(AGI) - Palermo, 14 mar. - "Se c'e' chi muore in questo modo, se c'e' chi infligge una morte cosi', abbiamo perso tutti". Lo ha detto l'arcivescovo di Palermo Corrado Lorefice durante il momento di preghiera celebrato ieri sera nella parrocchia di Santa Maria della Pace dei padri cappuccini, poco distante dalla mensa dove e' stato dato alle fiamme Marcello Cimino, 45 anni. "Non possiamo non assumerci la responsabilita' di quanto accaduto", ha aggiunto in una chiesa piena di cittadini, volontari, religiosi che poi ha guidato in una silenziosa marcia fino al luogo della tragedia. Presenti anche alcuni clochard che ben conoscevano Marcello e il suo assassino, Giuseppe Pecoraro.
"Fino a quando - ha continuato don Corrado - nella nostra citta' qualcuno e' ritenuto un zero, un solo risultato e' possibile e riguarda tutti: zero. E allora sara' una citta' disabitata, deserta, priva di un senso forte e di fondamenta condivise che la reggano. Dal Tempio al Palazzo, tutti devono annunciare e garantire il diritto e la giustizia, tutti, ci ammonisce la Parola di Dio, devono liberare l'oppresso, il forestiero, l'orfano e la vedova, eliminare la violenza. E questo vale soprattutto per chi ha il compito di governare. Per Dio nessuno e' uno zero, siamo la sua immagine. Nessuno puo' essere emarginato, ridotto ai margini".
Per don Corrado, siamo tutti sconfitti se si rompe la relazione, la solidarieta', se manca il lavoro, la casa, il pane essenziale, quello materiale e quello delle relazioni autentiche". Si rivolge a Marcello: "Ti dobbiamo chiedere scusa perche' non siamo stati capaci di guarire il tuo tormento, la tua difficolta' esistenziale". Poi all'omicida: "Giuseppe ti abbiamo dovuto consegnare alla giustizia umana, ma anche tu sei la nostra sconfitta. Ti consegniamo alla giustizia di Dio che e' misericordia, ma anche noi dobbiamo chiedere perdono. Dobbiamo tutti riappropriarci responsabilmente della citta' degli uomini, stringere una nuova alleanza tra noi e con Dio. Ogni uomo ha il diritto di avere il pane essenziale e la citta' non puo' essere in pace finche' ci sara' qualcuno che ne sara' privo". (AGI)
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