"Noi abbiamo votato secondo coscienza. Dopo due anni di blocco finalmente qualcosa si è mosso". È stato proprio Raffaele Trano, presidente della Commissione Finanze della Camera, ad annunciare questa mattina l'esito della partita sulla presidenza della Commissione di vigilanza sulla Cassa depositi e prestiti.
Eletto l'azzurro Sestino Giacomoni ("Vigileremo sulla buona gestione dei risparmi", afferma) a votazione segreta. Sei a quattro il risultato. Stando ai rumors proprio Trano, insieme ad un altro ex M5s, Angiola, avrebbero fatto pendere la bilancia a favore dell'esponente di Forza Italia, visto che pure la Lega si è schierata con Giacomoni. La maggioranza quindi di fatto non ha potuto avere la meglio, conseguenza anche delle fuoriuscite dal Movimento.
La partita di giugno
Ma i fari sono già puntati su fine giugno, quando dovranno essere rinnovate le altre presidenze di Commissioni, come accade allo scoccare di metà legislatura. L'obiettivo dei rosso-gialli è di sostituire i presidenti delle commissioni ancora a guida Lega, sia alla Camera che al Senato, a meno che non si decida di puntare su una proroga temporale, scenario al momento difficilmente ipotizzabile. Due, in particolare, le commissioni a cui punta la maggioranza: la Bilancio della Camera, ora presieduta dal leghista Claudio Borghi, e la Finanze di palazzo Madama, presieduta sempre da un esponente leghista, Alberto Bagnai.
I numeri
I numeri, però, e gli equilibri interni potrebbero creare qualche problema alle forze di governo. Al momento, viene spiegato, non c'è alcun accordo ma sotto traccia nella maggioranza se ne parla già da settimane. Le presidenze dei leghisti, nei ragionamenti che si stanno portando avanti, dovrebbero essere divise tra Pd, Leu e Iv mentre quelle guidate da esponenti M5s dovrebbero essere in linea di massima confermate. Tuttavia raggiungere l'accordo non sarà facile. Un forte riequilibrio viene chiesto, ad esempio dai renziani.
Dal canto loro i dem alla Camera punterebbero proprio sulla Bilancio con Melilli, ma fonti parlamentari di Italia viva fanno notare che non c'è alcun renziano al Mef. Il nome che circola sarebbe quello del renzianissimo Luigi Marattin. Sarà contesa anche la Finanze, dove i 5 stelle sono stati 'battuti' in occasione della sostituzione di Carla Ruocco, ed è stato eletto Trano, poi espulso. E proprio sulla base dei numeri in campo potrebbe essere complicato 'spodestare' l'ex grillino. Mentre i dem potrebbero schierare Mancini, molto vicino all'ex ministro Padoan. Saranno in ogni caso tante le 'caselle' da riempire.
Il rimpasto
Tra i gruppi parlamentari della maggioranza c'è anche chi spinge per un rimpasto, visto che serpeggia - come in ogni legislatura - una certa insofferenza per l'operato di alcuni ministri ma lo stesso Renzi - seppur sabato ai suoi abbia spiegato che prima o poi occorrerà fare una riflessione sugli assetti - non ritiene che sia questo il momento giusto. Anche a palazzo Madama i rosso-gialli puntano al rinnovo dei vertici delle commissioni con annesso riequilibrio, con i dem che potrebbero avanzare la candidatura di esponenti come Parrini agli Affari costituzionali e l'ex ministro Pinotti alla Difesa. Leu alla Camera ha avuto con Palazzotto la presidenza della commissione Regeni, ma entrerà comunque nella trattativa. Che, tanto più al Senato, non sarà facile, considerati i numeri in campo. Ecco perché il Gruppo misto potrebbe avere un ruolo importante. Nel dibattito politico quasi ciclicamente si parla della caccia ai 'responsabili' oppure di iniziative sotto traccia per cercare di dare la 'spallata' al governo.
Per ora i movimenti in corso non sembrano essere tali da configurare un cambio degli equilibri. Tuttavia si registrano manovre che riguardano soprattutto gli ex M5s. Uno dei protagonisti è Rospi. Insieme a Nitti e Zennaro (componente del Copasir stimato dai colleghi di maggioranza e opposizione) ha costituito una componente del gruppo Misto che si chiama 'Popolo protagonista'.
Ma la curiosità è che Rospi, proprio per fare una componente in deroga, si è fatto 'consegnare' dall'ex Ncd Alli, il simbolo di Ap, il partito di Alfano. Alli a seguito delle dimissioni di Alfano il 27 settembre 2018 fu nominato presidente di Ap dalla Direzione Nazionale. L'ex ministro della Giustizia e degli Esteri non sarebbe stato coinvolto ma fatto sta che Alleanza popolare in qualche modo 'rinasce' proprio da una costola di ex M5s.
Per dar vita ad un nuovo 'gruppo' centrista che nel caso di elezioni non avrà bisogno di raccogliere le 50 mila firme necessarie. Lo stesso Trano, spiegano fonti parlamentari, si starebbe muovendo per formare una nuova componente di circa dieci deputati, con l'obiettivo di 'attrarre' altri pentastellati che potrebbero uscire quando alle Camere si dovrà sciogliere il nodo del Mes.
La tenuta del M5s
Sia a Montecitorio che a palazzo Madama nella maggioranza tornano ad affacciarsi timori sulla tenuta dei 5 stelle: non sono sfuggiti i malumori sulla partita della regolarizzazione dei migranti, con una parte dei pentastellati favorevoli ad aprire a una norma per i braccianti. E c'è chi sostiene, tra i giallorossi, che una medesima 'frazione' potrebbe rinnovarsi in occasione di altri temi delicati, che potrebbe portare a nuove fuoriuscite dal gruppo, andando così a modificare soprattutto al Senato equilibri numerici già sul filo.
Secondo alcuni parlamentari potrebbe essere portata avanti una 'operazione' in tal senso, e si fa il nome del l'ex M5s Paragone. Fatto sta che il voto di qualche settimana fa a Montecitorio sulla mozione anti-Mes presentata dal partito di Meloni (7 pentastellati votarono in maniera difforme dal gruppo ma altri 20 - secondo FdI - tolsero la tessera al momento del voto) viene considerato un segnale, proprio nel momento in cui sarebbe riemerso dal cassetto - stando ad un grillino - il 'dossier' sulle rendicontazioni e sugli inadempienti.
Tuttavia, in un Movimento che annovera diverse anime al suo interno, la nascita di una componente 'centrista' a Montecitorio non modificherebbe l'assetto dei pentastellati. È a palazzo Madama che la maggioranza monitora costantemente la situazione, con gli autonomisti irritati per come il governo ha gestito la 'fase due' dell'emergenza sanitaria. E con le altre forze politiche che aspettano il dl rilancio, con l'auspicio che non arrivi 'blindato'.