AGI - Colpi di stato, dittature, guerre tribali, ambizioni espansionistiche: dall'epoca dell'indipendenza dei primi anni Sessanta a oggi, la narrazione dell'Africa è stata segnata da una serie di stereotipi che non hanno mai colto il senso dei radicali cambiamenti in atto. Una narrazione che ha finito per distorcere la percezione del continente, impedendo spesso di coglierne le opportunità e le potenzialità di sviluppo. Di questo tema, nonché della necessità di un cambio di paradigma nell'approccio al continente, si è parlato a Roma durante il convegno di presentazione del libro "Africani, brava gente. Dai golpisti ai clan che hanno venduto il continente", edito dal giornalista Matteo Giusti. Tra i relatori, Stefania Craxi, presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato; Marco Minniti, presidente della Fondazione Med-Or; Nicola Carnovale, direttore della Fondazione Bettino Craxi; Francesca Corrao, docente del Dipartimento di Scienze Politiche della Luiss; e Marianna Lunardi, Ricercatrice presso l'Istituto Affari Internazionali (IAI).
L'Africa – ha affermato Stefania Craxi nel suo intervento – rimane una realtà centrale per il destino dell'Italia e dell'Europa nel suo complesso, ma dobbiamo andare oltre la logica della storia di un continente afflitto da povertà e disperazione, bisognoso solo di aiuti umanitari: da qui l'importanza del Piano Mattei, nato da una visione "positiva" del continente. "Il Piano Mattei nasce dalla constatazione che la frammentazione di numerose azioni non ha prodotto gli effetti desiderati. Al suo centro c'è l'idea che tutti gli interventi debbano essere concepiti con i Paesi africani e l'ambizione di definirci come attori della possibile soluzione per l'Africa", ha affermato Craxi, sottolineando che il Piano può essere "un modo per indicare la strada" anche ad altri partner occidentali, consapevoli che non tutti i problemi del continente possono essere risolti da soli. L'Italia può avviare un processo positivo che si liberi dalle eredità del passato. La strada è certamente lunga, ma nel frattempo abbiamo mosso un primo passo nella giusta direzione e indicato la strada agli altri partner, mobilitando tutto il sistema Paese e creando sinergie tra imprese e attori istituzionali, anche con il contributo della società civile.
Secondo Marco Minniti, per troppi anni l'Africa è stata percepita attraverso un profondo equivoco, basato esclusivamente su una prospettiva umanitaria. Ora è necessario invertire questo approccio e cambiare paradigma, riconoscendo che cooperare con i Paesi africani non significa aiutarli in patria, ma aiutare se stessi. "Il contesto attuale è purtroppo segnato da una serie di situazioni destabilizzanti. Ciò che accade intorno all'Africa finisce per influenzarla a sua volta. Ad esempio, un filo conduttore collega l'Ucraina all'Africa, con la Russia che considera il continente come il fronte secondario e asimmetrico del conflitto", ha osservato Minniti, sottolineando la responsabilità a medio e lungo termine dell'Europa nelle sue relazioni con l'Africa.
Secondo il Presidente della Fondazione Med-Or, nei prossimi 15 anni il destino dell'Europa sarà strettamente legato a quello dell'Africa: se l'una va bene, l'altra andrà bene; se l'una va male, l'altra andrà male. "Il Piano Mattei deve mirare a stabilizzare i principali Paesi nordafricani, altrimenti l'impatto sull'Europa potrebbe essere traumatico. In un mondo in cui l'idea di unilateralismo radicale sembra prendere piede, è possibile che attori e stakeholder locali in Africa adottino questo approccio, che potrebbe destabilizzare l'Africa centrale e settentrionale. Per questo motivo dobbiamo avere un Piano Mattei europeo", ha aggiunto.
Nel suo nuovo libro, Giusti, uno dei più rinomati africanisti italiani, ricostruisce la storia africana decennio per decennio, dal 1960 a oggi, raccontando una cronologia dettagliata degli eventi, dando voce a politici, golpisti e attivisti per i diritti civili, e infine distinguendo chiaramente tra le colpe dell'Occidente e quelle degli africani. Se la storia dell'Africa, indipendente dal gioco coloniale, continua a essere scossa da guerre, scontri etnici e tensioni tribali, dittature e colpi di stato (di cui il continente detiene il primato mondiale), non è solo a causa delle mire espansionistiche dei "vecchi" (Francia in primis) e dei "nuovi" colonizzatori (Cina e Russia su tutti). Ogni volta che il progresso ha tentato di radicarsi in Africa, è stato strappato via con la forza dai militari, soffocato dalla sete di potere di cleptocrati sostenuti da classi politiche locali corrotte. È ciò che è accaduto a Patrice Lumumba in Congo, ad Ahmed Ben Bella in Algeria e a Thomas Sankara in Burkina Faso.
Dall'Egitto degli Ufficiali Liberi alla Rivoluzione Verde di Muammar Gheddafi, dalle tensioni e dai massacri nella regione dei Grandi Laghi alla Primavera Araba, seguendo lo svolgimento cronologico degli eventi, questo libro si propone come un'opera di riferimento per chiunque sia interessato alla storia africana dal 1960 a oggi, lasciando che siano i fatti a parlare, non le posizioni ideologiche. "Una visione superficiale potrebbe suggerire che gli africani conoscano e accettino solo la violenza, e molti analisti riducono l'esito ovvio di molte elezioni nel continente all'ideale dell'uomo forte. Ma mentre i dittatori hanno dominato Egitto, Tunisia, Libia, Etiopia e Zaire (ora Repubblica Democratica del Congo) per decenni, la spiegazione è molto più profonda. È troppo semplicistico dare la colpa al colonialismo e al neocolonialismo", ha affermato l'autore. Un altro interessante spunto di riflessione presentato in questo libro riguarda il rapporto tra noi, l'Occidente, e loro, gli africani. La copertura mediatica degli eventi africani è stata spesso relegata ai margini del mainstream, seguendo una serie di stereotipi che non hanno mai colto la portata di un cambiamento radicale nella geopolitica del Sud. Giusti scrive inoltre: "Un serbatoio di uomini, metalli preziosi, legname e animali, sfruttati e ignorati al tempo stesso: tale è stato il rapporto dell'Occidente con l'Africa e gli africani. Un rapporto che, tuttavia, sul fronte africano, si è svolto a due velocità: da una parte i leader, dall'altra il popolo, i primi pronti a sfruttare ogni occasione di profitto, depredando a spese di altri africani l'enorme tesoro sepolto, spesso inconsapevolmente, sotto i loro piedi".
Per le prossime presentazioni, appuntamento il 25 giugno a Roma, alle 19:00, presso Letture Lungo il Fiume nei giardini di Castel S. Angelo; il 12 luglio al Festival del Mediterraneo di Alghero; il 24 luglio ad Arezzo, alle 21:00, al Moonlight Festival; 24 agosto a Fiuggi, ore 19, alla rassegna letteraria Trovautore; e 13 settembre a Termini Imerese (ore 21) al Termini Book Festival.