AGI - L'antico sito greco di Anthedon a Gaza è stato bombardato, il suo "Palazzo di Napoleone" distrutto e l'unico museo privato bruciato: la guerra ha messo a dura prova il ricco patrimonio culturale del territorio palestinese. Ma per uno strano scherzo del destino, alcuni dei suoi più grandi tesori storici sono al sicuro in un magazzino in Svizzera. E, per assurdo, è tutto merito del blocco che ha reso la vita nella Striscia di Gaza così difficile negli ultimi 16 anni.
Sulla base delle immagini satellitari, l'organizzazione culturale delle Nazioni Unite stima che circa 41 siti storici siano stati danneggiati da quando Israele ha iniziato i bombardamenti in risposta all'attacco terroristico di Hamas. Sul posto, l'archeologo palestinese Fadel al-Otol tiene sotto controllo la distruzione in tempo reale. Quando ha elettricità e accesso a Internet, le foto si riversano in un gruppo WhatsApp che ha creato con circa 40 giovani coetanei mobilitati per vigilare sulla vasta gamma di siti e monumenti antichi del territorio. Da adolescente, negli anni '90, Otol è stato assunto dalle missioni archeologiche europee prima di proseguire gli studi in Svizzera e al Museo del Louvre a Parigi.
"Tutti i resti archeologici nel nord sono stati colpiti", ha detto all'AFP al telefono da Gaza. "Blakhiya (l'antica città greca di Anthedon) è stata bombardata direttamente. C’è un buco enorme", ha detto Otol. Il palazzo Al-Basha del XIII secolo, nel centro storico di Gaza City, "è stato completamente distrutto. Ci sono stati bombardamenti e (poi) è stato raso al suolo. "Conteneva centinaia di oggetti antichi e magnifici sarcofagi", ha aggiunto Otol condividendo le foto recenti delle rovine.
Si dice che Napoleone si fosse stabilito nell'edificio in pietra ocra alla fine disastrosa della sua campagna d'Egitto nel 1799. La stanza dove presumibilmente dormiva l'imperatore francese era piena di manufatti bizantini. "I nostri migliori reperti sono stati esposti nel Basha", ha detto all'AFP Jean-Baptiste Humbert della Scuola Biblica e Archeologica Francese di Gerusalemme (EBAF). La tensione è salita quando il direttore delle Antichità israeliane, Eli Escusido, ha pubblicato un video su Instagram che mostrava i soldati israeliani circondati da vasi e ceramiche antiche nel magazzino dell'EBAF a Gaza City. I palestinesi hanno subito accusato l'esercito di saccheggio. Ma l'archeologo dell'EBAF Rene Elter ha detto di non aver visto alcuna prova di "saccheggio statale". "I miei colleghi sono riusciti a tornare sul posto. I soldati hanno aperto le scatole. Non sappiamo se hanno preso qualcosa", ha detto all'AFP. L'archeologia è una questione altamente politica in Israele e nei territori palestinesi, con scoperte spesso utilizzate per giustificare le rivendicazioni dei due popoli in guerra.
Unico porto naturale riparato tra il Sinai e il Libano, Gaza è stata per secoli un crocevia di civiltà. Punto di snodo tra l'Africa e l'Asia e snodo del commercio dell'incenso, era ambito da egiziani, persiani, greci, romani e ottomani. Una figura chiave nello scavo di questo glorioso passato negli ultimi decenni è stata Jawdat Khoudary, un magnate edile e collezionista di Gaza.
Gaza, con i suoi "immobili fronte mare", ha vissuto un boom immobiliare negli anni '90 dopo gli accordi di pace di Oslo e la creazione dell’Autorità Palestinese. Quando gli operai scavarono il terreno, si imbatterono in tantissimi oggetti antichi. Khoudary ha accumulato un tesoro di manufatti che ha aperto agli archeologi stranieri. Marc-Andre' Haldimann, allora curatore del MAH, il museo d'arte e di storia di Ginevra, non poteva credere ai suoi occhi quando fu invitato a dare un'occhiata al giardino della villa di Khoudary nel 2004. "Ci siamo trovati di fronte a 4.000 oggetti, tra cui un viale di colonne bizantine", ha detto all'AFP. Ben presto ha preso forma l'idea di organizzare una grande mostra per evidenziare il passato di Gaza presso il MAH, e poi di costruire un museo nel territorio stesso in modo che i palestinesi potessero appropriarsi del proprio patrimonio.