(AGI) - Catania, 29 gen. - Wind Jet gia' nel 2005 era al collasso e non avrebbe piu' potuto volare per un aggravio di bilancio. Fu cosi' che, grazie ad una serie smisurata di false fatturazioni, ha tentato di mettere a posto le carte con un solo scopo: provare a rifilare un "pacco" ad Alitalia che nel frattempo aveva avviato una trattativa per acquistare la compagnia aerea. E' quanto emerge dall'inchiesta "Icaro" che hanno portato agli arresti domiciliari dell'ex patron del Catania Calcio Antonino Pulvirenti e di Stefano Rantuccio, rispettivamente presidente e amministratore delegato della compagnia aerea; complessivamente 17 le persone coinvolte, tra manager e amministratori di varie societa'. Tra le presunte operazioni fraudolente, i pm inquadrano la rivalutazione del marchio Wind Jet nel 2005: l'anno precedente era stato iscritto al bilancio per un valore di 319 euro e nel 2005 e' stato ceduto per 10 milioni di euro alla Meridi, societa' che invece gestisce supermercati che fa parte dello stesso gruppo imprenditoriale. Dalle indagine della Guardia di Finanza sarebbe emerso che il management della compagnia aerea, quando la societa' era gia' in crisi di liquidita', avrebbe distratto ingenti somme di denaro verso altre societa' del gruppo Pulvirenti: in caso, per 1,8 milioni di euro di un debito contratto con Finaria e un altro come, nel 2009 di 2,4 milioni di euro alla Meridi per il parziale riacquisto del marchio di Wind Jet. Il quadro complessivo emerso dall'esame della documentazione sequestrata, dalle ispezioni informatiche, dalle rogatorie internazionali eseguite in Lussemburgo, Svizzera, Francia, Regno Unito e Stati Uniti, nonche' dagli accertamenti bancari, dall'approfondimento di segnalazioni sospette e dalle indagini tecniche, ha confermato che la societa', gia' a partire dal 2005 non avrebbe dovuto operare sul mercato in ragione delle ingenti perdite accumulate. Anche nei bilanci relativi agli anni successivi, sono state individuate artificiose sopravvalutazioni operate con il contributo di societa' estere che, attraverso perizie di comodo. Rientra in questa strategia la supervalutazione dei rottami dell'aereo incidentato nel 2010 in fase di atterraggio all'aeroporto di Palermo, valutati oltre 21 milioni di euro, a fronte di un valore riconosciuto dalla societa' assicuratrice di poco piu' di 600 mila euro. Emersi indizi di responsabilita' a carico dei componenti dell'organo sindacale ai quali la legge assegna specifiche funzioni di vigilanza e controllo. Sotto la lente d'ingrandimento dei magistrati e dei finanzieri sono finiti anche i responsabili della societa' di revisione, la "Bompani Audit Srl", che avrebbero concordato e retrodatato le relazioni di revisione da allegare ai bilanci relativi agli anni dal 2008 al 2011, sulla scorta di indicazioni fornite dal commercialista della Wind Jet, cosi' da nascondere la reale situazione di dissesto in cui versava la societa'. L'attivita' degli investigatori ha permesso di rilevare che, sempre con la compiacenza degli imprenditori stranieri, l'amministratore delegato Rantuccio, ha sottratto risorse finanziarie alla societa' utilizzando false fatture relative alla manutenzione degli aeromobili o all'acquisto di costosi ricambi. L'esame della copiosa documentazione bancaria acquisita ha anche permesso di accertare che lo stesso Stefano Rantuccio, con l'aiuto del fratello Biagio (anch'egli indagato), si sarebbe appropriato, di oltre 270 mila euro tratti da somme precedentemente trasferite dalla Wind Jet su conti di societa' estere attraverso fatture gonfiate. La restituzione ai Rantuccio e' avvenuta attraverso bonifici su conti personali e accrediti su carte prepagate intestate a prestanome romeni. (AGI)
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