AGI - Introdurre l'obbligo di sigarette con livelli di nicotina molto bassi non può rappresentare la sola misura da intraprendere per contrastare la dipendenza da fumo di tabacco. Lo ha spiegato all'AGI la dottoressa Simona Pichini, direttore del centro nazionale dipendenze e doping dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss).
"Come nel caso di altre sostanze che generano dipendenza, c'è una grande variabilità interindividuale, di natura genetica e ambientale nella dose minima che può generare la dipendenza stessa".
"La dipendenza da fumo di tabacco - spiega - può essere suddivisa in 3 sottocategorie: fisica, psicologica e comportamentale. Tali sottocategorie sono strettamente correlate e la loro influenza sul fumatore è soggettiva e risente di alcune variabili sia innate (genetiche) che acquisite (cultura, caratteristiche di personalità). La dipendenza fisica dalla nicotina viene attualmente trattata con alcuni farmaci specifici per questa dipendenza o con sostitutivi della nicotina. La dipendenza comportamentale può essere affrontata con successo con validi consigli di natura pratica (evitare le situazioni a rischio). Il versante psicologico - rileva l'esperta - è invece molto più sfaccettato e in alcuni casi estremamente personalizzato poiché la sigaretta ha un significato simbolico, un senso nella vita di una persona. Spesso viene definita dal fumatore una compagna o un'amica la cui vicinanza è indispensabile in certi momenti particolarmente intensi dal punto di vista emotivo (momenti conflittuali, situazioni particolarmente ansiogene o forte senso di tristezza o disperazione)".
"Alcuni fumatori, quando maturano l'idea di smettere, devono fronteggiare, oltre agli altri disagi, la paura di perdere qualcosa di veramente importante, che non può essere sostituito da null'altro. Molti vivono un vero e proprio momento di perdita, un lutto: 'Come farò senza?'. Una delle preoccupazioni più frequentemente espressa - afferma Pichini - è quella di non essere più in grado di fare determinate cose allo stesso modo, come se si perdesse una parte importante ed efficiente di se stessi. Anche per questo è fondamentale fornire sempre un sostegno comportamentale, a chi decide di smettere, con una giusta informazione non solo sui danni provocati dal fumo di sigaretta e sui suoi effetti a livello neurologico, ma anche sulle varie modalità di pensiero disfunzionale date dalla dipendenza, per aumentare la consapevolezza del soggetto riguardo a tutte le sfaccettature collegate alla sua abitudine al fumo (senso di insicurezza e inadeguatezza, ansia). In tale contesto, appare evidente come la diminuzione della concentrazione di nicotina nelle sigarette tradizionali potrebbe dunque rappresentare solamente un aspetto della dipendenza da fumo di tabacco, necessario ma non sufficiente, e che comunque e in ogni caso dovrebbe essere esteso a tutti i prodotti attualmente in commercio contenenti nicotina, incluse quindi sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato".
"Vale la pena di ricordare - ricorda la dottoressa - quella che è stata la storia delle sigarette light, che nate sul finire degli anni '60 per 'ridurre il rischio', in alternativa alle sigarette tradizionali, si sono rivelate invece per il fumatore una alternativa a smettere di fumare. Fino a pochi anni fa, la maggior parte dei fumatori credeva, e lo ha creduto per circa 30 anni, che le sigarette leggere fossero meno dannose, tant’è vero che molti decidevano di passare a questo tipo di sigarette, invece di smettere definitivamente di fumare. La pubblicità di sigarette light rassicurava i fumatori preoccupati dei rischi per la salute del fumo, presentandole come un'alternativa allo smettere. Dal 20 maggio 2016 sono in vigore in tutta Europa le norme della direttiva 2014/40/Ue che riavvicina la regolamentazione del tabacco degli Stati membri. L'Italia ha recepito la direttiva con il decreto legislativo n. 6 del 12 gennaio 2016 che, tra l'altro, ha introdotto il divieto di utilizzare nell'etichettatura elementi promozionali e fuorvianti, come riferimenti a benefici per la salute o per lo stile di vita, a un gusto o un odore, e il divieto di apporre sulle etichette informazioni relative al contenuto di catrame, nicotina o monossido di carbonio, ritenute ingannevoli per il consumatore".
L'iniziazione al fumo non è esclusivamente legata alla presenza della nicotina nelle sigarette. "Al tabacco - spiega - infatti viene aggiunta una varietà di additivi aromatici per mascherarne il sapore amaro e per conferire ai singoli prodotti il loro gusto caratteristico. Molti additivi, come la vaniglia, la liquirizia e il cacao, aumentano l'attrattività del fumo, ad esempio rendendo le sigarette più gustose e profumate. Ciò rende più facile per i fumatori iniziare, continuare e persino aumentare il fumo. Alcuni additivi rendono i fumatori più dipendenti dal fumo, ad esempio perché aiutano l'organismo ad assorbire meglio la nicotina". Oltre alla nicotina, il fumo di sigaretta contiene anche altre sostanze che possono creare dipendenza o potenziare le proprietà di dipendenza della nicotina attraverso vari meccanismi. Tra queste vi sono gli alcaloidi del tabacco, che hanno una struttura chimica simile a quella della nicotina, il mentolo e l'acetaldeide, che viene rilasciata quando si bruciano gli zuccheri.
"Pertanto - chiarisce l'esperta dell'Istituto Superiore di Sanità - una policy strategica che voglia ridurre drasticamente il reclutamento di nuovi giovani fumatori dovrebbe anche vietare l'utilizzo di ingredienti come zuccheri e aromi che rendono le sigarette più attraenti per i nuovi fumatori o che rendano più difficile per i fumatori abituali smettere di fumare (le sostanze che facilitano l'inalazione sono già vietate per lo stesso motivo) ed estendere questi divieti a tutti i prodotti contenenti nicotina, incluse le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato. Naturalmente, così come nel mantenimento della dipendenza, anche nell'iniziazione al fumo l'aspetto psicosociale riveste un ruolo fondamentale. Per i ragazzi - rileva - l'influenza di amici o situazioni di gruppo è il motivo principale per il quale hanno iniziato a fumare e questo aspetto è valido anche per i nuovi prodotti immessi sul mercato quali sigarette elettroniche e prodotti a tabacco riscaldato".
"L'atto del fumare (o dello svapare) è vissuto dagli adolescenti come un modo per migliorare la propria immagine agli occhi dei compagni o per condividere un atteggiamento. Questo evidenzia con chiarezza quanto sia importante, per i giovani, l'accettazione da parte dei pari e il senso di appartenenza attraverso la condivisione di uno stesso stile di vita e quanto fragile possa essere l'immagine di se stessi e con essa la propria autostima. I prodotti del tabacco (ma anche le sigarette elettroniche) sono concepiti per essere attraenti. Un intervento legislativo che imponga un limite molto restrittivo al contenuto di nicotina di questi prodotti non può prescindere dall'essere parimenti accompagnato da provvedimenti volti a ridurre la loro attrattività (come l'aspetto standardizzato/neutro del packaging delle sigarette tradizionali, delle sigarette elettroniche e dei prodotti a tabacco riscaldato, con il solo richiamo alle avvertenze sulla salute apposto sulla confezione). Per contro, introdurre un provvedimento legislativo che imponga solo un limite molto restrittivo alla concentrazione di nicotina, aumenta il rischio che le persone colleghino questo fatto a una idea di 'maggior sicurezza' di questi prodotti, con conseguenze facilmente deducibili per gli adolescenti non fumatori ma anche per tutti i fumatori che vogliono smettere e che indotti a pensare all'equazione minore nicotina=minore danno, rinunciano a intraprendere un percorso di cessazione".
Il direttore del Centro nazionale dipendenze e doping Simona Pichini ricorda che "la sigaretta più sicura è quella non fumata e per maggiori delucidazioni è possibile chiamare il telefono verde contro il fumo dell'Istituto Superiore di Sanita' al numero 800-55-40-88".