AGI - Nell’Afghanistan governato dai talebani da agosto 2021, l’Italia sta portando avanti “un impegno molto chiaro: continuare a sostenere la popolazione afghana attraverso un importante livello di aiuto umanitario con le agenzie Onu e le organizzazioni della società civile con un personale locale, forti di una determinazione che supportiamo”. Una missione complessa ma necessaria per non lasciare gli afghani soli, quella affidata all’ambasciatrice Sabrina Ugolini, in carica da ottobre 2024 nella sede diplomatica italiana a Kabul, che opera temporaneamente da Doha. Una scelta strategica quella varata dalla Farnesina che ha ricollocato la sua rappresentanza diplomatica nella capitale del Qatar, come spiega all’AGI l’ambasciatrice, a margine della XVIII Conferenza delle Ambasciatrici e degli Ambasciatori dell’Italia nel mondo tenutasi a Roma e a Milano.
“La decisione italiana di avere una rappresentanza Doha è stata ispirata a suo tempo a un orientamento condiviso con i Paesi affini, tra cui Stati Uniti, Germania, Francia e altri partner europei. È proprio nella capitale qatarina che furono firmati gli accordi di Doha nel febbraio 2020: un luogo dove era ed è ancora possibile condurre una dialettica informale ma necessaria con i rappresentanti del governo de facto talebano, il cui Ufficio politico si era insediato nel Paese già dal 2013”, ricorda la diplomatica romana, con alle spalle incarichi di rilievo in Tunisia, a Bruxelles e alla Farnesina. “Il Qatar è quindi uno dei principali luoghi di confronto e di dialogo sull’Afghanistan, una piattaforma diplomatica che ha dato il nome al cosiddetto Processo di Doha, a guida Nazioni Unite, del quale l’Italia è un attore attivo e apprezzato”, evidenzia l’intervistata. Un confronto e un dialogo che l’ambasciatrice italiana sta portando avanti con la partecipazione a due gruppi di lavoro multilaterali, settoriali, avviati nei mesi scorsi e in fase di consolidamento, che periodicamente mettono allo stesso tavolo i Paesi membri del Processo e i Talebani, denominati autorità de facto, (ADF), dedicati al settore privato e alla lotta al narcotraffico. “Si tratta di materie potenzialmente portatrici di un percorso virtuoso: l’imprenditorialità è infatti uno dei pochi ambiti in cui alle donne risultano concessi modesti margini di iniziativa e di lavoro, poiché alimenta la crescita economica; nella lotta al narcotraffico invece possiamo prendere atto degli sforzi oggettivamente messi in campo dalle ADF per abbattere la coltivazione del papavero da oppio e indebolire il mercato delle droghe”, evidenzia Ugolini.
Una politica dei ‘piccoli passi’ impegnativa che finora ha portato “risultati ancora minimi’ – afferma l’ambasciatrice – soprattutto se si guarda alla situazione complessiva dell’Afghanistan attraverso la lente dei diritti umani, in particolare per le restrizioni sempre più dure imposte alle donne, vittime di un vero e proprio apartheid di genere, denunciato dall’Onu e dagli attivisti per i diritti. “E’ tuttavia importante proseguire in questo tentativo di “engagement”, poiché è oggi l’unico all’interno del quale possiamo parlare con i Talebani in un contesto multilaterale internazionale, ‘guardandoci negli occhi’, puntando a far passare messaggi di moderazione e di apertura”, riferisce con convinzione Ugolini.
Un approccio pragmatico e molto concreto quello attuato dal governo italiano, uno dei pochi Paesi che ha mantenuto un impegno finanziario complessivo significativo in Afghanistan, che nel 2025 si attesta a circa 16 milioni di euro, contro corrente a maggior ragione in una tendenza globale di tagli agli aiuti umanitari allo sviluppo. Un impegno che si traduce anche in aiuto emergenziale, ad esempio dopo il devastante terremoto dello scorso agosto, attraverso contributi veicolati tramite la Federazione Internazionale della Croce Rossa e altri interventi mirati. “Abbiamo evidenziato questa dimensione dell’approccio italiano nei confronti dell’Afghanistan anche nell’ultima Conferenza dei Donatori, a Tashkent, non senza ribadire le nostre aspettative circa la rimozione delle principali restrizioni in materia di diritti delle donne, in primis del divieto di accesso all’istruzione secondaria e universitaria per le ragazze”, argomenta l’ambasciatrice, forte anche della sua expertise in materia di pari opportunità, contrasto alle discriminazioni e ‘Women Peace and Security’.
In Afghanistan, l’Italia sta dando il suo contributo a sostegno delle donne, dimostrando che si può intervenire fattivamente nonostante limitazioni e divieti. In alcune aree del Paese, come nella valle di Bamiyan, ha finanziato un progetto innovativo condotto dal Laboratorio di Geografia Sociale dell’Università di Firenze, insieme all’Unesco, che ha permesso la formazione di operatrici turistiche locali. Risultati promettenti arrivano anche dal supporto dato a NOVE Caring Humans, una Ong italiana operativa ininterrottamente in Afghanistan dal 2013, che ha promosso con successo un premio all’imprenditoria femminile, in condizioni di consenso e di apprezzamento delle autorità locali.La cupa situazione interna viene resa più complessa da altri fattori esterni, in particolare dai rapporti tesi con i vicini Pakistan e Iran, per motivi e dinamiche differenti che parzialmente si alimentano. “Il forzato ritorno massiccio degli afgani (oltre 2,3 milioni di persone nel corso del 2025) dai Paesi confinanti, e in particolare da Iran a Pakistan, ha rappresentato nell’anno che sta per chiudersi una nuova sfida per un Paese già afflitto da arretratezza e povertà”, analizza la diplomatica italiana.
Gli ultimi dati di OCHA riferiscono di 21,9 milioni di persone che in Afghanistan dipendono dall’aiuto umanitario internazionale per sopravvivere. A questo fenomeno dei ritorni sforzati si aggiunge la ripresa di aperte ostilità di frontiera tra Pakistan e Afghanistan, con un ulteriore rischio di fattori aggravanti. “Analisi recenti della Banca Mondiale evidenziano il potenziale di crescita economica che nel medio termine il rientro di lavoratori portatori di conoscenze e di competenze dall’estero potrebbe imprimere alle dinamiche sociali e allo sviluppo economico interno. È un aspetto da non sottovalutare, ma nella fase attuale il peso del reinserimento nel Paese degli sfollati è la dimensione dominante, nella sua drammaticità”, valuta ancora Ugolini.
Se la strada verso il reinserimento dell’Afghanistan nella comunità internazionale è ancora tutta in salita, l’ambasciatrice italiana riafferma con convinzione che la sola via perseguibile è quella tracciata dal Processo di Doha, “che postula il rispetto degli obblighi internazionali, l’inclusività delle minoranze etniche e delle plurime voci della società civile, l’allentamento delle restrizioni che impediscono alle donne di partecipare alla vita pubblica del Paese”. Un’equazione davvero complessa, a maggior ragione a fronte della rigidità della dirigenza talebana e di una postura difensiva che caratterizza le sue interazioni con le istanze provenienti dal mondo esterno. Le Nazioni Unite, in prima linea, mantengono il filo del confronto, e nel formato dei Paesi G7+, conclude Ugolini, “lavoriamo all’elaborazione di una dinamica negoziale ‘step for step’, nella quale possano essere registrate concessioni da entrambe le parti al tavolo. Non è un percorso di breve termine, ma è l’unico che attualmente possiamo perseguire, nell’espressione di una diplomazia che fa della solidarietà e del dialogo la sua cifra”.