Sulla sua pagina Facebook, il 3 gennaio, Alessandro Di Battista ha scritto, riferendosi al codice di comportamento del M5S in caso di coinvolgimento in vicende giudiziarie: “Mi auguro che un codice simile possa essere adottato da tutte le forze politiche del Paese”. Ma quanti partiti italiani hanno un codice etico, e quelli esistenti quanto sono simili a quello del movimento di Grillo?
Delle principali forze politiche del Paese (Lega Nord, Forza Italia, Pd e Movimento 5 Stelle) ad oggi solamente i democratici, dal 2008, e i pentastellati, da pochi giorni, hanno un vero e proprio codice etico che dia delle regole di comportamento in caso di vicende giudiziarie che riguardino candidati ed eletti nelle loro liste.
Fratelli d'Italia e Nuovo Centrodestra
Tra le formazioni minori, lo scenario è più vario. Fratelli d’Italia non risulta abbia un vero e proprio codice etico, ma nel suo statuto entrato in vigore a ottobre 2014 scrive: “Sono incandidabili coloro che, alla data di presentazione delle liste, abbiano riportato una condanna anche in primo grado per un reato infamante”. Il Nuovo Centrodestra, poi, ancora secondo lo statuto approvato ad aprile 2014 prevede un codice etico, che dovrà essere approvato dalla Direzione nazionale, ma al momento non è stato possibile reperirlo né sul sito del partito né altrove nel web.
Il codice deontologico dell'Udc
L’Udc invece ha un “codice deontologico” approvato a fine 2015, in base al quale “gli iscritti, condannati in primo grado per gravi reati, sono invitati ad autosospendersi: nel caso in cui non lo facciano, possono essere sospesi a giudizio insindacabile degli organi del partito competenti”. E ancora, “è fatto salvo, in ogni caso, il principio in base al quale l'iscritto all'Udc, che risulti destinatario di provvedimenti coattivi di limitazione della libertà personale da parte dell'autorità giudiziaria, debba essere sospeso […] sino al termine degli stessi”.
Sinistra Ecologia e Libertà
Sinistra Ecologia e Libertà, infine, in base al proprio Statuto (aggiornato a marzo 2015) da un lato “aderisce al codice di autoregolamentazione per le candidature approvato dalla Commissione Parlamentare Antimafia”, dall’altro “adotta codici di autoregolamentazione per i gruppi dirigenti, le candidature, le elette e gli eletti”, che tuttavia al momento ancora non ci risulta siano stati emanati dall’organo preposto (l’Assemblea nazionale): siamo in attesa di riscontro da parte della segreteria nazionale del partito.
Quasi tutte le forze politiche hanno poi numerosi casi, a livello locale, di amministratori che scelgono di adottare la Carta di Avviso Pubblico (già Carta di Pisa), un “Codice Etico per la Buona Politica” prodotto dalla società civile dove si fissano varie regole e sanzioni per garantire i principi di trasparenza, imparzialità, disciplina e onore previsti dagli articoli 54 e 97 della Costituzione.
Ma torniamo ai due maggiori partiti che si sono dotati di un codice etico, il Pd e il M5s.
Nel complesso si può dire che il codice del Movimento 5 Stelle fissi delle regole più severe rispetto a quello del Partito Democratico, specie su condanne di primo grado e assoluzioni per prescrizione. Per quanto riguarda gli indagati, poi, il codice M5S lascia molto margine di manovra agli organi disciplinari del Movimento nel decidere quali indagini giustifichino la decadenza dalla carica elettiva del “portavoce” e quali invece no. Vediamo i dettagli.
Il codice etico del Pd
Il codice etico del Partito Democratico prevede, in breve, che non possa essere candidato o si debba dimettere chi riceve un rinvio a giudizio, chi viene sottoposto a misure di custodia cautelare e chi viene condannato (anche in via non definitiva) per una serie di reati. La non candidatura o le dimissioni non sono invece previste, in nessun caso, per gli indagati.
Più nel dettaglio, il codice parla dei soggetti nei cui confronti sia stato “a) emesso decreto che dispone il giudizio; b) emessa misura cautelare personale non annullata in sede di impugnazione; c) emessa sentenza di condanna, ancorché non definitiva, ovvero a seguito di patteggiamento; per un reato di mafia, di criminalità organizzata o contro la libertà personale e la personalità individuale; per un delitto per cui sia previsto l’arresto obbligatorio in flagranza; per sfruttamento della prostituzione; per omicidio colposo derivante dall’inosservanza della normativa in materia di sicurezza sul lavoro”.
Inoltre soggetti nei cui confronti “a) sia stata emessa sentenza di condanna, ancorché non definitiva ovvero a seguito di patteggiamento, per delitti di corruzione nelle diverse forme previste e di concussione; b) sia stata emessa sentenza di condanna definitiva, anche a seguito di patteggiamento, per reati inerenti a fatti che presentino per modalità di esecuzione o conseguenze, carattere di particolare gravità ; c) sia stata disposta l’applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, previste dalla legge antimafia […]”.
La regola, con alcune limitate eccezioni, è dunque che basti un rinvio a giudizio (il decreto che lo dispone giunge al termine dell’udienza preliminare), e a maggior ragione una condanna di primo grado, per una serie di reati predefiniti (mafia, criminalità organizzata, corruzione, concussione etc.), e serva invece una condanna definitiva – “anche a seguito di patteggiamento” – per gli altri reati ritenuti genericamente gravi.
Nel codice etico del Pd non si fa dunque cenno agli indagati, che abbiano o meno ricevuto un’informazione di garanzia in attesa della formulazione dell’imputazione da parte del pubblico ministero.
Il codice di comportamento M5s
Il codice di comportamento del M5s prevede che la condanna in primo grado di un suo “portavoce” porti sempre all’incompatibilità con la carica che ricopre, quale che sia il reato purché doloso, cioè commesso con la volontà di ottenere il risultato criminoso e non per “colpa” (nel senso di imprudenza, imperizia o negligenza).
Sono esclusi solamente “reati d’opinione, ipotesi di reato concernenti l'espressione del proprio pensiero e delle proprie opinioni, ovvero di fatti commessi pubblicamente per motivi di particolare valore politico, morale o sociale”. “A tal fine”, prosegue il codice, “sono equiparate alla sentenza di condanna la sentenza di patteggiamento, il decreto penale di condanna divenuto irrevocabile e l’estinzione del reato per prescrizione intervenuta dopo il rinvio a giudizio”.
L’assoluzione per prescrizione intervenuta dopo il rinvio a giudizio, insomma, che lo statuto del Pd non prende esplicitamente in considerazione, viene qui valutato come una condanna. Comporta infatti l’automatica decadenza dalla carica. Nel caso invece la prescrizione intervenga prima del rinvio a giudizio, “è invece rimessa all’apprezzamento discrezionale del Garante, del Collegio dei Probiviri con possibile ricorso del sanzionato al Comitato d’appello la valutazione di gravità ai fini disciplinari”.
Per quanto riguarda gli indagati, poi, il codice di comportamento del M5S scrive che “La ricezione, da parte del portavoce, di “informazioni di garanzia” o di un “avviso di conclusione delle indagini” non comporta alcuna automatica valutazione di gravità”. In questo caso, in assenza di una presunzione di gravità, “il comportamento tenuto dal portavoce può essere considerato grave dal Garante o dal Collegio dei probiviri con possibile ricorso del sanzionato al Comitato d’appello, anche durante la fase di indagine”.
Nessun automatismo dunque per gli indagati e imputati. Ma su di loro pende la spada di Damocle del giudizio dei probiviri. In ogni caso, sempre da codice del Movimento, “i portavoce, quando ne hanno notizia, hanno l'obbligo di informare immediatamente e senza indugio il gestore del sito, dell'esistenza di procedimenti penali in corso nei quali assumono la qualità di indagato o imputato nonché di qualsiasi sentenza di condanna o provvedimento ad essa equiparato” dal codice.