AGI - Michael Bublè, cosa significa per te questo "Concerto con i Poveri" e che cosa ti ha chiesto di cantare il Papa? «Questo concerto significa molto per me, per molte ragioni. So che il Vaticano e il Santo Padre avrebbero potuto invitare chiunque, e certamente qualcuno avrebbe voluto essere qui. Quindi il fatto che abbiano chiesto proprio a me ha significato davvero molto».
Sul programma, Bublé mantiene un alone di mistero: «Il Santo Padre ha chiesto molte canzoni e quasi tutte saranno nel setlist. Non ti dirò quali, perché voglio che sia una sorpresa quando domani metterò insieme il programma».
Nelle fasi più difficili della tua vita, quanto è stata importante la fede? «La fede non è importante solo nei momenti difficili. Per me è importante nei momenti più rilevanti della vita. Per tutte le cose buone devo essere grato, perché credo ci sia un progetto. Cerco di affidarmi alla consapevolezza che esista un progetto per me. Qualunque esso sia, cerco di ascoltarlo. Anche nei momenti duri la fede mi ha aiutato moltissimo. E ho una bellissima famiglia e una bellissima moglie che mi sostiene quando le cose diventano difficili».
Che rapporto hai con l’Italia? E qual è il tuo cantante preferito? «Il mio rapporto con l’Italia è forte, la mia connessione è profonda. Quando mi chiedi chi sono, rispondo che sono un canadese di origine italiana. È parte di me. Sono molto orgoglioso della mia doppia cittadinanza, della mia storia, delle storie che ho sentito e conosciuto dai miei vicini e dalla mia famiglia emigrata dall’Italia. Anche la famiglia di mia moglie è emigrata dall’Italia. Per quanto riguarda i cantanti, i miei preferiti sono Pavarotti - lo amo - e poi Dean Martin, Frank Sinatra e Tony Bennett. Sono molto orgoglioso di portare avanti la mia storia attraverso i miei eroi».
Cosa ti colpisce di Roma? E segui la squadra di calcio della città? «Amo Roma. È probabilmente la meta di vacanza preferita per me, la mia famiglia e i miei bambini. Amiamo camminare, esplorare, fare la pizza e il gelato, andare nei bellissimi ristoranti, nei parchi, nelle fontane. Amiamo tutto. Passando al calcio io sono un tifoso del Vancouver, e l’altra squadra che tifo è il River Plate, in Argentina».
E in Italia? Hai una squadra del cuore? «Non ho preferenze, ma quando ci sarà la Coppa del Mondo tiferò la Nazionale».
Quali sono i tuoi prossimi progetti? «Sto lavorando a un bellissimo disco. Ho anche progetti per film e televisione. Ma in questo momento è bellissimo avere un po’ più di tempo del solito per essere un padre, un marito, prendere i miei bambini, portarli a scuola e fare sport. Amo lo sport: ho giocato a calcio, a calcio e a calcio. Amo molto gli sport».
Ti piacerebbe collaborare di nuovo con un artista italiano? «Sì, amo i cantanti italiani. Ho lavorato con Laura Pausini e la amo tanto. È stato bellissimo abbracciarla: lei e io abbiamo lavorato insieme molti anni fa ed ero ai Latin Grammy. Era passato tanto tempo ed è stato molto bello rivederla. Le ho detto: “Ok, cosa facciamo? Quando torneremo insieme a fare qualcosa?”. E lei ha accettato, è una donna così grande. Mia moglie e io la adoriamo. Amiamo la sua musica e non vedo l’ora di lavorare di nuovo con lei».
Ti rivedremo a Sanremo? È possibile un tuo ritorno sul palco dell’Ariston? «Certo, amo Sanremo. È stato uno dei momenti più importanti della mia carriera. Ricordo che quando sono tornato in Canada e stavo diventando famoso, i miei genitori dicevano: “No, tu non sei così famoso”. E io rispondevo: “Come no? Sono ai Grammy, agli Oscar…”. Ma loro insistevano: “No, lo sei quando fai Sanremo, a quel punto sei famoso”. Anni dopo, quando ho partecipato al Festival per la prima volta e sono tornato a Vancouver, i miei genitori mi hanno detto: ‘Wow, ora sei famoso. Adesso hai fatto Sanremo’».