Roma - Le faglie da cui ha avuto origine il terremoto con magnitudo 6.5 delle ore 7,40 di domenica 30 ottobre si sono attivate per l'intero spessore dello strato sismogenetico interessato, cioe' la porzione della crosta o mantello terrestre da cui possono originarsi i terremoti, partendo da circa 10 km di profondita' ed arrivando fin direttamente alla superficie. Producendo rotture ben visibili in affioramento, con "rigetti" (ossia scalini) che raggiungono in qualche punto i due metri. Il sisma ha avuto origine dalle faglie gia' note in letteratura come faglia del Monte Vettore-Bove, faglie normali (ossia a carattere estensionale) orientate in senso nord-nordovest e sud-sudest e immergenti verso ovest. E' il risultato degli studi di aggiornamento del gruppo di lavoro Ingv su quel terremoto e resi pubblici oggi. Nelle 49 pagine del rapporto sono descritti sia gli studi in corso sia i risultati preliminari basati sui dati di quell'evento sismico e sui rapporti tra lo stesso e i precedenti terremoti del 24 agosto e del 26 ottobre, sempre nell'Italia centrale. Nel rapporto vengono descritte le analisi dei dati sismologici, con mappe e sezioni verticali attraverso la zona epicentrale; i modelli di faglia basati sui dati sismometrici e accelerometrici, sui dati geodetici (GPS e da SAR - interferometria radar da satellite) con le prime indicazioni della distribuzione del movimento di dettaglio delle varie faglie; l'impatto del terremoto sul territorio, "visto" dai dati sismici e stimato in base alle 'Shake maps' e alle analisi sul terreno; la fagliazione, osservata in superficie in tutta l'area interessata dai terremoti piu' forti dal 24 agosto al 30 ottobre; una stima delle probabilita' di accadimento di future repliche (i cosiddetti 'aftershocks'). E dall'analisi di tutti i dati analizzati finora stanno emergendo risultati interessanti sul sistema di faglie che attraversa la regione e che si e' attivato in questa sequenza sismica che peraltro e' tuttora in corso. Sono infatti ancora diverse centinaia le repliche che vengono localizzate ogni giorno dalla Rete Sismica Nazionale dell'Ingv.
Ad oggi, l'analisi dei dati geologici, di quelli geodetici e sismologici dice che gli stessi sono coerenti nell'individuazione delle faglie e della loro cinematica, sebbene siano stati osservati alcuni elementi che sono in corso di approfondimenti e che sono il sintomo della complessita' del sistema. IL gruppo di lavoro sta studiando lungo il piano di faglia in roccia la dislocazione della rottura avvenuta il 30 ottobre. Si tratta di rotture osservate in superficie e che rappresentano la prosecuzione del movimento profondo sul piano di faglia, che si e' originato intorno agli 8-10 km (l'ipocentro) e si e' propagata lateralmente e verso l'alto nelol'area del 'cratere' divenuto piu' vasto rispetto ai due precedenti eventi sismici. E i dati accelerometrici e geodetici sono coerenti nell'individuazione delle zone di massimo spostamento della faglia del 30 ottobre, che si colloca tra le precedenti rotture del 24 agosto a sud e del 26 ottobre a nord, interessando principalmente il settore centrale del sistema di faglie e la sua parte piu' superficiale, dove vengono individuati spostamenti superiori ai 2.5 metri sul piano di faglia. E' infatti evidente - dice lo studio del gruppo di lavoro Ingv - che lo spostamento lungo i diversi segmenti di faglia attivi in questi mesi non e' avvenuto in maniera omogenea, ma ha avuto forti eterogeneita': da spostamenti di "soli" pochi decimetri a ben 1-2 metri sul piano della stessa faglia. E proprio questo potrebbe spiegare la complessita' della sequenza, con l'attivazione successiva di segmenti di faglia di grandezza diversa e con spostamenti dei due lembi della faglia anche molto diversi. Sono visibili inoltre altre faglie "minori" che si sono mosse durante la sequenza. Ora e' in corso anche l'elaborazione di modelli piu' raffinati per identificare i dettagli - in chiave geometrica e cinematica - della sorgente sismica del terremoto del 30 ottobre ottenuta da dati InSAR, confrontando e analizzando congiuntamente tutti i dati disponibili. L'analisi poi dei dati accelerometrici del terremoto del 30 ottobre nell'area di Amatrice, dove era stata installata una rete sismica temporanea per effettuare indagini propedeutiche alle attivita' di microzonazione sismica, ha evidenziato delle forti variazioni delle accelerazioni del suolo a distanze molto brevi, con amplificazioni fino a un 'fattore 5' (quindi sensibili) rispetto a siti su roccia, dovute principalmente alla struttura geologica superficiale. Le analisi proseguono per seguire passo dopo passo l'andamento delle repliche (il cui numero ha ormai superato quota 26000), cosi' da avere una mappatura di dettaglio degli effetti di superficie, e quindi realizzare dei modelli di faglie che riescano a tener conto di tutti gli elementi osservati sul terreno e dal satellite. (AGI)