AGI - Le comunità di cacciatori-raccoglitori del sito di Taforalt, nell’attuale Marocco, durante la tarda Età della Pietra seguivano un’alimentazione prevalentemente vegetale, ben prima che l’agricoltura si diffondesse nella regione. Lo suggerisce uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Ecology & Evolution, condotto dagli scienziati del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology. Il team, guidato da Zineb Moubtahij, ha campionato resti animali e umani, risalenti a un periodo compreso tra 15.077 e 13.892 anni fa. Il passaggio dalla caccia all’agricoltura ha rivoluzionato la dieta umana, eppure, la comprensione scientifica delle origini della coltivazione delle piante è associata principalmente all’Asia occidentale, dove si sviluppò verso la fine del Pleistocene (da circa 14.000 a 11.000 anni fa). Al contrario, le pratiche agricole si diffusero nel Nord Africa dal Vicino Oriente circa 7.600 anni fa, durante il Neolitico.
Nell’ambito di questo lavoro, gli esperti hanno esaminato il sito di sepoltura iberomaurusiano di Taforalt in Marocco. Gli scienziati hanno utilizzato approcci isotopici per ricostrire le proporzioni di carne, pesce e piante nell’alimentazione dai resti umani individuati. Stando a quanto emerge dall’indagine, gli antichi abitanti della regione consumavano proteine animali, ma la loro alimentazione era composta principalmente da noci, cereali e vegetali. La dipendenza di questa comunità dalle piante precede l’ingresso dell’agricoltura nella regione di diverse migliaia di anni. Questi risultati, commentano gli autori, mettono in discussione i modelli convenzionali sull’origine dell’agricoltura e confermano l’importanza della vegetazione nella dieta dei cacciatori-raccoglitori. A differenza del Vicino Oriente, in effetti, l’intensa dipendenza dagli alimenti vegetali a Taforalt non ha portato allo sviluppo della coltivazione, dimostrando che l’agricoltura non costituisce una conseguenza necessaria all’utilizzo di piante selvatiche. La creazione di una fornitura stabile di alimenti vegetali, concludono gli autori, potrebbe aver protetto la popolazione di Taforalt dalle carenze stagionali di proteine animali e favorito un certo grado di sedentarietà.