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“Qualcuno pensa che gli imprenditori siano presunti colpevoli, i commercianti presunti evasori e tutti i politici presunti ladri. Non è così, per fortuna in Italia”. Lo afferma il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, secondo il quale la revoca a Siri non è la fine del garantismo ma c’entra con la riforma della giustizia, che “sarà fondamentale: con la separazione delle carriere fra giudici e procuratori, con la responsabilità per i giudici che sbagliano”.
La presa di posizione arriva in tarda serata dopo una giornata segnata dall’allontanamento del sottosegretario Armando Siri dal governo.
Armando Siri è, nei fatti, fuori dal governo. La procedura di revoca dell'incarico al sottosegretario leghista, indagato per corruzione, è stata avviata nel corso di un Consiglio dei ministri, durato oltre due ore, durante il quale la Lega ha ribadito la sua contrarietà alla decisione 'imposta' dal Movimento 5 stelle.
Ora il decreto dovrebbe essere proposto dal premier Giuseppe Conte e firmato dal Quirinale con la controfirma di Conte stesso e del ministro Toninelli, come già avvenuto in passato in casi simili, dal caso Pappalardo a quello Sgarbi.
Franco e civile
L'iter avviato pare però meno immediato del previsto poiché il decreto inviato da palazzo Chigi al Quirinale differirebbe non di poco dai precedenti e si starebbe dunque procedendo a una riscrittura, su consiglio del Colle, soprattutto per problemi di forma più che di sostanza.
Ma il momento clou della giornata è stato il Consiglio dei Ministri. Al termine di un dibattito descritto dai partecipanti come "franco" ma "civile", il partito di Matteo Salvini ha ribadito il sostegno a Siri ma comunque rinnovato la "fiducia" al presidente del Consiglio Giuseppe Conte, cui spettava la decisione.
In Consiglio dei ministri, la Lega ha espresso contrarietà alla decisione su Siri e ha preso atto della facoltà del presidente del Consiglio di chiederne la revoca. Il principio sostenuto dai leghisti è il seguente: non può esserci un automatismo tra indagini e colpevolezza. È un principio di civiltà giuridica che vale per tutti, Lega e 5 stelle - si è fatto trapelare al termine della riunione - l'apertura di un'inchiesta non può coincidere con la chiusura o la condanna.
"Siamo dell'opinione che chi ha incarichi istituzionali debba pagare il doppio, se colpevole, ma contrari al principio di colpevolezza senza processo", si è insistito. Durante il Consiglio dei ministri, non c’é stato alcun voto su Siri, come prevede la prassi, in base alla quale la revoca di un sottosegretario è un atto politico che spetta al presidente del Consiglio, d'accordo con il ministro di riferimento, in questo caso Danilo Toninelli, che aveva già ritirato le deleghe a Siri, nel giorno stesso in cui era emersa la notizia dell'iscrizione nel registro degli indagati.
La riunione si è aperta intorno alle 10.30 con la relazione di Conte, che ha illustrato le sue motivazioni, già annunciate in pubblico in una conferenza stampa giovedì scorso. Prima Salvini aveva riunito i ministri della Lega nella stanza del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti.
Dopo l'esposizione di Conte, si è aperto il dibattito che ha portato al prolungamento del Consiglio dei ministri oltre le 12,30. Il partito di via Bellerio ha fatto muro contro le richieste del premier e del Movimento 5 stelle, prima con l'intervento della ministra della Pubblica amministrazione, e avvocato, Giulia Bongiorno, poi con quello dello stesso Salvini.
“Troppo a lungo”
Malgrado la decisione non condivisa, la Lega ha fatto, però, anche trapelare di continuare a mantenere la "fiducia" in Conte.
"Basta coi litigi e con le polemiche, ci sono tantissime cose da fare: flat tax per famiglie, imprese e lavoratori dipendenti, autonomia, riforma della giustizia, apertura dei cantieri, sviluppo e infrastrutture: basta chiacchiere, basta coi 'no' e i rinvii", hanno chiesto dal partito di Salvini.
Lo stesso Salvini chiude la faccenda la sera con queste parole: “SI è risolto in consiglio dei ministri un problema che andato avanti troppo a lungo
Ma poi aggiunge: “E siccome ci sono tante cose da fare, prima si fanno e meglio è: mai nella vita ho pensato di mettere in crisi un governo per un ministero o un sottosegretario o una poltrona”. E punta sulla separazione delle carriere dei magistrati.