La strada verso un governo di legislatura, vista dal Nazareno, si fa in salita. Ad alimentare i dubbi dei dem sono i tentativi di riavvicinamento dei Cinque Stelle alla Lega, con l'intervista del ministro Giammarco Centinaio e con contatti che - affermano dirigenti dem - ci sarebbero stati tra i due azionisti del governo Conte. La via maestra resta il voto, dunque. Un voto voluto da Matteo Salvini e che il Pd avrebbe evitato in questo momento, per almeno due ragioni: la sessione di bilancio alle porte con il rischio di recessione per l'Italia; l'elezione del nuovo Capo dello Stato a gennaio 2022.
Nel Pd sono ancora in pochi a porsi oggi il problema, ma nel caso in cui dalle urne dovesse uscire una maggioranza schiacciante di centro destra a trazione Salvini il rischio di avere un Capo dello Stato politicamente schierato è reale. Un problema sollevato, fino a questo momento, da alcuni padri nobili del Pd e da Dario Franceschini, dirigente iscritto al partito nutrito e trasversale del non-voto. Partito nutrito perché vi sono iscritti molti parlamentari che temono di non essere rieletti, così come a quello del "voto subito" sono iscritti dirigenti della maggioranza zingarettiana e amministratori locali al momento fuori dal Parlamento.
Favorevole al voto e contrarissimo al governo di legislatura è, poi, Carlo Calenda che nelle ultime ore ha lanciato una campagna su Twitter contro il voltafaccia di tanti parlamentari, per lo più renziani, che hanno virato dalla posizione "no al dialogo con i Cinque Stelle" a quella "evitare il voto a tutti i costi". L'elezione del Presidente della Repubblica è un pezzo importante di questa crisi vissuta da dentro il Pd, ma non l'unico: molti pensano a nomine e più in generale a possibili riforme istituzionali.
Zingaretti attende le mosse degli ex alleati
Di fronte a questo quadro, il segretario attende le prossime mosse del Movimento 5 Stelle e della Lega, ma soprattutto l'intervento del premier Giuseppe Conte in Parlamento. "Nessuna paura di elezioni che non abbiamo voluto noi, ma ha imposto Salvini" è la linea tenuta da Zingaretti, al quale non sfugge che "una parte del M5s spera ancora che la Lega torni sui suoi passi. E già questo complica il percorso verso del lodo Bettini", spiega un dirigente Pd. Anche il voto di ieri, descritto come una prova di alleanza tra Pd e M5s, viene derubricato a "scaramuccia" tra i due alleati di governo: "Ieri al Senato si è votato un ordine del giorno, ma fare un governo è un altro paio di maniche".
La strada maestra, per tutte queste ragioni, resta quella del voto. Zingaretti ha lanciato la mobilitazione "L'Italia è più bella", con un forte sapore di campagna elettorale. Un 'leit-motiv' sarà l'irresponsabilità di Salvini che ha precipitato il Paese verso le urne con le conseguenze che sono prevedibili sullo spread e sull'andamento generale dei conti pubblici. Con un auspicio: "In genere chi porta il Paese ad elezioni paga un prezzo salato in termini di consenso", come spiega un membro della direzione dem.