Padova - Mancano tre settimane al referendum costituzionale del 4 dicembre e il centrodestra sembra già pronto a dividersi le spoglie dei perdenti, e a dividersi al proprio interno. Stefano Parisi compie 60 anni e raduna i moderati a Padova; Matteo Salvini chiama a raccolta a Firenze - luogo non scelto a caso - la destra trumpista fresca di vittoria, in America.
A scanso di equivoci il leader leghista lancia la sua opa sull'intera compagine, perché "non c'e' più tempo da perdere" e "se me lo chiedono sono pronto" a fare il candidato premier. "Io sono solo uno, una piccola pedina. Ma non è più tempo di avere paura e se siete d'accordo con oggi da Firenze si parte per andare a vincere e io la faccia ce la metto. Non ho paura di niente e di nessuno".
Una sola parola: GRAZIE! #iovotono pic.twitter.com/0IVcw7A6M4
— Matteo Salvini (@matteosalvinimi) 12 novembre 2016
In altre parole, inizia da oggi la "lunga marcia" di Salvini per Palazzo Chigi: contro il "Matteo sbagliato" e nonostante qualche segnale di non perfetto entusiamo da parte di Silvio Berlusconi, il quale chiede semmai unità tra le due anime. E sottolinea, il leader di Forza Italia, la cosa su cui tutti sono d'accordo, e cioé che passata la consultazione popolare "si dovrà andare alle urne, con una legge elettorale ragionevole e possibilmente condivisa, e dare il via ad un vero percorso di riforme".
Salvini e Parisi
Andare alle urne, ma con con i rapporti di forza interni alla compagine molto diversi da quelli degli ultimi anni, replica Salvini godendosi una piazza Santa Croce piena di oltre 10.000 manifestanti. Quanto a Berlusconi, "oggi mi interessa la tanta gente che c'è qua e che arriva da Reggio Calabria e da Cuneo. Chi non c'è fa la sua scelta". E Berlusconi è tra quelli che a Firenze non si sono presentati.
SALVINI, SE VINCE NO SI VOTA. NON DECIDE MATTARELLA
"Se vince il no, si vota. Scelgono i cittadini, non Mattarella. Chi e' Mattarella?", assicura Salvini. "Il 4 dicembre mandiamo a casa Renzi perché è pericoloso". Anzi. Il segretario della Lega vuole portare il premier in tribunale: "Presenteremo denuncia nei confronti di Matteo Renzi perché comprarsi gli indirizzi di milioni di italiani residenti all'estero per spedire la letterina sul referendum è un reato penale e ne dovra' rispondere a qualche giudice. Quando noi abbiamo chiesto questi indirizzi ci hanno detto no, c'è la privacy. Ora o paga Renzi o paga il ministro dell'Interno. Oppure vanno in galera tutti e due, vediamo se c'è un giudice che vuole fare rispettare la legge", annuncia.
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PARISI, RISPOSTA NON E' SALVINI. SERVE CAMBIO PASSO
All'Italia serve "un cambio di passo" e "la risposta non è Matteo Salvini", né la ruspa o gli slogan; sono piuttosto "la soluzione ai problemi e una cultura di governo che sappia dare risposte al Paese". Stefano Parisi sceglie invece Padova - città divenuta per un giorno snodo cruciale della politica italiana - per lanciare la sua sfida ai due Matteo, Renzi e Salvini, e al Movimento 5 Stelle.
"E' arrivato il momento - dice Parisi - ora dobbiamo candidarci alla guida del Paese, dare risposte, chiarire cosa facciamo. Altrimenti l'alternativa arriverà tra poco e sarà o Renzi o Grillo", dice l'esponente forzista dalla tappa veneta di MegaWatt-Energie per l'Italia.
Un appuntamento a cui arriva con un imprimatur da parte dell'ex premier e leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, che partecipa con un messaggio. In cui da un lato spinge sull'operazione che Parisi sta portando avanti, ma dall'altro richiama anche all'unità e al lavoro di squadra.
BERLUSCONI, ALLE URNE DOPO REFERENDUM
"Dopo il referendum, si dovrà andare alle urne, con una legge elettorale ragionevole e possibilmente condivisa, e dare il via ad un vero percorso di riforme", spiega il Cavaliere, secondo cui "di fronte ai risultati di Renzi e alla palese incapacità di governare dei Cinque Stelle, toccherà a noi proporre al paese un'offerta politica di qualità, un progetto di governo serio, credibile e responsabile, che dovrà basarsi sui nostri valori di riferimento, quelli della tradizione liberale, cattolica, riformatrice. Solo noi, non i populismi, possiamo proporre un'alternativa seria ai fallimenti del centrosinistra. E' per preparare questo che stiamo lavorando con grande impegno".
PARISI, NON SI FERMANO I FLUSSI MIGRATORI CON LE RUSPE
Un riferimento, quello ai populismi, che Parisi sembra leggere come legato anche alla Lega: dal palco, infatti, ringrazia Berlusconi "per la lettera che mi ha inviato e per l'intervista rilasciata al Corriere della Sera in cui dice che noi non siamo quella roba che è a Firenze oggi", concetto ribadito anche in favore di telecamere. "Lo dico a chi oggi sarà a Firenze: non si fermano i flussi migratori con le ruspe o bucando i gommoni. Noi vogliamo la soluzione ai problemi, non gli slogan", aggiunge.
Ma gli attacchi sono anche per Matteo Renzi, il governo e la sinistra. "Fare 500 mila occupati in più senza crescita economica, solo attraverso gli incentivi, significa illudere le imprese e i giovani e fare un disastro nel mercato del lavoro. Non si cambia l'Italia con politiche di così breve periodo", la stoccata al premier e al suo jobs act. Mentre l'elezione di Trump dimostra che "come in occasione della Brexit, la sinistra nel mondo non ha capito cosa sta succedendo ai nostri popoli, non sta capendo i problemi delle persone impoverite".
Parisi, insomma, che sembra ormai definitivamente in pista, ma a cui, al tempo stesso, arriva da Berlusconi un appello a fare squadra. "A te, Stefano, ho chiesto di svolgere un compito rilevante in questa prospettiva: coinvolgere e rendere protagonista - come stai facendo - un'area piu' ampia nella prospettiva di uno schieramento dei moderati vincente, ma è fondamentale che tutti noi lavoriamo insieme, perché ciascuno di noi ha una funzione importante da svolgere", ha rimarcato l'ex premier, tornando a indicare come ricetta vincente per il futuro di Forza Italia e di tutta "l'area liberale alternativa alla sinistra" la capacità "di riavvicinare alla politica i tanti che se ne sono allontanati e i tanti che se ne tengono distanti". Occorre "senza rottamare nessuno, portare aria nuova nei palazzi della politica, anche a casa nostra. Innestare volti nuovi, freschi, credibili, a fianco di chi ha con onore combattuto per tanti anni le nostre battaglie di libertà", conclude Cavaliere, con un chiaro appello alla compattezza interna.
PADOVA, CADE LA GIUNTA LEGHISTA DI MASSIMO BITONCI
Dopo mesi di crisi strisciante e scontri interni alla maggioranza del comune di Padova, la svolta è arrivata nella notte fra l'11 e il 12 novembre: così come avvenuto poco più di un anno fa a Roma con la giunta Marino, 17 consiglieri comunali su 32 hanno scelto di presentarsi davanti al notaio per dimettersi e staccare così la spina all'amministrazione del leghista Massimo Bitonci. Una querelle locale che però, considerato che fra le fila dei dimissionari ci sono anche membri di peso di quella che era la maggioranza, e in particolare di due consiglieri di Forza Italia, ha fatto da subito esplodere tensioni a livello nazionale fra gli azzurri e la Lega Nord.
A nulla sono valsi gli inviti alla prudenza arrivati ieri a Padova sia dai vertici della Lega che da personaggi molto ascoltati in Forza Italia, come Niccolò Ghedini, l'avvocato del premier che è originario proprio della città veneta. La frattura interna alla maggioranza che sosteneva Bitonci era ormai insanabile e le firme che di fatto sfiduciano il sindaco, già primo cittadino della vicina Cittadella e capogruppo del Carroccio al Senato, sono arrivate lo stesso. Una mossa che ha mandato su tutte le furie i leghisti.
Se Bitonci è pronto "a ricandidarsi e a tornare in Comune, questa volta senza traditori", il segretario veneto della Lega, Gianantonio Da Re, punta il dito contro i forzisti che siedono nella giunta regionale, guidata da Luca Zaia. "Se FI ha ritenuto di dover uscire da Palazzo Moroni abbia la coerenza di uscire anche da Palazzo Balbi; che cosa verrebbe a farci? Da questa notte la politica è radicalmente cambiata".
"Sia a livello nazionale che locale è chiaro a tutti che ci sono due Forze Italia, a Padova come in Italia. Il tema è andare d'accordo con quella Forza Italia che vuole stare all'opposizione di Renzi, e invece i traditori che vogliono supportare questo governo e magari dicono di sì al referendum vanno mandati a casa", ha aggiunto Bitonci. Che, ovviamente, ha incassato il supporto interno di tutto il partito, da Salvini allo stesso Zaia, secondo cui si è scritta "una pagina ignobile di storia. Non capisco i due consiglieri di Forza Italia, che sono andati a rassegnare le dimissioni e a mandare a casa il sindaco della Lega Nord il giorno prima di questa manifestazione, quasi un messaggio a Salvini", ha detto nel pomeriggio l'ormai ex primo cittadino di Padova dal palco di Firenze, dove ha parlato di una congiura. E poco conta che Forza Italia abbia sospeso dal partito e deferito ai probiviri per l'espulsione i due consiglieri che con le loro firme hanno determinato la caduta di Bitonci, come comunicato dal responsabile organizzazione del partito, Gregorio Fontana, secondo cui si è trattato di un "errore gravissimo". Lega e Forza Italia sono, ancora una volta, ai ferri corti.