AGI - Gli Emirati Arabi Uniti hanno raggiunto un accordo con Israele per consentire la consegna di “aiuti umanitari urgenti” alla Striscia di Gaza, attualmente sotto assedio. Lo ha annunciato mercoledì l’agenzia di stampa statale emiratina WAM. Israele è sottoposto a una forte pressione internazionale affinché permetta l'ingresso di aiuti, dove – secondo le organizzazioni umanitarie – il blocco totale imposto il 2 marzo ha provocato gravi carenze di cibo e medicinali.
Secondo le autorità israeliane, martedì sono entrati nella Striscia 93 camion carichi di aiuti. Tuttavia, le Nazioni Unite hanno riferito che i convogli sono stati rallentati o bloccati.
Sheikh Abdullah bin Zayed, vice-premier e ministro degli Esteri degli Emirati, ha avuto una conversazione telefonica con il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar, dalla quale è scaturito l’accordo per permettere l’ingresso di aiuti urgenti da parte degli Emirati Arabi Uniti.
"Il supporto iniziale coprirà le necessità alimentari di circa 15.000 civili nella Striscia di Gaza", si legge nella dichiarazione pubblicata dall’agenzia WAM. L’iniziativa fornirà "beni essenziali per sostenere l’attività dei forni nella Striscia, oltre a prodotti fondamentali per la cura dei neonati, garantendo una fornitura continuativa per rispondere ai bisogni umanitari della popolazione", aggiunge la nota.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato questa settimana che è necessario prevenire una carestia a Gaza per “ragioni pratiche e diplomatiche”, dopo l’annuncio da parte del governo di un’apertura limitata agli aiuti umanitari.
Msf: "Aiuti insufficienti"
Gli aiuti che Israele lascia entrare a Gaza sono solo "una cortina fumogena". È il durissimo giudizio di Medici senza frontiere (Msf) sulla ripresa dei convogli umanitari nella Striscia. Si tratta di aiuti "ridicolmente insufficienti" davanti ai bisogni reali, ha sottolineato Pascale Coissard, coordinatrice di Msf a Khan Younis, e servono solo a evitare a Israele l'accusa di "affamare la popolazione".
Il piano "è un modo per strumentalizzare gli aiuti, trasformandoli in uno strumento per servire gli obiettivi militari delle forze israeliane", ha aggiunto.
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