Mettendo da parte le suggestioni letterarie come quella del Ritratto di Dorian Gray, il cui protagonista rimane giovane lasciando a un suo ritratto il compito di invecchiare per lui, nel mondo gli studiosi si interrogano su quale sia la correlazione tra l’età anagrafica e quella percepita. Perché secondo numerosi studi un legame c’è, e sarebbe essenziale per capire la ragione per la quale alcune persone sembrano fiorire con il passare degli anni, mentre altre no.
“La misura in cui gli anziani si sentono molto più giovani di quanto non siano può influenzare importanti decisioni su quello che faranno nella loro quotidianità come nella vita”, ha detto Brian Nosek all'Università della Virginia, citato dalla Bbc in un approfondimento sul tema. Ma il rapporto tra l’età percepita e quella anagrafica potrebbe anche essere determinante nell’esaminare le condizioni di salute di una persona. Secondo uno studio pubblicato dall’American Psychological Association, potrebbe essere possibile predire le condizioni di salute di un individuo conoscendone l’età soggettiva. Compreso il rischio di morte.
Un nuovo approccio agli studi sull'invecchiamento
Questo nuovo approccio alle fasi dell’invecchiamento ha avuto inizio tra gli anni ‘70 e ‘80, per poi sfociare in una più massiccia produzione di ricerche negli ultimi dieci anni. In uno studio pubblicato nel 1989 e disponibile nella US National Library of Medicine, per esempio, si legge che “i risultati di una ricerca condotta tra 188 uomini e donne tra i 14 e gli 83 anni d’età, hanno rivelato che individui ‘teenager’ sono caratterizzati da una maggiore età soggettiva, mentre nei primi anni dell’età adulta gli adulti manifestano un’età percepita più coerente con quella reale”. Lo studio prosegue aggiungendo che “intorno alla mezza età e oltre, gli individui riportano una più giovane età percepita e le donne manifestano una più giovane età rispetto agli uomini in questa fase della vita”.
Oltre alle condizioni di salute, è generalmente accettato che l’età percepita possa influenzare anche la personalità degli individui. Con l’avanzare degli anni infatti si tende a essere meno estroversi o inclini a fare nuove esperienze, a meno che non ci si percepisca più giovani “dentro”. La percezione di essere più giovani rispetto alla propria età anagrafica sembra anche ridurre il rischio di depressione o disturbi mentali. Ma questo si traduce anche in una migliore salute fisica, che aiuta a prevenire il rischio di demenza o di dover ricorrere a delle cure mediche. La gran parte delle persone si sente di otto anni più giovane rispetto alla propria età, secondo uno studio condotto dal ricercatore dell’Università di Montpellier, Yannick Stephan. E chi percepisce di avere tra gli 8 e i 13 anni in più rispetto a quelli reali, incorre in un maggiore rischio di morte tra il 18 e il 25 per cento.
Uno studio condotto da Brian Nosek e Nicole Lindner, dell’Università della Virginia, ha investigato la relazione tra l’età percepita e quella reale nell’arco di una vita. Gli studiosi hanno rivelato che i giovani si sentono più vecchi di quanto non siano fino a circa i venticinque anni. Da questa età in poi la percezione di essere più giovani di quanto non dica la carta d’identità aumenta velocemente: a 30 anni il 70 per cento del campione si sente più giovane di quanto non sia. “Per la gran parte delle persone - scrivono Nosek e Lindner - l’età soggettiva sembra assimilabile a quella di Marte, dove dieci anni terrestri corrispondono a 5,3 anni marziani”.