I dati della Supermedia di questa settimana confermano l’esistenza di alcune tendenze che abbiamo iniziato a osservare di recente, e che sono una probabile conseguenza delle vicende politiche nazionali. Prima di vedere cosa sta cambiando, però, partiamo da ciò che è immutato: Fratelli d’Italia è sempre primo partito, sopra il 29%, così come è invariata anche la “classifica” dei principali partiti, che vede al secondo posto il Partito Democratico, seguito da M5S, Forza Italia e Lega.
Quali sono allora i cambiamenti in atto? Innanzitutto, il dato dello stesso PD: in calo per la terza settimana consecutiva, i democratici fanno oggi segnare il peggior dato (22,3%) dalle Europee dello scorso anno. L’altra tendenza osservabile è la crescita del centro: in particolare Azione, che beneficia dell’effetto visibilità dovuto al suo recente congresso nazionale e cresce di oltre mezzo punto, salendo al 3,5%. Ma è tutta l’area che potremmo definire liberal-democratica ad apparire in buona salute: il partito di Calenda, insieme a quello di Renzi (ossia l’ex Terzo Polo) ad oggi varrebbe il 6%, cifra non più raggiunta dopo il duplice flop delle Europee 2024, quando né Azione né Italia Viva – in lista insieme a Più Europa – riuscirono a raggiungere lo sbarramento; a proposito di Più Europa, se nel computo si inserisce anche il partito guidato da Riccardo Magi si arriva a sfiorare l’8%. Difficile non ricondurre la vitalità dei soggetti centristi, contemporanea alla flessione del PD, alle posizioni assunte dal partito di Elly Schlein in tema di riarmo europeo e di sostegno all’Ucraina.
Ma in tutto questo, l’area politicamente più forte sul piano elettorale – per quanto virtuale – continua ad essere il centrodestra, che questa settimana vale complessivamente il 48,5% dei consensi. Una performance tanto più notevole se si considera che abbiamo appena superato il “giro di boa” della legislatura, ossia i due anni e mezzo dall’insediamento dell’attuale Parlamento. Per capire quanto poco sia scontato che una coalizione che ha vinto le elezioni sia ancora quella di maggioranza relativa, e perfino con un consenso in aumento (+4,8%) rispetto alla vittoria elettorale dopo due anni e mezzo, abbiamo messo a confronto la situazione odierna con quella delle precedenti tre legislature.
Nello scorso quinquennio – politicamente molto movimentato, come si ricorderà – dopo due anni e mezzo dalle elezioni (quindi a ottobre 2020) al governo c’era una coalizione “giallorossa” (formata da Movimento 5 Stelle, Partito Democratico, Italia Viva e Leu-Articolo 1) che in quel periodo la nostra Supermedia stimava intorno al 42,5%; ma alle elezioni del 4 marzo 2018 quegli stessi partiti (o quantomeno quelli che c’erano già, ossia M5S, PD e LeU) avevano totalizzato quasi il 55% dei voti. Stare al governo in quella prima metà di legislatura era costato caro, in particolare al M5S.
Vediamo cos’era successo nella legislatura precedente, apertasi con le elezioni del febbraio 2013. Dopo due anni e sei mesi dall’insediamento delle nuove Camere, il governo guidato da Matteo Renzi poteva contare su una maggioranza parlamentare composta da PD, Nuovo Centrodestra (NCD) e quello che rimaneva dell’ex Scelta Civica di Mario Monti. Escludendo NCD (nata alcuni mesi dopo le elezioni dallo smembramento del fu PDL, che tornò a chiamarsi Forza Italia), PD e montiani avevano ottenuto il 36% alle elezioni: la stessa percentuale registrata a metà legislatura, nel settembre 2015, ma solo se si considera il contributo di NCD. In quel caso, quindi, i partiti di governo avevano, nella migliore delle ipotesi, mantenuto esattamente i consensi ottenuti alle elezioni.
Infine, la XVI Legislatura, iniziata nel 2008: il centrodestra composto da PDL, Lega e MPA aveva vinto le elezioni con il 47,4% dei voti, ma quegli stessi partiti, due anni e mezzo dopo, erano scesi al 42,9%; nel frattempo, però, in seguito alla fuoriuscita di Gianfranco Fini dal PDL, era nato un nuovo soggetto politico, Futuro e Libertà, che per qualche mese rimase nella maggioranza e che a ottobre 2010 secondo i sondaggi valeva poco meno del 5%. Solo considerando nel centrodestra anche FLI (che sarebbe uscito dal governo di lì a poco) la coalizione in quel momento al governo faceva registrare percentuali di consenso simili (47,8%) a quelle ottenute nelle urne due anni e mezzo prima.
In conclusione, la legislatura corrente si sta dimostrando non solo molto più stabile delle precedenti per quanto riguarda le variazioni nel consenso ai vari partiti, ma sta anche manifestando una dinamica piuttosto insolita per la recente storia politica italiana, per cui le forze di maggioranza, al governo ininterrottamente fin dal momento della vittoria elettorale, continuano a godere di un consenso che non solo non è in calo rispetto a quello registrato alle elezioni, ma persino di diversi punti superiore.
NOTA: La Supermedia Youtrend/Agi è una media ponderata dei sondaggi nazionali sulle intenzioni di voto. La ponderazione odierna, che include sondaggi realizzati dal 3 al 16 aprile, è stata effettuata il giorno 17 aprile sulla base della consistenza campionaria, della data di realizzazione e del metodo di raccolta dei dati. I sondaggi considerati sono stati realizzati dagli istituti Eumetra (data di pubblicazione: 10 aprile), Euromedia (8 aprile), Piepoli (11 aprile), Youtrend (7 aprile), SWG (7 e 14 aprile) e Tecnè (4 e 11 aprile). La nota metodologica dettagliata di ciascun sondaggio considerato è disponibile sul sito ufficiale www.sondaggipoliticoelettorali.it.