I biocarburanti sono vettori energetici utilizzati per il trasporto: sono prodotti a partire da biomasse e sono quindi un'alternativa più sostenibile rispetto ai combustibili tradizionali in quanto derivati da fonti di energia non di origine fossile. Possono contribuire alla riduzione delle emissioni di gas climalteranti nel settore dei trasporti, in particolare nei suoi ambiti "hard to abate", cioè i tipi di trasporto le cui emissioni di CO₂ risultano "difficili da abbattere", come il trasporto pesante, aereo e marittimo. Per decarbonizzare questi settori, attualmente difficilmente elettrificabili, sono proprio i biocarburanti a giocare un ruolo fondamentale.
L'Agenzia internazionale dell’energia (IEA) stima che al 2027 la domanda di biocarburanti potrebbe superare il 20%, cioè poco più di 35.000 Mlpy (milioni di litri per anno). La IEA riporta inoltre che le forniture di materie prime di origine biogenica sono già oggi sufficienti a triplicare la produzione di biocarburanti entro il 2030, generando nuove opportunità economiche nelle aree rurali.
Cosa è la strategia Agri-Feedstock di Eni
La strategia di Eni per contribuire a decarbonizzare il mondo dei trasporti comprende la costituzione della società Enilive, dedicata alla bioraffinazione, ai servizi e ai prodotti per la mobilità, tra cui il biocarburante HVO, cioè olio vegetale idrogenato, per veicoli leggeri, camion, navi e aerei. L’HVO contribuisce alla riduzione delle emissioni di CO₂eq lungo l’intera filiera tra il 60% e il 90%, rispetto al mix fossile di riferimento, a seconda delle materie prime utilizzate per la sua produzione, secondo il criterio convenzionale della Direttiva (UE) sulle Energie Rinnovabili “RED”. L’HVO viene prodotto nelle bioraffinerie Enilive prevalentemente da materie prime di scarto, come oli esausti da cucina, grassi animali, residui dell’industria agroalimentare, e da una parte residuale di oli vegetali.
Ma la strategia è a più ampio raggio e prevede l'integrazione verticale del business, lungo tutta la filiera, per la produzione diretta da parte di Eni delle materie prime (agri-feedstock) da lavorare per ottenere biocarburante.
Le iniziative agri-feedstock di Eni hanno l’obiettivo di fornire olio vegetale per alimentare le filiere di trasformazione della società a partire da materie prime prodotte dalla coltivazione di terreni identificati come degradati dalle autorità locali, colture di rotazione e dalla valorizzazione di scarti e residui della filiera agroindustriale e forestale.
Questo modello distintivo di integrazione verticale, caratterizzato da un approccio end-to-end, mira ad assicurare volumi di olio vegetale a un costo competitivo, sostenendo l'espansione delle attività di bio-raffinazione di Enilive, e consentendo, allo stesso tempo, di contribuire positivamente sul territorio dal punto di vista economico, occupazionale e dello sviluppo locale.
In particolare, per la filiera agricola, la produzione del feedstock è demandata agli agricoltori, che coltivano la propria terra o raccolgono residui forestali. Per la produzione dell’olio vegetale, i semi e i residui agricoli e forestali sono poi spremuti in impianti di lavorazione, cosiddetti “agri-hub”, propri o di terzi, a seconda della maturità industriale del Paese di produzione. I sottoprodotti di lavorazione dell’olio vegetale vengono a loro volta recuperati e valorizzati nelle filiere dei mangimi e dei fertilizzanti, con importanti vantaggi per la sicurezza alimentare dei territori coinvolti.
La produzione agri-feedstock di Eni nel 2024 è arrivata da 9 Paesi (Kenya, Costa d’Avorio, Mozambico, Congo, Angola, Italia, Kazakistan, Vietnam e Indonesia). Sono inoltre in corso una serie di valutazioni in Brasile, Europa ed in altri paesi dell’Africa e dell’Asia per identificare ulteriori opportunità di sviluppo del business agri-feedstock, mentre in Ruanda prosegue l’attività di produzione di sementi di qualità da destinare agli agricoltori degli altri Paesi africani.
Dal punto di vista sociale, queste iniziative generano un impatto positivo sugli agricoltori, che coltivano la propria terra localmente a fronte di entrate addizionali, valorizzando i terreni potenzialmente degradati. Eni garantisce agli agricoltori la fornitura gratuita degli strumenti e servizi necessari alla coltivazione dei propri campi, oltre che l’accesso al mercato per le produzioni destinate all’estrazione dell’olio vegetale, assicurandone il ritiro e il conferimento alla rete di agri-hub.
L’impatto sulle comunità è importante, alla luce delle migliaia di agricoltori coinvolti. Si stima, infatti, che nelle geografie dove Eni opera, i benefici si stima possano riguardare oltre 700.000 famiglie di agricoltori entro il 2027 e circa 1 milione entro il 2030, con un 1 milione di tonnellate di mangimi e fertilizzanti che, come detto, contribuiranno alla sicurezza alimentare.
L’attività Agri-Feedstock in Kenya
L’attività Agri-Feedstock in Kenya ha avuto origine nel 2021, con la firma di un accordo tra Eni e il paese. È stato pensato e realizzato sin dall’inizio in stretta collaborazione con il governo keniota ed ha un positivo impatto economico e sociale sul territorio.
Dal 2022 sono state condotte attività di sperimentazione per verificare l’adattabilità delle sementi e il loro potenziale produttivo nel paese, che hanno portato all’avvio di una prima produzione di olio vegetale. La sperimentazione ha consentito di avviare nei primi mesi del 2023 una fase dimostrativa per la verifica in campo delle assunzioni sperimentali. I risultati delle fasi dimostrative hanno consentito di avviare nel primo trimestre 2024 una campagna di semina di pieno campo.
Ad oggi, sono stati avviati due agri-hub con una capacità complessiva di 70 mila tonnellate di olio vegetale all’anno.
Ad oggi il progetto punta a creare importanti e positive ricadute sul territorio in termini economici e sociali: Eni collabora con oltre 100.000 agricoltori, coprendo una area pari a 80 mila ettari pari a oltre 100.000 campi di calcio, con ulteriori prospettive di crescita. Gli agricoltori coinvolti coltivano il ricino nelle aree degradate che il Ministero per lo Sviluppo Agricolo e dell’Allevamento del Kenya ha classificato come ASAL (Arid and Semi-Arid Lands, corrispondenti a circa l’80% del territorio), contribuendo così ad ottenere un reddito addizionale e una prospettiva concreta di diversificazione agricola legata anche alla rigenerazione dei terreni.
Il progetto prevede inoltre la valorizzazione di residui forestali, per la produzione dell’olio vegetale, (come il croton che è un albero che cresce spontaneamente in Kenya), scarti e residui provenienti da processi di lavorazione agro-industriale e altri residui come l’olio da cucina esausto (Used Cooking Oil - UCO). La produzione di olio vegetale avviene nei due impianti di estrazione (agri-hub) di Eni, uno nella Contea di Makueni in produzione da luglio 2022 e l’altro a Bonje nella Contea di Kwale, entrato in attività da agosto 2023, dove ad oggi lavorano stabilmente circa 350 persone, tutte locali.
Il progetto agri-feedstock promuove la creazione di valore anche attraverso il trasferimento di know-how e iniziative finalizzate al capacity building degli agricoltori, grazie alla realizzazione di fattorie modello (le cosiddette model farms) che permetteranno di adottare le migliori pratiche agronomiche e le tipologie di semi più adatte a essere coltivate nelle aree identificate. Il progetto favorisce inoltre la promozione di pratiche di economia circolare, attraverso la valorizzazione dei sottoprodotti della lavorazione dell’olio vegetale per la produzione di mangimi e fertilizzanti ed il recupero di scarti provenienti da filiere agro-industriali.
Il settore energetico in Kenya ha registrato una crescita costante negli ultimi due decenni grazie a un programma di elettrificazione significativo. Inoltre, il Kenya dispone di abbondanti risorse di energia rinnovabile, come dimostra il suo mix energetico (eolico, fotovoltaico, geotermico, idroelettrico) che rappresenta circa il 90% della capacità installata del Kenya per la generazione di elettricità. Grazie al programma di elettrificazione sviluppato dal Kenya nel corso degli anni, oggi l'accesso all'elettricità a livello nazionale è all’ 84%, rispetto al 32% del 2013. Il Paese punta a raggiungere l'accesso universale all’energia entro il 2030, concentrandosi principalmente sull'espansione dell'accesso nelle aree rurali.
Il Kenya ha un’importante tradizione agricola, basti pensare che il 33% del PIL del paese è rappresentato dalle attività agricole. Inoltre, più dell’80% delle aree del Paese sono identificate come aride e semi aride e questo crea un enorme disponibilità di terra dove poter sviluppare il progetto. Il Kenya è, inoltre, uno dei paesi più sviluppati dell’Africa Sub-sahariana. Lo sviluppo di questo progetto ha portato al Paese vantaggi economici e occupazionali, permettendo al tempo stesso di contribuire al recupero di aree identificate come aride e semi-aride che prima non venivano utilizzate, generando potenziali entrate economiche aggiuntive per gli agricoltori.
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