AGI - Il turismo è un settore che può avere grandi prospettive di sviluppo per l'Africa, ma non solo. Un comparto che può trarre dalla cultura, dal patrimonio naturale e paesaggistico un forte slancio. La crescita del turismo in Africa, però, non è esente dal rischio di uno sfruttamento esogeno che può drenare altrove una ricchezza che potrebbe essere parte dello sviluppo del continente. Così commenta l’andamento del settore turistico Paolo Corvo, professore di Sociologia generale all'Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Cn) ed esperto di turismo responsabile, dopo che il 2024 ha segnato una svolta per il turismo internazionale.
Secondo l’ultimo Barometro del turismo mondiale pubblicato da UN Tourism, gli arrivi internazionali hanno toccato 1,4 miliardi, raggiungendo il 99% dei livelli pre-pandemici del 2019. Un dato impressionante che segna un balzo dell’11% rispetto al 2023, con 140 milioni di viaggiatori in più. La crescita è stata trainata dalla forte domanda post-pandemia, dal ritorno in grande stile delle principali destinazioni globali e dalla ripresa delle mete in Asia e nel Pacifico. In questo contesto, l’Africa ha brillato: 74 milioni di turisti hanno scelto il continente nel 2024, il 7% in più rispetto al 2019 e il 12% in più rispetto al 2023.
Una performance che consolida il ruolo del turismo come motore strategico per lo sviluppo della regione. Città come Città del Capo, Marrakech e Lagos sono state inserite dalla rivista britannica Time Out tra le cinquanta migliori mete urbane del mondo per il 2025, segnale di un crescente riconoscimento internazionale dell’offerta turistica africana. Il boom dei viaggi ha portato anche un aumento significativo delle entrate turistiche. Stime indicano che il 2024 ha generato 1,6 trilioni di dollari Usa, con un incremento del 3% rispetto al 2023 e del 4% rispetto al 2019, in termini reali. Paesi come Kenya, Zimbabwe, Nigeria e Ghana hanno guidato l’impennata del turismo nel continente, grazie a investimenti mirati, promozione internazionale e relativa stabilità politica.
Secondo UN Tourism, anche il 2025 sarà un anno positivo. Gli arrivi internazionali dovrebbero aumentare di un ulteriore 3-5%. Le prospettive restano però legate a fattori esterni: la stabilità economica, il calo dell’inflazione e l’assenza di nuovi conflitti geopolitici saranno determinanti per sostenere la ripresa. “Sono convinto che il turismo in Africa possa rappresentare una percentuale sempre maggiore del turismo globale – spiega Corvo –. Lo dicono molte previsioni. L'Africa del Nord (Marocco, Tunisia, Egitto) e il Sudafrica hanno già dimostrato in questi ultimi anni le loro grandi potenzialità. È quindi chiaro che il turismo stia diventando una realtà interessante per il continente”.
Ma di quale turismo stiamo parlando? “Negli ultimi anni – sottolinea Corvo – sta prendendo piede una forma diversa di turismo sostenibile, che privilegia un contatto stretto con la popolazione, la cultura e la natura locali. Un turismo che permette di valorizzare le risorse del territorio attraverso un’esperienza completa che ti porta dentro il continente. Possiamo anche chiamarlo turismo esperienziale, capace di sostenere realmente la crescita dell’Africa e di far affluire risorse importanti”. Il rischio, però, è che si replichi un vecchio modello turistico, simile a quello occidentale, con resort e villaggi controllati da multinazionali che, di fatto, isolano il turista e non gli permettono di entrare in contatto con la realtà locale. “Bolle” nelle quali è difficile vivere un’esperienza autentica e che al territorio lasciano ben poco. “È un modello già diffuso in Africa – continua l'esperto –. Grandi strutture con un forte impatto ambientale, ma che rimangono isolate. L'altro problema che io intravedo è quello di chi realmente gestisce le strutture turistiche. I resort controllati dalle multinazionali del turismo non lasciano una vera ricchezza alle realtà locali.”
L’obiettivo è quindi la crescita di un turismo locale, fatto di operatori ben formati che sappiano guidare i turisti nel contesto. “Il rischio – osserva Corvo – è che si diffonda il modello di Sharm el-Sheikh, dove tutti i profitti vanno alle catene internazionali. Non solo questo turismo lascia poco alle popolazioni locali, ma è anche un po’ artificiale, senza alcun legame con la realtà del Paese. È questa l'Africa che vogliamo vedere? Vogliamo replicare nel continente modelli di sfruttamento già visti in settori come quello delle miniere o dell’agricoltura? Oppure vogliamo che gli africani diventino veramente i protagonisti del loro futuro? Mi rendo conto che quest’ultimo non è un processo facile e che i tempi sono necessariamente lunghi, ma questa è la strada giusta per far crescere il continente. Anche nel turismo”.