AGI - Il suo non è stato, per mutuare il titolo di un libro, un viaggio nella sofferenza. Non abbiamo assistito al progredire di un Parkinson, innestatosi sui postumi di un attentato e aggravato dall’incedere del laringospasmo, come per Giovanni Paolo. Né si è spento come una candela, lontano dagli occhi, come Benedetto. Per Francesco – e questa volta usiamo parole sue – si è trattato semmai per anni di vedersi venire davanti la morte, ma senza che si verificasse l’incontro. Dice Seneca che ci vuole tutta la vita per imparare a morire; Bergoglio ha appreso l’arte un po’ alla volta.
Segnali precoci e preparazione
Uno dei papi più longevi della storia, ha avuto modo di riflettere e prepararsi, perché i segnali hanno iniziato a presentarglisi presto, persino in un’età in cui a tutto si pensa meno che alla salute malferma. Non era nemmeno sacerdote che già finiva sotto i ferri, e la cosa gli sarebbe stata quasi rinfacciata in un momento per altri quanto mai opportuno. Ma anche dopo il conclave del 2013, da cui uscì papa dopo esservi entrato da cardinale, Sora nostra Morte corporale più e più volte gli ricordò che da essa nullo homo vivente po’ scappare: ti viene davanti, prima o poi t’incontra.
L'intervento al colon del 2021
Così a sorpresa, il 4 luglio 2021, dopo aver condotto normalmente in piazza San Pietro l’Angelus domenicale, Papa Francesco si recò al Gemelli per un intervento chirurgico programmato per una stenosi diverticolare sintomatica del colon. Come tutte le diagnosi mediche, l’immediata comprensione del referto risulta quanto mai complessa. Vuol dire che c’era un diverticolo in un punto particolarmente delicato dell’intestino. Anestesia totale, dieci giorni di degenza. Prima di andarsene, il Pontefice lodò il sistema sanitario nazionale italiano, anche se con il Gemelli c’entrava assai poco.
Problemi respiratori e pregiudizi
Ma Papa Bergoglio, per l’appunto, soffriva da sempre di problemi respiratori. Da giovane gli fu asportato un pezzo di polmone destro, e la cosa pare fosse ingigantita a suo danno all’interno del conclave che poi, comunque, lo elesse. Ma solo dopo che lui stesso, di fronte ai cardinali, aveva precisato il vero stato delle cose. Aveva, all’epoca dell’intervento, 21 anni e venne colpito da una grave forma di polmonite. Non si curava molto con gli antibiotici, in quei giorni, era il 1957. Anche per questo motivo, i vaticanisti lo avevano escluso dalla lista dei papabili durante il conclave della sua elezione, nel 2013. E lui, in una delle innumerevoli interviste concesse dopo la fine di quel conclave, dichiarò come a voler mettere le cose in chiaro: “per quell’intervento non ho mai sentito alcun tipo di limitazione alle mie attività”.
Bronchite, ricadute e silenzi
Nel marzo del 2023 venne ricoverato nuovamente, all’improvviso, al Policlinico Gemelli, uscendone appena in tempo per presiedere le celebrazioni della Settimana Santa. Diagnosi: bronchite infettiva. Il Pontefice lascia l’ospedale l’1 aprile e prima di tornare in Vaticano dice ai cronisti: “Sono ancora vivo, non ho avuto paura”. L’appuntamento non si è materializzato, anche se si tratta di qualcosa di più complicato di quando, anni addietro, dopo il Mercoledì delle Ceneri all’Aventino, fu costretto da un raffreddore ad annullare un impegno nella basilica paleocristiana di Santa Sabina all’Aventino.
Un corpo stanco, una voce più flebile
Bronchite e influenza: a fine novembre 2023, poi a gennaio 2024, poi ancora un mese dopo. Due TAC definite, da chi lo segue da vicino, total body.
Si riprende, ma la voce è affaticata. Iniziano ad affiorare chiari segni del tempo che passa: non è solo la sedia a rotelle – che lui definisce erede della sedia gestatoria dei suoi predecessori preconciliari – o la gonalgia. È lo sguardo che inizia a farsi, di quando in quando, meno attento; è il monsignore che gli sta accanto che viene chiamato all’ultimo momento a leggerne i discorsi; è lo stesso monsignore che, a una Domenica delle Palme, gli porge gli occhiali per leggere l’omelia e lui li rifiuta, non legge il testo, lascia 60.000 pellegrini in attesa delle sue parole in un silenzio che, da raccoglimento, diviene di stupore nei presenti, per non dire preoccupazione.
Tra sfida e testimonianza
A questi momenti Bergoglio alterna atteggiamenti che verrebbe da definire di sfida: sempre nel marzo del 2024 si reca a visitare una parrocchia romana e non solo pronuncia l’omelia, ma parla con i fedeli, l’assemblea, si siede in confessionale ad amministrare il sacramento della riconciliazione a uno, due, tre, decine di persone. La confessione, ha sempre ripetuto, è atto di amore e misericordia: guai a giudicare, guai a cacciare. Chi cerca Dio e ammette i suoi errori non può restare senza risposta.
Un Papa in viaggio nonostante tutto
Nel giugno precedente, e sulle spalle ha altri tre giorni di ricovero per un’occlusione intestinale, ha reagito all’acciacco andando in Portogallo, Mongolia e Francia. Ugualmente, dopo il silenzio in Piazza San Pietro, programma e progetta visite e ambiziosi pellegrinaggi pastorali. Ne mette in cantiere, addirittura, uno che lo porterà in Polinesia, Papua Nuova Guinea, Vietnam. Tutto in due settimane scarse; unica concessione alla salute: un programma di appuntamenti meno intenso del solito, qualche pausa di acclimatamento in più (intanto, però, ha dovuto rinunciare ad andare a Dubai, per una conferenza internazionale sul clima).
Simboli della vecchiaia, forza della fede
Del resto è abituato ormai a salire e scendere dagli aerei su una sorta di montacarichi, lui e la sua sedia a rotelle. Il ginocchio che duole non impedisce di governare la Chiesa, anche se certo rende il tutto meno piacevole. Lo hanno visto, nel corso degli anni, passare da una discreta camminata a un incedere più incerto, a un bastone con treppiede a, infine, quello che è nel poco rispettoso immaginario popolare il simbolo della terza età. Prima saltuariamente, poi sempre più spesso, poi sempre: se c’è un simbolo dell’ultimo scorcio di questo pontificato, probabilmente è la sedia a rotelle.
Il rischio più grande: perdere la voce
La cosa non impedisce di governare la Chiesa, si è detto, e allora per un Papa, che indica la via a milioni di persone ogni giorno, è assai più grave perdere l’uso della parola. È qui che la bronchite fa il suo maledetto mestiere, nel senso che indebolisce una voce che invece vorrebbe ancora farsi sentire, dall’Ucraina all’Amazzonia. Ma poi arriva Nostra Sorella, e tu che ti chiami Francesco non puoi che ringraziarne Dio, perché ti sei preparato. Laudato Si’.