AGI - Eni ha siglato un importante accordo con la UK Atomic Energy Authority (UKAEA), l'ente di ricerca britannico sull'energia da fusione, per la realizzazione dell'impianto H3AT (Hydrogen-3 Advanced Technology) presso il Culham Science Centre, nel cuore dell’Oxfordshire. Si tratta del più grande e avanzato impianto al mondo per la gestione del trizio, un elemento chiave per produrre energia con l’innovativa tecnologia della fusione a confinamento magnetico. Il progetto partirà entro il 2028 e rappresenta un passo in avanti deciso verso un futuro energetico più sostenibile.
Ce ne parlano Mauro Brena, Delivery Manager di Eni, e Miriam Parisi, Technical Management Lead di Eni, entrambi per il progetto H3AT, che sono gli ospiti di questa puntata dei podcast di AGI in collaborazione con Eni.
Perché la fusione a confinamento magnetico è considerata più che una promessa per il futuro mix energetico? La tecnologia replica tecnicamente sulla Terra quello che è il processo che nell’Universo alimenta il Sole e le stelle. E, a differenza delle fonti energetiche tradizionali, non si basa sulla combustione di idrocarburi né sulla divisione di atomi pesanti. La fusione invece funziona “unendo” i nuclei di atomi leggeri, in particolare il deuterio e il trizio, due degli isotopi dell'idrogeno. Quando questi due elementi si fondono creano un atomo di elio e una particella, chiamata neutrone, liberando un'enorme quantità di energia. Il tutto avviene senza emettere CO2, e utilizzando un combustibile virtualmente inesauribile. Ecco perché questa soluzione tecnologica è destinata a rappresentare una fonte rivoluzionaria in termini di contributo alla sicurezza energetica e decarbonizzazione.
Alla scoperta della fusione
Per replicare questa reazione stellare sulla Terra è però necessario superare una sfida immensa: riscaldare il combustibile a temperature superiori ai 150 milioni di gradi Celsius, dieci volte più calde del nucleo del Sole. A questo livello di calore, la materia si trasforma in plasma: uno stato gassoso in cui gli elettroni sono separati dai nuclei atomici. Poiché nessun materiale conosciuto può resistere a un simile calore, la tecnologia della fusione a confinamento magnetico utilizza potentissimi campi magnetici per creare una sorta di involucro invisibile. Questa gabbia, generata all'interno di una macchina a forma di ciambella “schiacciata al centro” chiamata tokamak, tiene il plasma sospeso nel vuoto, impedendogli di toccare le pareti del reattore e permettendo così alla reazione di avvenire in modo stabile e controllato.
L'impegno di Eni in questa nuova tecnologia è un componente chiave della strategia dell’azienda italiana dell’energia per la decarbonizzazione, che in questo progetto non partecipa solo come investitore, ma come partner tecnologico attivo mettendo a disposizione la sua grande esperienza nell'ingegneria impiantistica e nella gestione di progetti complessi su larga scala. A supporto di questa ricerca, Eni impiega anche il suo supercomputer HPC6, uno dei più potenti al mondo dedicati all'uso industriale. Proprio grazie alla sua straordinaria capacità di calcolo è possibile creare simulazioni digitali estremamente dettagliate del comportamento del plasma e testare soluzioni innovative, accelerando così lo sviluppo e riducendo i tempi per la costruzione di un reattore commerciale.
Un combustibile raro per l’autosufficienza
Andando nello specifico, il progetto H3AT di Eni con UKAEA affronta una delle sfide più concrete per la tecnologia della fusione a confinamento magnetico: il combustibile. Mentre il deuterio è abbondante e facilmente estraibile dall'acqua di mare, il trizio è estremamente raro in natura. L'obiettivo è quindi quello di auto-produrlo in loco, all'interno della centrale. L'impianto H3AT sarà un laboratorio unico nel suo genere e fondamentale per studiare, testare e perfezionare le tecnologie necessarie per gestire il ciclo del trizio in modo efficiente e sicuro: estrarlo, purificarlo e riciclarlo per rendere la centrale a fusione un sistema autosufficiente dal punto di vista del combustibile. Il recupero e riutilizzo del trizio giocherà quindi un ruolo fondamentale nell’approvvigionamento e generazione del combustibile nelle future centrali elettriche a fusione, e sarà determinante nel rendere la tecnologia sempre più efficiente.
La fusione è oggi un campo di ricerca e sviluppo incredibilmente attivo, che promette di rivoluzionare il nostro sistema energetico. Grazie ad alleanze strategiche tra ricerca scientifica e industria, come quella tra Eni e UKAEA, il traguardo di un'energia pulita e sicura su larga scala si fa sempre più concreto. Eni è in prima linea in questa transizione, contribuendo con il proprio know-how e una visione strategica a medio e lungo termine per costruire un futuro energetico a basse emissioni di carbonio.
Per scoprire di più sull'energia del futuro e sull'impegno di Eni, visita il sito eni.com .
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