AGI - Il Medio Oriente, e in particolare Gaza, sono sempre stati al centro dei pensieri di Papa Francesco. Nel suo ultimo messaggio ieri, in occasione della Pasqua, il pontefice aveva denunciato le "sofferenze" di israeliani e palestinesi, condannando "la drammatica e ignobile situazione umanitaria" nella Striscia.
Di nuovo era tornato a chiedere, come tante e tante altre volte prima, "il cessate il fuoco, si liberino gli ostaggi e si presti aiuto alla gente, che ha fame e che aspira a un futuro di pace". Le sue telefonate a padre Gabriel Romanelli a Gaza sono continuate puntuali fino all'ultimo, come succedeva dal 9 ottobre 2023, 48 ore dopo il massacro di Hamas in Israele e l'inizio dei bombardamenti sull'enclave costiera.
Il pontefice chiamava per informarsi sulle condizioni di vita delle centinaia di persone, cristiane e musulmane, che si erano rifugiate tra le mura del collegio e della parrocchia della Sacra Famiglia di Gaza. È solo una delle testimonianze della sua forte vicinanza al dramma dei palestinesi della Striscia: gli orrori vissuti dalla popolazione civile, e dai bambini in particolare, sono sempre stati centrali nei suoi appelli alla pace e nelle sue preghiere. Così come grande attenzione ha sempre dato alla tragedia degli ostaggi nelle mani di Hamas e Jihad Islamica. In oltre un anno e mezzo ha incontrato più volte i parenti dei rapiti e anche un gruppo di ostaggi liberati.
In questi diciotto mesi il pontefice ha rivolto innumerevoli appelli per la fine della guerra, chiedendo incessantemente di portare avanti negoziati per un cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi e l'ingresso di aiuti umanitari, sempre con la soluzione dei due Stati in mente. Della necessità di una "pace duratura in Medio Oriente" aveva parlato con l'allora presidente Usa Joe Biden, con il leader turco Recep Tayyip Erdogan, con il capo di Stato israeliano Isaac Herzog e il leader dell'Autorità nazionale palestinese Abu Mazen.
Un 'attivismo' compassionevole che non lo ha salvato dalle critiche delle autorità israeliane. Lo scontro più duro è avvenuto lo scorso novembre quando sono stati anticipati alcuni brani del suo nuovo libro per il Giubileo, 'La speranza non delude mai. Pellegrini verso un mondo migliore'. Nel testo, Francesco riferiva che "a detta di alcuni esperti, ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio" e invitava a "indagare con attenzione" per appurare se fosse vero o meno.
Parole che avevano sollevato la reazione indignata dell'ambasciata di Israele presso la Santa Sede, della Conferenza dei rabbini europei, del ministero degli Esteri, fino alle accuse di "calunnia sanguinaria" rivolte da ministro della Diaspora, Amichai Chikli. Di nuovo, alla fine di marzo, dopo la rottura della tregua da parte di Israele, il pontefice si era detto "addolorato per la ripresa di pesanti bombardamenti israeliani sulla Striscia di Gaza con così tanti morti e feriti" e aveva denunciato la "crudeltà".
"Chiedo che tacciano subito le armi", aveva esortato, sottolineando anche l'accesso a Gaza negato dalle autorità israeliane al Patriarca di Gerusalemme dei Latini, il cardinale Pierluigi Pizzaballa. Il ministro degli Esteri Israel Katz aveva risposto accusandolo di "ignorare la crudeltà di Hamas".
"Le dichiarazioni del Papa sono particolarmente deludenti perché sono scollegate dal contesto reale e fattuale della lotta di Israele contro il terrorismo jihadista", aveva aggiunto il capo della diplomazia. Alla sua morte, messaggi di profondo cordoglio sono arrivati da tutta la regione mediorientale, da Herzog che ha celebrato "un uomo di profonda fede e infinita compassione" ad Abu Mazen che ha ricordato "l'amico fedele del popolo palestinese".