AGI - La 20ma sessione del Comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’Unesco (agenza Onu per l’educazione, la scienza e la cultura), tenutasi a Nuova Delhi, ha posto nuovamente l’attenzione sull’immenso valore del patrimonio immateriale africano. Dodici nuovi elementi provenienti da diversi Paesi del continente sono stati inseriti nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, confermando la vitalità delle tradizioni locali e il ruolo fondamentale che esse giocano nella costruzione dell’identità collettiva e nella trasmissione intergenerazionale di saperi, valori e pratiche sociali. Il direttore generale dell’Unesco, Khaled El-Enany, ha sottolineato l’importanza di riconoscere e tutelare le culture viventi, strumenti essenziali per la coesione sociale e per lo sviluppo sostenibile.
Tra gli elementi africani iscritti, spicca il Mwazindika, danza spirituale della comunità Daida in Kenya. Questo complesso rituale combina musica, narrazione, danza e pratiche di guarigione ed è praticato in momenti cruciali della vita comunitaria, come passaggi di età, raccolti, incoronazioni o crisi ambientali. Il rito inizia con la salita rituale alla collina sacra, accompagnata da dodici anziani e giovani che compiono il Kahua, mentre vengono preparate bevande, offerte e strumenti sacri realizzati con alberi ed erbe rituali.
Un elemento transnazionale è la zaffa, la tradizionale processione nuziale che attraversa Gibuti, Comore, Emirati Arabi Uniti, Iraq, Giordania, Mauritania e Somalia. La zaffa celebra il passaggio alla vita matrimoniale attraverso una sequenza di rituali, musica, danza e simboli protettivi. Le preparazioni includono purificazioni, applicazione dell’henné e scelta di abiti e ornamenti, mentre atti simbolici come bere latte, rompere un uovo o indossare mantelli di parenti sanciscono la nuova condizione sociale della coppia.
Il Guruna, praticato in Ciad e Camerun, è un ritiro pastorale che funge da scuola di vita per giovani uomini e ragazzi. Durante il periodo di spostamento con le mandrie lontano dai villaggi, i partecipanti apprendono abilità tradizionali come lotta, danza, musica e artigianato, mentre le ragazze contribuiscono alla preparazione dei pasti e alla realizzazione di decorazioni. Il Guruna rafforza la coesione sociale e la continuità culturale, trasmettendo valori comunitari fondamentali.
In Egitto, il koshary, piatto quotidiano a base di riso, pasta, lenticchie e cipolle fritte, esprime un’identità gastronomica condivisa da tutte le fasce sociali. Consumato in casa, nei ristoranti o dai venditori ambulanti, il koshary rappresenta un patrimonio culinario dinamico, capace di unire generazioni e territori.
L’Gifaataa, capodanno del popolo wolaita in Etiopia, rinnova legami sociali e identità collettiva attraverso rituali di pulizia domestica, ritorno dei parenti e celebrazioni comunitarie, culminando nel goolo-igetta, con cavalli, musica e danze.
Altri elementi musicali e performativi riconosciuti includono il Mvet Oyeng di Gabon, Camerun e Congo, una tradizione epica partecipativa, e l’Highlife del Ghana, genere musicale urbano e rurale nato nel XX secolo, che accompagna matrimoni, funerali e cerimonie comunitarie con testi in lingue locali, inglese e pidgin. Il Tsapiky del Madagascar combina strumenti elettrici e tradizionali, scandendo cerimonie e feste rituali nel Sud-Ovest dell’isola.
Il caftano marocchino è un simbolo sartoriale, realizzato con tecniche artigianali, ricami e perline, indossato in matrimoni e festività religiose e ritenuto espressione del genio creativo del Regno. L’Arabic Kohl, diffuso in Siria, Iraq, Giordania, Libia, Oman, Palestina, Arabia Saudita, Tunisia ed Emirati Arabi Uniti, unisce estetica, artigianato e ritualità quotidiana, proteggendo occhi e pelle e trasmettendo conoscenze intergenerazionali.
Infine, i riti di Al-Jertiq, o Jirtig, in Sudan accompagnano eventi cruciali come nascite, matrimoni e lutti, mentre i riti di inizio anno del popolo Guin in Togo scandiscono l’ordine sociale e rituale lungo un ciclo di sette mesi, culminando nel Ekpéssosso, momento della pietra sacra. Secondo esperti e osservatori culturali sudanesi, la decisione rappresenta un importante riconoscimento dell’identità culturale del Paese e della ricchezza delle sue tradizioni, in una fase storica particolarmente complessa segnata dal conflitto armato in corso, che ha pesanti ripercussioni anche sul patrimonio culturale. Il Jirtig non è considerato un semplice rito matrimoniale, ma una celebrazione simbolica profondamente radicata in tradizioni antiche, in parte riconducibili anche a epoche faraoniche. Si tratta di una pratica sociale e spirituale che riflette valori comunitari legati alla prosperità, alla gioia e alla fertilità, tramandati di generazione in generazione.
La cerimonia si articola in più fasi, tra cui l’allestimento dello spazio, l’accoglienza della coppia, l’applicazione della miscela aromatica tradizionale chiamata dareera, la combustione di incenso e il rituale del latte, durante il quale gli sposi bevono e si aspergono simbolicamente. Il momento centrale è segnato dal taglio, da parte dello sposo, di un filo rosso legato alla vita della sposa, gesto che simboleggia il passaggio a una nuova fase dell’esistenza. La celebrazione si conclude con canti e danze popolari accompagnati dalla dalouka, un tamburo tradizionale in terracotta. In una dichiarazione, il ministro sudanese della Cultura, dell’informazione e del turismo, Khalid Ali Aleisir, ha definito l’inclusione del Jirtig nella lista Unesco come un riconoscimento internazionale della cultura sudanese e una forma di tutela del suo patrimonio autentico. Il ministro ha inoltre sottolineato che il valore di questo riconoscimento risulta amplificato dall’attuale contesto di conflitto, che mette a rischio tradizioni e consuetudini culturali. Il Sudan è teatro, dall’aprile 2023, di un conflitto armato tra le Forze armate sudanesi e le Rsf, che ha provocato la distruzione di centri culturali, musei e biblioteche, esponendo numerosi siti e pratiche del patrimonio storico e culturale del Paese a gravi rischi.
Tutte queste iscrizioni rappresentano molto più che simboli culturali. Sono strumenti di resilienza, trasmissione del sapere e coesione sociale, capaci di adattarsi alle trasformazioni storiche e ambientali. L’inserimento nella Lista Unesco non solo valorizza l’identità dei popoli africani, ma sostiene anche la creatività e l’evoluzione continua di culture viventi, sottolineando l’importanza di preservare pratiche tradizionali che continuano a modellare il mondo contemporaneo.