AGI - La riforma della legge elettorale è uno dei classici tormentoni estivi che irrompono ciclicamente nel dibattito politico e questa estate non fa eccezione. A rilanciare il tema sono state le parole della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, intervistata ieri da Bruno Vespa in occasione dell'appuntamento in masseria, tornando sull'idea di un modello proporzionale ma con premio di maggioranza e indicazione del candidato premier. Che siano in corso i primi 'abboccamenti' sulla riforma lo confermano fonti parlamentari del centrodestra, mentre le opposizioni negano: "Al momento non vediamo nessun confronto serio da parte della maggioranza, che va avanti solo a forzature", dice all'Agi il responsabile riforme del Pd, il senatore Alessandro Alfieri.
È di metà giugno l'indiscrezione di contatti tra Meloni e Elly Schlein, notizia smentita dal Nazareno. Fatto sta che il cantiere, seppur allo stato embrionale, sembrerebbe avviato. Nel centrodestra se ne starebbero occupando Giovanni Donzelli per FdI, Alessandro Battilocchio per Forza Italia, Andrea Paganella per la Lega e Pino Bicchielli per Noi Moderati. Quanto alle ipotesi sul tavolo, è Meloni a confermare che si sta ragionando sul ritorno al proporzionale, ma non certo puro. Premettendo che le leggi elettorali "sono una materia di competenza parlamentare" e quindi "non c'è nessuna iniziativa del governo", la premier ieri ha spiegato che "sarebbe positivo avere una legge elettorale che vada bene anche quando venisse approvata la riforma del premierato e in quel caso la legge giusta sarebbe una legge proporzionale. Sarebbe sicuramente una legge con indicazione del premier per ogni coalizione e sarebbe una legge con premio di maggioranza per chi vince". Quanto alle preferenze, da sempre care a FdI, Meloni ha ricordato che "la mia posizione è conosciuta, ma le posizioni dei partiti politici sono variegate e quindi non posso dire quale potrebbe essere l'esito".
Preferenze e possibili scenari
Sulle preferenze, almeno sulla carta, non si tirerebbe indietro una parte del Pd. Qualche giorno fa il presidente Stefano Bonaccini si è detto d'accordo e ha preannunciato che, "se non dovessero tornare le preferenze, io chiederò che i candidati del Pd siano scelti con le primarie". Le preferenze riscontrerebbero il favore anche di Forza Italia. Ma tra le ipotesi in campo potrebbe emergere anche quella dei capilista bloccati, per incassare un più ampio consenso tra tutti i partiti, o in alternativa un sistema simile al vecchio 'provincellum', con uninominali per ogni seggio da assegnare.
Dunque, sul proporzionale con indicazione del premier e premio di maggioranza per la coalizione che ottiene almeno il 40-42% dei voti non ci sarebbero grossi ostacoli. Nemmeno da parte dei dem, che potrebbe cogliere al volo l'opportunità offerta dal sistema di voto per costringere anche i più riottosi tra gli alleati a unirsi per puntare a vincere. Ma, scandisce Alfieri, al momento è tutto campato in aria: "Non vediamo nessun segnale di confronto da parte della maggioranza - sottolinea all'Agi - il centrodestra sta andando avanti solo a forzature, lo vediamo al Senato sulla separazione delle carriere dove, con un inedito assoluto, non è stato accolto nemmeno un emendamento delle opposizioni, e lo vediamo sulla riforma del voto per i comuni, dove vogliono togliere i ballottaggi sempre procedendo con forzature. È tutto un prendere o lasciare - insiste il responsabile riforme del Pd - Allora chiedo: ci sono le condizioni per aprire un confronto? È evidente che usano le riforme come una clava". Per poter avviare un dialogo, quindi, "devono fermarsi. Si fermino e inizino un confronto, ma sul serio, vero. Per ora non vedo segnali" in tal senso, "fanno tutto solo nel loro campo con forzature, anche sul premierato, sul quale tra l'altro sono divisi al loro interno, ma le regole si decidono insieme", conclude Alfieri.
Il ruolo di Renzi e le strategie future
Che la riforma del sistema di voto, una volta che si entrerà nel vivo, sia essenziale, però, lo conferma il leader di Iv Matteo Renzi: "Il momento chiave sarà quando Giorgia Meloni dimostrerà di avere paura. Lo riconoscerete, non sarà sulla separazione delle carriere, non sarà sul premierato, quel momento arriverà e in quel momento chiamerà il cambio della legge elettorale. Il suo obiettivo è molto chiaro: lei dice 'io impongo di mettere il nome del premier sulla scheda, così creo un problema al centrosinistra'. Questo è il suo ragionamento". Ma così "Fratelli d'Italia cannibalizzerà un pochino il voto della Lega e anche di Forza Italia. Il problema di fondo è che quando arriveremo a quella legge elettorale il centrosinistra dovrà decidere che cosa fare".