AGI - Papa Leone XIV ha visitato questa mattina la Moschea Sultan Ahmed di Istanbul, nota anche come "Moschea Blu", una delle più importanti della città e il cui soprannome deriva dalle 21.043 piastrelle di ceramica turchese inserite nelle pareti e nella cupola. La Moschea Blu è l'unica ad avere sei minareti (di solito sono quattro), superata in questo solo dalla moschea della Kàba, a La Mecca, che ne ha sette.
Entrando in Moschea, il Pontefice, dopo essersi tolto le scarpe, è stato accolto e accompagnato dal Capo della Diyanet, ovvero il Presidente per gli Affari Religiosi della Turchia Safi Arpagus. "Ho detto a lui che questa era la casa di Allah e gli ho chiesto se voleva pregare", ha detto ai giornalisti il muezzin Asqgin Tunca aggiungendo la risposta di Leone: "No. Osserverò solo in giro". Il Papa non si è raccolto in preghiera come invece fecero i suoi predecessori Benedetto e Francesco.
"Il Papa - ha spiegato la sala stampa vaticana - ha vissuto la visita alla Moschea in silenzio, in spirito di raccoglimento e in ascolto, con profondo rispetto del luogo e della fede di quanti si raccolgono lì in preghiera".
Il Papa a Nicea, "non usare la regione per giustificare le guerre"
Ieri, a Iznik (Nicea) Papa Leone ha attinto direttamente dal proprio motto ("nell'unico Cristo siamo uno") per sottolineare la dimensione fortemente ecumenica del suo primo viaggio apostolico internazionale. Sopra le rovine dell'antica Basilica di San Neofito, sulle rive del lago Ascanio, il Pontefice, insieme al patriarca Bartolomeo e i capi e rappresentanti delle Chiese cristiane del mondo, ha commemorato i 1.700 anni del primo Concilio ecumenico della storia. E ha lanciato un forte appello affinché siano respinti "l'uso della religione per giustificare la guerra e la violenza" e "ogni forma di fondamentalismo e di fanatismo".
È una calda giornata di sole a Iznik, 130 chilometri da Istanbul. L'elicottero con a bordo Leone ha sorvolato per tre volte il sito archeologico. Poco prima del suo arrivo il muezzin ha intonato i suoi versi. Sacerdoti e vescovi della chiesa ortodossa greca, siriaca, copta, malankese, armena, protestante e anglicana sono lì. Tutti per pregare un solo Dio, per ricordare che proprio da Iznik nacque il Credo, la preghiera che accomuna tutti i cristiani.
La cerimonia storica a Nicea
Sulla piattaforma che sovrasta i resti della Basilica di San Neofito, distrutta da un terremoto nel 740, sommersa dalle acque del lago e le cui rovine sono riapparse nel 2014, sono esposte una icona di Cristo e una che raffigura i padri riuniti nel Concilio. Papa Leone e il Patriarca di Costantinopoli Bartolomeo hanno camminato fianco a fianco, uniti, in una cerimonia solenne e storica.
Il significato del Concilio di Nicea oggi
"In un tempo per molti aspetti drammatico, nel quale le persone sono sottoposte a innumerevoli minacce alla loro stessa dignità", il 1.700esimo anniversario del Primo Concilio di Nicea è "un'occasione preziosa per chiederci chi è Gesù Cristo nella vita delle donne e degli uomini di oggi, chi è per ciascuno di noi", ha affermato il Pontefice. Questa domanda "interpella in modo particolare i cristiani, che rischiano di ridurre Gesù Cristo a una sorta di leader carismatico o di superuomo, un travisamento che alla fine porta alla tristezza e alla confusione", ha sottolineato.
L'appello all'unità e alla pace
La confessione di fede cristologica è di "fondamentale importanza nel cammino che i cristiani stanno percorrendo verso la piena comunione", ha rimarcato il Papa. Il Credo Niceno "è un legame profondo che unisce già tutti i cristiani". L'invito è quindi di "superare lo scandalo delle divisioni che purtroppo ancora esistono" e alimentare "il desiderio dell'unità" per una riconciliazione che sia "messaggio di pace e di fraternità universale", un "appello che proviene dall'intera umanità afflitta da conflitti e violenze". Fratellanza che le religioni dovrebbero incoraggiare a riconoscere e a praticare, ha continuato Leone che ha lanciato il suo forte appello: "L'uso della religione per giustificare la guerra e la violenza, come ogni forma di fondamentalismo e di fanatismo, va respinto con forza, mentre le vie da seguire sono quelle dell'incontro fraterno, del dialogo e della collaborazione".
La vittoria secondo Bartolomeo
Il Patriarca Bartolomeo nel suo messaggio di benvenuto ha ricordato che Nicea deriva dalla parola greca vittoria e "quando il mondo pensa alla vittoria, pensa alla forza e alla dominazione. Ma come cristiani, ci viene detto di pensare in maniera diversa. Il nostro segno paradossale della vittoria è l'inespugnabile segno della Croce".