato un po' il fratello maggiore dello squadrone azzurro contemporaneo dei vari Sinner, Musetti, Berrettini che oggi lo definisce "un punto di riferimento". Malgrado i risultati e un talento naturale che avrebbe potuto portarlo anche a traguardi più alti (non a caso l'anno scorso a 37 anni proprio a Wimbledon fu capace di battere Casper Ruud e oggi contro Alcaraz ha sfoggiato un altissimo livello) non ha avuto l'esaltazione mediatica e l'abbraccio del pubblico raccolto dai suoi eredi azzurri. Colpa dell'atteggiamento in campo, del linguaggio non verbale che trasmetteva spesso dei "che ci faccio qui?" e di quello verbale spesso sopra le righe. Un campione simpatico e scherzoso nella vita 'normale' ma in lotta con se stesso e contro la bellezza del suo tennis in campo. Oggi, nella sua ultima danza tennistica a Wimbledon nonostante la sconfitta, ha vinto lei, la bellezza.