“Cara Mariele, ti scrivo, perché sono un bambino che ti pensa, un parroco che deve risolvere un problema, un genitore che cerca consiglio, un carcerato che cerca conforto”. Dieci al giorno, tra lettere e cartoline. E Mariele rispondeva. Sono oltre 15mila le lettere scritte da Mariele Ventre, la fondatrice del Piccolo Coro dell’Antoniano di Bologna, scomparsa nel 1995 a soli 56 anni, nell’arco della sua vita piena di tournèe e di impegni, di audizioni e di Zecchini D’Oro.
Non aveva mai tempo per farlo, ma d’estate, quando scattava l’ora delle vacanze, Mariele partiva con la sorella per andare nell’amata casa di Capo Caccia in Sardegna, trascinando una pesante valigia, senza dirne il contenuto. E lì guardando il mare da lontano, rispondeva.
Una vita, quella di Mariele, vissuta con grande semplicità, al centro del tv movie “I ragazzi dello Zecchino D’Oro”, co-prodotto da RaiFiction e Compagnia Leone Cinematografica da Francesco e Federico Scardamaglia, che viene girata in queste settimane interamente a Bologna.
Finché vedrai sventolar Bandiera Gialla
Il volto di Mariele sarà quello di Matilda De Angelis, 23 anni, la giovane attrice più richiesta del momento, il regista è Ambrogio Lo Giudice che lo Zecchino lo conosce bene, perché da bambino quell’esperienza l’ha vissuta anche lui. “Il primo ricordo che ho di Mariele è forse il ricordo più antico della mia vita – ha scritto Lo Giudice in un appunto pubblicato nel libro ‘Lettere da Mariele’ della Fondazione che porta il suo nome, a cura di Giuliano Musi – avevo sei anni, mia madre mi portò all’Antoniano per fare un provino per entrare nel Coro”.
“Una signorina, che sembrava una bambina, perché non era tanto più alta di me, mi chiese che pezzo avevo preparato. Io non avevo preparato nessun pezzo e improvvisai. Conoscevo ‘Bandiera Gialla’ di Gianni Pettenati, che non rientrava certo nel repertorio del Coro”. “Mi ricordo l’espressione di Mariele tra lo stupito e il divertito. Cantai Bandiera Gialla e iniziò la mia bellissima storia con il Piccolo Coro dell’Antoniano e con Mariele: Che non dimenticherò mai per tutto quello che mi ha insegnato e perché lei non si è mai dimenticata di me”.
Mentre il regista è al lavoro con le riprese, che approderanno a breve proprio all’Antoniano di via Guinizelli, incontriamo poco distante la sorella di Mariele, Maria Antonietta, nella Fondazione che porta il nome della fondatrice del Piccolo Coro e dove tutto oggi parla ancora di lei.
In bella mostra, tra i cimeli all’entrata, il Telegatto d’argento del 17 novembre 1979 con la targa “ per aver fatto del Piccolo Coro una realtà mondiale”. Seguì il Telegatto d’Oro per il 26mo Zecchino del 26 novembre 1983. In un’altra stanza, la collezione dei dischi d’Oro e di platino: per il 37mo zecchino del 94 ne furono assegnati ben due (200 mila copie ciascuno) : l’ultimo è quello del 38mo Zecchino del 1996.
Alle pareti, tra le mille foto, quella di Mariele col padre che scherzosamente si lamentava perchè anche quella volta, durante le riprese dello Zecchino, di lei si era vista inquadrata solo la nuca, e lei rispondeva sorridendo “Ma papà, non sono mica una diva”. E la foto del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che in occasione di quell’incontro con la sorella confidò “ Per me lo Zecchino d’Oro è Mariele e i 44 gatti”. Ecco il ricordo di Maria Antonietta
Che cosa ti aspetti da questo film?
La vera Mariele. Il regista è un ex bimbo di Mariele, un “vecchione” come Mariele chiamava con tanto affetto e con tanta nostalgia i bambini che per raggiunti limiti di età dovevano lasciare il Piccolo Coro . Erano i suoi “vecchioni”, bambini con i quali lei è poi rimasta in contatto, perché non li ha mai lasciati, che si sono ricordati di lei, e se ne ricordano ancora. Ambrogio Lo Giudice, il regista, è uno di questi “vecchioni “di Mariele e quindi mi aspetto la vera Mariele da lui.
Come cominciò Mariele questa avventura?
Cominciò per caso e fu una scelta che le pesò non poco, perché Mariele aveva sognato per anni la carriera concertistica, si era brillantemente diplomata in pianoforte al Conservatorio di Milano – il suo diploma è firmato da Ghedini – e doveva intraprendere la carriera concertistica: doveva cominciare le audizioni importanti, ma uno dei padri fondatori dell’Antoniano, padre Berardo Rossi, amico di famiglia e nostro “fratello maggiore”, la intercettò un giorno in chiesa per dirle che un certo mago Zurlì, alias Cino Tortorella, aveva proposto alla Rai che si era poi rivolta all’Antoniano una trasmissione televisiva che preveda dei bambini che cantassero canzoni per bambini. Siccome Mariele sapeva la musica e amava i bambini - era anche diplomata alle magistrali – padre Berardo le chiese di aiutare l’Antoniano in questa avventura che volevano cominciare. Mariele fu molto indecisa, e soprattutto la scelta le pesava molto, ma non seppe dire di no a Padre Berardo, anche probabilmente per timore reverenziale. E gli disse: e va bene, per questa volta, vuol dire che perderò un po’ di tempo.
E quando capì di essere diventata famosa in tutto il mondo?
La seconda volta che ci fu un incontro su questo tema. Naturalmente lo Zecchino ebbe successo e quindi padre Berardo ritornò alla carica, e Mariele fece un po’ meno fatica a dire di sì. Poi capì che la strada che le si poneva davanti sarebbe stata la sua strada, soprattutto perché univa le sue due ragioni di vita, i bambini e la musica. E così è stato: Mariele ha avuto molto dai bambini, ha molto dato, ma come diceva sempre lei, ha anche molto ricevuto.
Qual è il messaggio che esce dalle lettere scritte da Mariele?
Queste lettere sono la Mariele vera. Per lei il parlare con la gente, il comunicare, magari servendosi della musica, strumento educativo per eccellenza, era una sua missione. Voleva dedicarsi agli altri. Quando in casa io le dicevo “Smetti di dirigere, non siamo i tuoi bambini” era proprio perché avrei voluto che pensasse un po' anche a se stessa. Ma Mariele se stessa la metteva proprio all’ultimo posto: doveva sentirsi utile, fare del bene. Mariele era buona, ecco: se mi dicessero con una parola sola, con aggettivo solo, definisci tua sorella, direi Mariele era buona. Non ho mai sentito Mariele rilevare un difetto per nessuna persona. Diceva che sta a noi non pretendere l’impossibile da una persona, ma scoprire le predisposizioni, i talenti che la persona ha, e chiederle di usare di usare quelli. Questo significa amare la gente, voler bene alla gente, e pensare soprattutto a fare il bene della gente.