“Anno domini 1327”. Alle 21,20 in punto con la scritta che ha condotto i telespettatori nel Medio Evo, si è aperta la prima puntata dell’anteprima televisiva mondiale più attesa dell’anno. Anticipata dall’attore Stefano Fresi, il monaco Salvatore che nella serie parla una strana lingua tutta sua, mandato poco prima come concorrente a “I Soliti ignoti” di Amadeus per trainarla, e dall’hashtag di Twitter #ilNomeDellaRosa terzo nella classifica delle tendenze del social durante la messa in onda e già dal pomeriggio ribollente di citazioni, da “Penitenziagite” a “Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus” la frase che chiude il capolavoro di Umberto Eco.
Fedele al romanzo del 1980 e occhieggiante al film di Annaud dell’86, la prima puntata si è aperta con la voce narrante di un Adso da Melk ormai vecchio e con il relativo racconto della sua storia da novizio che si ribella al padre, barone tedesco al seguito dell’Imperatore, che lo vuole soldato, e del suo incontro con Guglielmo da Baskerville, il frate francescano colto e intelligente, diretto verso un’abbazia benedettina sulle Alpi, per rappresentare il suo Ordine e mediare la disputa sul ruolo della Chiesa tra la delegazione del Papa francese Giovanni XXII e quella dei dotti francescani accusati di voler destituire il potere temporale della Chiesa.
Adso, il giovane attore tedesco Damian Hurding che in Germania è un eroe del locale Braccialetti rossi, quando si sfila il saio ha addominali “tartarugati” poco monacali ma ha un’intensità che non ha niente da invidiare al collega cinematografico Christian Slater, così come svetta il Guglielmo da Baskerville di Turturro (con i twittatori esaltati dalla sua frase “Usare la conoscenza per migliorare la razza umana”) nonostante non punti sugli ammiccamenti bondiani del suo predecessore Sean Connery.
Rupert Everett, nei panni del feroce Inquisitore Bernardo Gui è una certezza, svetta anche il primo maschio italico che compare circa dieci minuti dopo l’inizio, Fabrizio Bentivoglio (preceduto a inizio puntata da Antonia Fotaras, la ragazza occitana tentatrice di Adso), che interpreta Remigio da Varagine, il cellario dell’abbazia. Rispetto alle buie atmosfere gotiche del film, la serie tv diretta da Giacomo Battiato, coprodotta da 11 Marzo film, Palomar e Tele Munchen Group in collaborazione con Rai Fiction, costata 26 milioni di euro, già venduta in 136 Paesi e girata in gran parte a Cinecittà, può contare su una più vasta (e televisiva) gamma di luci.
La puntata entra nel vivo quando Turturro e Adso arrivano nell’abbazia benedettina sulle Alpi e Guglielmo si trova davanti alla morte del monaco miniaturista Adelmo, il primo di una lunga fila. E si esalta anche il popolo di Twitter quando si accorge che nei panni dello sfuggente e ambiguo abate Abbone che affida a Turturro l’indagine, sperando che la risolva prima dell’arrivo della delegazione papale guidata da Gui/Everett, c’è Michael Emerson, il Ben Linus della serie cult Lost.
Segue un’altra misteriosa morte, con il monaco Venanzio trovato senza vita in un barile di sangue di maiale, e appaiono via via anche gli altri italiani del cast, da Roberto Herlitzka a Alessio Boni, passando per Fresi, con il viso deformato da ore di trucco, e Greta Scarano. Le tracce dell’assassino di Venanzio portano alla labirintica biblioteca della grande torre, il cui è accesso è vietatissimo e concesso solo al bibliotecario Malachia e al suo assistente Berengario. La puntata si chiude con Guglielmo e Adso che sfidando il divieto entrano nella biblioteca, con il novizio in preda a spaventose visioni. Ne andranno in scena altre tre, attesissime.