"Il Maestro e Margherita", il film di Lockshin che sfida la censura di Putin
AGI - Prendere uno dei romanzi di culto della letteratura del XX secolo, quello considerato per eccellenza intoccabile anche perché avvolto da un’aura di maledizione. Stravolgerne la trama per adattarlo al grande schermo, mettendone al centro il forte messaggio di denuncia politica. Fare tutto questo anche usando finanziamenti pubblici di un Paese diventato, nel frattempo, uno dei regimi più autoritari del mondo. Finire col diventare oggetto di minacce di arresto, schivare la scure della censura, ma allo stesso tempo ricevere l’entusiasta risposta del pubblico. Infine, vedere la propria opera entrare nella storia come l’ultima grande produzione cinematografica libera, distribuita nella Russia di Vladimir Putin.
Ecco a voi l’impresa del regista americano di origine russe Michael Lockshin, il cui ‘Maestro e Margherita’ uscirà nelle sale italiane il 19 giugno - distribuito da Be Water Film - dopo essere stato al centro di un fragoroso scandalo in Russia, dove ha quasi rischiato di non arrivare nelle sale.
Il film si basa sull’omonimo romanzo di Michail Bulgakov, scrittore nato a Kiev nel 1891 e osteggiato dall’Urss: narra del potere dell’amore e dell’arte contro la dittatura, nella Mosca degli Anni ’30 staliniani messa a soqquadro dal Diavolo e dai suoi strambi aiutanti. Censurata dall’Unione Sovietica, ma letta da tutti i russi in modo clandestino prima della sua pubblicazione nel 1973, la storia del Maestro, scrittore ostracizzato dal potere, e della sua amante Margherita, che ne vendica le tristi sorti con la complicità delle forze del Male, risuona incredibilmente attuale nella Russia post 24 febbraio 2022, quando la guerra ha scatenato di nuovo la censura contro registi, scrittori e intellettuali.
“I produttori mi hanno proposto di lavorare all’adattamento del romanzo di Bulgakov nel 2019”, racconta Lockshin in un’intervista telefonica all’AGI, “ho sentito che attraverso questo classico si poteva riflettere su temi che non riguardano solo la Russia, ma tutto il mondo: cosa è la libertà, come è vivere sotto uno Stato totalitario. Oggi vediamo dove sta andando la Russia, ma allora non avevamo idea dei livelli di violenza e repressione che avrebbe raggiunto in pochi anni”.
Da subito espressosi contro la guerra in Ucraina, Lockshin parla all’AGI dalla sua casa di Los Angeles, dove è stato costretto a tornare sulla scia della campagna diffamatoria, scatenata nei suoi confronti in Russia da un esercito di propagandisti, che ne chiedeva l’arresto e la designazione come terrorista. Per via dello scandalo, il suo nome è stato rimosso dai titoli del film ed è stato classificato persona non grata in Russia dove risiede ancora parte della sua famiglia.
- Perché ha pensato che un classico della lettura del XX secolo potesse essere un soggetto interessante per gli spettatori di oggi?
Abbiamo girato Il Maestro e Margherita tra il 2020 e il 2021, il soggetto mi era stato proposto dai produttori nel 2019, come per molti altri film non è stato difficile ricevere finanziamenti pubblici; allora la Russia era integrata nel mondo, la censura già esisteva ma era più soft, ora ha raggiunto i livelli del Terrore staliniano. Con lo sceneggiatore Roman Kantor abbiamo riletto tutto il romanzo e abbiamo sentito che attraverso questo classico si poteva riflettere su temi universali: cosa è la libertà d’espressione, cosa significa la libertà in generale, com’è vivere sotto uno Stato totalitario. Era un pretesto per ricordare, attraverso un vero blockbuster che arrivasse al grande pubblico, cosa erano state le repressioni staliniane. La censura già esisteva ma nel 2020 si poteva ancora tranquillamente girare Il Maestro e Margherita, uno dei romanzi emblema della critica alla censura, contando su finanziamenti pubblici. Questo non è più possibile: da tre anni lo Stato finanzia solo i film di registi che non sono contrari alla guerra.
- Con il suo adattamento lei compie un gesto temerario, riscrive il corso di un romanzo complesso, fatto di diversi livelli di lettura, un’impresa che prima di lei nessuno aveva osato, tanto che Il Maestro e Margherita non vanta adattamenti cinematografici degni di questo nome.
I produttori (Amedia, Kinoprime e Mars Media Entertainment, ndr) avevano i diritti del libro, ma per tre anni avevano cercato di farne un film senza venirne a capo; credo perché stessero perseguendo un adattamento troppo letterale dell’opera. Appena mi hanno proposto il progetto ho subito messo in chiaro che sarei stato disposto a lavorarci solo a patto che potessimo discostarci dal testo originale. Volevamo fare un film che non si rivolgesse solo ai cultori del libro, ma che potesse arrivare anche a un pubblico generalista ed essere compreso anche da chi non avesse mai letto il libro. Per questo, serviva costruire una struttura emotiva dove ci fosse un personaggio principale, al quale tutti gli altri protagonisti fossero legati. Questo aspetto nel romanzo non è chiaro, i legami si comprendono solo metaforicamente e serve scavare nel testo per capirlo. Dopo aver fissato questo obiettivo, siamo andati veloci e in un anno avevamo scritto la sceneggiatura.
- La trama di uno dei romanzi più celebri del Novecento, un budget record per la Russia (17 milioni di dollari), una produzione internazionale (girato in Croazia con attori russi ed europei), l’americana Universal Picture International che doveva distribuirlo. Il suo film poteva diventare un vanto per il cinema russo contemporaneo, invece ha incontrato solo ostacoli, un po’ ricalcando le sorti del libro. Cosa è andato storto?
Tutto è cambiato dopo la guerra, nel febbraio 2022, quando stavamo per iniziare la fase di post-produzione. La Universal Pictures International avrebbe dovuto distribuire il film nel 2023, ma si è ritirata dal mercato russo dopo l’invasione dell’Ucraina. Prima dell’uscita del film (avvenuta poi nel gennaio 2024, ndr) c’era stata pressione per tagliare diverse scene, ma siamo riusciti miracolosamente a mantenere la versione integrale. Il film ha una struttura così difficile che probabilmente è risultata impossibile da cambiare senza un mio intervento. Ho l’impressione che ‘in alto’ non avessero visto la pellicola e pensassero che fosse solo la storia del Maestro e Margherita, non avevano capito quanto fosse diverso. Solo dopo una settimana dall’uscita del film nelle sale, quando i critici hanno iniziato a domandarsi come fosse stato possibile produrre un film del genere nell’attuale momento storico e quando i propagandisti si sono scagliati contro il film definendolo anti-russo, anti-guerra, allora è iniziata a intervenire la politica. Non mi aspettavo assolutamente un tale clamore, per me è stato scioccante. Quando poi è stato trasmesso in tv, so che il film era stato tagliato in diversi punti. Non lo ho visto ma sono sicuro che abbiano eliminato le parti più politiche.
- Se il problema è il messaggio politico allora non avrebbero dovuto censurare l’opera stessa di Bulgakov che è tutta intrinsecamente politica? Sulla scia del film, invece, per la prima volta nella storia russa un romanzo classico è balzato in testa alla classifica dei bestseller.
Il Maestro e Margherita può essere interpretato in diversi modi. Chi ha letto il romanzo da piccolo potrebbe non ricordarlo come politico. Diventa tale solo se lo si legge in modo approfondito. Nel 2005, è uscita in Russia una mini serie tv di successo tratta dal romanzo e non ha avuto gli stessi problemi del mio film: è chiaro che il romanzo contiene critiche al potere, ma è solo uno dei molteplici livelli di lettura del testo. Si possono immaginare altri adattamenti dove l’accento sull’aspetto politico non sia così evidente, dove tutto finisca relegato al passato e non al presente. La serie del 2005 si concentrava sull’aspetto fantasy della storia e non era per niente politica, per questo non ha avuto problemi. Direi che se possibile, il mio film è anche più politico del romanzo. Il Maestro e Margherita sicuramente è stato l’ultimo grande film realizzato con questi mezzi e con questa libertà nella Russia contemporanea.
- Perché la censura del regime russo oggi ha bisogno di prendere di mira la cultura?
L’ideologia della Russia di Putin è nazionalista-imperialista e ha bisogno di controllare la cultura per propagandare l’esistenza di una Grande Russia che ha il diritto di sottomettere altri popoli. Proprio perché la guerra è stata iniziata da Putin e dai suo fedelissimi sulla base di queste idee, sono pessimista sulle prospettive di una tregua o di un accordo di pace. Il presidente russo non vuole la pace e la guerra non finirà finché è al potere questo regime. Può esserci una pausa nelle ostilità, ma dopo un po’ riprenderebbero. Per ora, Mosca non ha le forze per attaccare un alto Paese, ma Europa e Stati Uniti devono fare di tutto per aiutare l’Ucraina.
- La censura, però, non sembra funzionare molto sul cinema: il suo film è stato un campione di incassi in Russia con 28 milioni di dollari di incasso. Come spiega questo successo di pubblico?
Il successo di un film non ha un significato politico: la gente va al cinema per le emozioni che prova davanti al grande schermo non per farne un manifesto. Il Maestro e Margherita credo abbia toccato il pubblico russo a diversi livelli. Non c’è solo il fatto che la storia della libertà dell’uomo è eterna e universale, ma anche che il film è stato percepito come una ventata di aria fresca in un sistema oppressivo.
La storia è quella di un eroe che da solo si batte per i suoi principi in un mondo orribile e credo che ci sia un gran numero di persone in Russia che oggi si sente così: sono contrarie a quello che succede ma non hanno la possibilità, la capacità di dirlo. Penso che molti guadando il film si siano sentiti meno soli. Mentre in altri ambiti, come la scuola e la tv, la propaganda lavora in modo molto potente, per ora il cinema sembra meno toccato: nonostante in molti registi ci stiano provando, non abbiamo ancora un cantore ufficiale della Russia di Putin come fu Leni Riefenshtal per la Germania di Hitler.
- Lei si è espresso contro la guerra e ne ha pagato le conseguenze. Quanto è importante che un artista oggi si schieri?
Penso che un artista, in quanto persona che si occupa principalmente di cosa è la vita, debba sempre prendere una posizione politica, se non vuole fare semplicemente arte decorativa o di intrattenimento. Non penso che un artista debba essere un politico, ma penso che non possa stare fuori dalla politica, perché un lavoro artistico rappresenta sempre un insieme di valori. In questo senso, un artista non può pensare che il male non esista e non non può non indicarlo. Credo che la vera arte si realizzi solo in una situazione in cui c’è una chiara posizione morale.
Capisco che in Russia non tutti possono permettersi di emigrare, non tutti possono esprimersi e prendono così altre strade ma avere una posizione chiara dentro di sé credo sia assolutamente necessario. La Russia è una società atomizzata e rassegnata alla repressione ma sono certo che un giorno, non so dire quando, sarà parte del mondo civilizzato. Prima, però, dovrà passare per un processo interno simile a quello che ha fatto la Germania nel secondo dopo guerra.
- Lei è nato negli Usa, ma cresciuto in Unione Sovietica. Cosa direbbe a chi paragona gli Stati Uniti del secondo mandato di Trump, con la sua escalation di autoritarismo e retorica violenta, alla Russia di Putin?
Direi che così fanno il gioco del Cremlino. Bisogna contrastare la tendenza a paragonare i problemi di Usa ed Europa con quelli che caratterizzano le dittature, non importa se si tratti di Iran, Russia o dell’Italia di Mussolini. Stati Uniti ed Europa sono democrazie e le democrazie sono ‘messy’, incasinate. Personalmente sono contro la politica migratoria di Trump, ma per ora il dibattito e le iniziative politiche si collocano all’interno di un quadro democratico anche se certamente la violenza non è normale. La propaganda russa presenta la situazione in Occidente dicendo “se da loro tutto è terribile, allora da noi non è poi così male…”, ma questo paragone è molto pericoloso, perché vuole convincerci che non ci sia differenza tra democrazie e dittature.