Milano, 11 ott. - La sinistra deve cambiare, uscendo dalle logiche classiste del Novecento e rinunciando a difendere diritti che ormai assomigliano di più a privilegi.
Filippo Penati, presidente della Provincia di Milano ed esponente di spicco dei Ds milanesi, intervistato dall'Agi, torna nel dibattito su "quale sinistra" per Milano e sul Partito democratico.
"Nel nuovo Millennio - sottolinea Penati - un partito che nasce non deve disperdere i valori della cultura del suo passato ma, nel contempo, non può nascere con la testa girata dall'altra parte, non può essere un'operazione di ingegneria o di architettura politica".
Secondo il presidente della Provincia di Milano, nella sinistra c'è una carenza di analisi politica perché non "si possono usare le categorie del secolo scorso per analizzare la società di oggi, dove c'è lavoro stabile, lavoro precario, autonomo, dove c'è una piccola e media impresa che ha bisogno di attenzione. Un nuovo partito deve occuparsi di queste cose e non di altro". C'è un problema, emerso con l'attuale Finanziaria, di una classe media dimenticata. "C'è, certamente, una Finanziaria severa anche per gli enti locali, ma c'è un tema tutto politico che riguarda come la sinistra, una sinistra moderna, e in grado di rappresentare, non più in modo classista, i temi del lavoro e i soggetti di questo mondo. Se il Partito democratico non è il partito dei lavoratori di che partito stiamo parlando? Dei nuovi lavoratori, delle nuove modalità di lavorare e di produrre nel Paese".
"Oggi - aggiunge Penati - c'è una parte di mondo economico con esigenze, bisogni e interessi propri e che chiede alla politica di essere rappresentato. Se è vero che il Partito democratico non deve essere l'unione di due stampelle, una dei Ds e l'altra della Margherita, ma deve nascere da una proposta che fa riferimento a una nuova cultura politica, non può che partire dalle nuove forme di lavoro che esistono in una società avanzata come la nostra: a partire dai diritti dei lavoratori atipici per arrivare a rappresentare i bisogni, i diritti e le ambizioni dei vari professionisti, di tutti coloro che sono le nuove articolazioni del mondo del lavoro".
A Milano, in particolare, dove brucia ancora la sconfitta del centro sinistra alle comunali, manca questa capacità di analisi della realtà: "È quello che manca alla politica del centro sinistra, proprio qui a Milano dove, invece, dovremmo giocare un ruolo più decisivo. È la nostra analisi, prima ancora che le nostre proposte, che non fotografa la realtà che vogliamo rappresentare. C'è una rinuncia, a priori, a rappresentare una parte della società. Ci autolimitiamo, abbassiamo l'asticella della nostra proposta politica. Il risultato è che non siamo più in grado di rappresentare la società. A Milano, dove giochiamo la sfida più alta, non riusciamo a rappresentare i bisogni della parte più avanzata della società".
Esiste, dunque, secondo Penati, un problema di classe dirigente del centro sinistra, di "gruppi dirigenti autoreferenziali". "Occorre partire dall'analisi, per arrivare alla proposta e sulla base di questi due elementi si costruisce una classe dirigente che sappia interpretare analisi e proposte".
Penati, tuttavia, torna sui nodi di fondo: "L'esigenza della libertà individuale - dice - è un tema nuovo per la sinistra, che storicamente ha sempre compreso le libertà come un progresso dove la massa conquistava spazi di autonomia e libertà reali e maggiori. Oggi le libertà collettive sono una cornice dentro la quale un welfare delle opportunità sviluppa libertà individuali che non sono riconducibili alla libertà o al progresso della classe. Bersani, con il suo decreto, coglie una cosa nuova per la sinistra: tutela il cittadino in quanto consumatore". Il lavoro, tuttavia, rimane il tema centrale per la sinistra ma "si va restringendo - conclude Penati - il numero dei cittadini ai quali questo diritto è garantito e, allora, il diritto rischia di diventare privilegio. Occorre allargare la platea a cui questi diritti vengono applicati, altrimenti si passa da una sinistra che difende i diritti ad oltranza a una sinistra che difende un privilegio, perché si assottiglia sempre di più la platea a cui questi diritti vengono applicati".
(AGI)