AGI - Trent’anni dopo il genocidio di Srebrenica, i familiari continuano a cercare e seppellire i resti di oltre 8.000 uomini e ragazzi uccisi dalle forze serbo-bosniache, rivelando le dolorose cicatrici profonde nel Paese. L’11 luglio 1995, le forze serbo-bosniache assaltarono l’enclave musulmana di oltre 40.000 persone nella Bosnia orientale. All’epoca, si trattava di una “zona protetta dalle Nazioni Unite”, un’espressione in fondo vuota, pensata per proteggere i numerosi sfollati fuggiti dalla guerra del 1992-1995. Le forze del generale Ratko Mladić giustiziarono migliaia di uomini e ragazzi prima di seppellirli in fosse comuni.
Dopo decenni di duro lavoro, circa 7.000 vittime sono state identificate e adeguatamente sepolte, ma circa 1.000 risultano ancora disperse. Le scoperte di fosse comuni sono ormai rare. L’ultima è stata trovata nel 2021, quando i resti di 10 vittime sono stati riesumati a 180 chilometri a sud-ovest di Srebrenica.
Le storie
Quest’anno, i resti di sette vittime saranno sepolti durante le commemorazioni dell’11 luglio presso il Centro Memoriale di Srebrenica-Potočari, tra cui due uomini di 19 anni e una donna di 67 anni. “Quest’anno farò seppellire mio padre. Ma solo un osso, la mandibola”, ha detto Mirzeta Karić. La cinquantenne ha detto che sua madre era molto malata e quindi ha deciso di procedere con la sepoltura senza aspettare il ritrovamento di altri resti.
Suo padre, Sejdalija Alić, si unì a diverse migliaia di uomini e adolescenti che cercarono di fuggire dalle truppe di Mladić attraverso le fitte foreste. Non ci riuscì. Anche suo figlio ventiduenne, Sejdin, fu ucciso, così come i tre fratelli di Alić e i loro quattro figli maschi. Sarà il cinquantesimo membro della famiglia di Karić ad essere sepolto nel cimitero di Potočari. La cerimonia per suo fratello, Sejdin, si tenne nel 2003. “Ho sopportato tutto, ma penso che questo funerale sarà il peggiore. Ci seppelliscono le ossa. Non riesco a descrivere il dolore”.
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