Nella sua eNews del 30 agosto Matteo Renzi, segretario del Pd ed ex presidente del Consiglio, ha scritto tra le altre cose: “Oggi i giornali valorizzano giustamente la prima misura contro la povertà che un governo abbia mai finanziato”. Renzi si riferisce al “reddito di inclusione”, un aiuto alle famiglie più deboli per un periodo massimo di 18 mesi che va da 190 euro a 485 euro per quelle più numerose (nel comunicato stampa del governo i dettagli del provvedimento).
Al di là dei meriti dell’azione dell’esecutivo, è sbagliato affermare che sia “la prima misura contro la povertà che un governo abbia mai finanziato”. Nel corso degli oltre 70 anni di storia della Repubblica Italiana, di misure contro la povertà ne sono state finanziate diverse.
Senza andare a scomodare la Riforma Agraria del 1950 (la legge stralcio n. 841 del 21 ottobre), con cui si diedero a braccianti poverissimi terre da coltivare espropriate a latifondisti, e analoghi provvedimenti della Prima Repubblica, gli esempi anche in anni più recenti non mancano.
Il Reddito minimo di inserimento
Il Reddito minimo di inserimento (RMI) fu introdotto dal primo governo D’Alema con la Legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica) e definito con il Decreto legislativo 18 giugno 1998, n. 237 e, successivamente, con la Legge 8 novembre 2000, n. 328 per lo sviluppo di un sistema integrato di politiche e servizi sociali.
Tale misura combinava, da un lato, un’erogazione monetaria per far fronte alle situazioni di estrema povertà e, dall’altro, progetti di reinserimento lavorativo e sociale. Inizialmente avviata in 39 comuni e successivamente estesa ad altri 277 comuni, la sperimentazione del RMI terminò in seguito all’approvazione della finanziaria per il 2003, che non prevedeva ulteriori risorse per questo strumento.
Nel primo biennio di operatività (1999-2000) il costo complessivo era ammontato a 220 milioni di euro.
La Carta acquisti ordinaria
La Carta Acquisti ordinaria è entrata in vigore con il Decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito nella Legge 6 agosto 2008, n. 133) durante l’ultimo governo Berlusconi, è ancora oggi in vigore e costituisce un sostegno per la spesa alimentare, sanitaria e il pagamento delle bollette della luce e del gas.
È una normale carta elettronica, ma le spese sostenute vengono addebitate e saldate direttamente dallo Stato. Il suo valore è di 40 € al mese ed è rivolta agli anziani over 65 e ai bambini sotto i tre anni che si trovino in condizioni di povertà.
La Social card sperimentale
Nel corso del secondo semestre 2013 è partita nelle 12 città italiane con più di 250.00 abitanti la sperimentazione del Sostegno per l'Inclusione Attiva (SIA), la cosiddetta Social Card sperimentale, prevista dall’Art. 81 (commi 32 e ss.) del Decreto legge n. 112/2008.
Questa nuova carta, con cui si potevano acquistare beni alimentari e altri prodotti di prima necessità e che può arrivare fino a circa 400 euro mensili per le famiglie con 5 o più componenti, era pensata per le famiglie in condizioni economiche di estremo disagio, nelle quali nessuno lavorava o vi era una bassa intensità di lavoro, erano presenti minori e vi era un maggior rischio di esclusione (rischio abitativo, ecc.).
Condizione per godere di questo trattamento era la sottoscrizione di un progetto per il reinserimento degli adulti nel mercato del lavoro e per il miglioramento della condizione scolastica dei bambini.
La sperimentazione si è conclusa – tranne che a Roma, dove non era partita per tempo a causa del rinnovo delle istituzioni comunali - con l’estensione del SIA (Sostegno per l’inclusione attiva) a tutto il territorio nazionale nel 2016.
Secondo i dati riportati da uno studio della Fondazione Brodolini, “la platea dei beneficiari [della Social card sperimentale, ndr.] ammonta complessivamente a 6.565 nuclei familiari, corrispondenti a 27.056 persone in condizione di povertà. Il beneficio medio mensile è stato di 327 € e le risorse effettivamente spese sono state pari a 26.296.284 €”.
Il Sostegno per l’inclusione attiva
Come si diceva il Sostegno per l’inclusione attiva (SIA), già sperimentato a partire dal 2013 nelle 12 città più grandi del Paese, con il Decreto interministeriale del 26 maggio 2016 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 166 del 18 luglio 2016) è stato completamente ridisegnato, rendendo più facile l’accesso, ed esteso a tutto il territorio nazionale. Dal 2 settembre 2016 tutti i cittadini in possesso dei requisiti possono presentare la richiesta per il SIA.
Questa misura è stata pensata dal Governo come “ponte” in attesa del REI (reddito di inclusione), di cui anticipava già alcuni contenuti ed è stata finanziata per il 2017 con poco meno di 1,2 miliardi di euro.
Conclusioni
Ad ogni modo, se si lasciano da parte gli interventi di grande impatto della Prima Repubblica, e in particolare del Secondo dopoguerra, e si resta ai provvedimenti degli ultimi vent’anni, si può dire che il Reddito di inclusione sia la misura più rilevante mai presa per il contrasto alla povertà.
Non ha natura sperimentale (come invece aveva la maggior parte degli strumenti precedenti), è universale (a differenza di quei provvedimenti rivolti a determinate città, o a determinate fasce anagrafiche) ed è coperta da un finanziamento (“due miliardi l’anno”, secondo il ministro Poletti) che supera ampiamente i casi precedenti.
Affermare, tuttavia, come fa Renzi che sia “la prima misura contro la povertà che un governo abbia mai finanziato” è sbagliato. Si tratta di un’esagerazione che cancella i precedenti progetti, magari meno ambiziosi ma comunque esistiti.
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