Dai test di massa a misure mirate, fino alla proposta di introdurre un Qr code riconosciuto internazionalmente. Mentre la seconda ondata di contagi da Covid-19 si abbatte su molti Paesi occidentali, la Cina manifesta ottimismo sulla possibilità di evitare il ritorno dell’epidemia con l’arrivo della stagione invernale e delle festività del capodanno lunare, in cui si spostano all’interno del Paese centinaia di milioni di persone ogni anno.
Gli alimenti surgelati sono oggi nel mirino delle preoccupazioni per una lieve ripresa dei contagi sviluppatisi internamente, anche se mancano prove del contagio dal consumo di questi prodotti. Dai dati ufficiali, la Cina è riuscita a contenere l’epidemia, nonostante il verificarsi di alcuni focolai nel Paese: nell’ultimo mese, però, si è manifestato un aumento di infezioni sviluppatesi localmente, che di recente ha coinvolto anche grandi città, come Shanghai e Tianjin.
L’aeroporto di Pudong, a Shanghai, ha sospeso cinquecento voli nella giornata di ieri, dopo l’emergere di alcuni contagi collegati ai dipendenti dello scalo, mentre a Tianjin sono stati effettuati circa due milioni e mezzo di tamponi in pochi giorni dopo l’identificazione di un piccolo focolaio (otto casi) nell’area portuale di Binhai. Secondo calcoli presentati oggi, negli ultimi trenta giorni si sono verificati 98 contagi da Covid-19 sviluppatisi internamente in Cina, sette volte e mezzo in più di quelli rilevati nei trenta giorni precedenti.
“Nonostante le difficoltà, la Cina ritiene di potere prevenire un’altra ondata di epidemia in inverno”, ha dichiarato il capo epidemiologo del Centro per la prevenzione e il Controllo delle Malattie cinese, Wu Zunyou, promettendo “misure mirate” contro l’eventualità di una ripresa del contagio da Covid-19. Per contrastare il ritorno dell’epidemia, la ricetta della Cina si compone di un uso combinato di test rapidi ed estesi (come avvenuto il mese scorso a Qingdao, dopo un focolaio in un ospedale) e della quarantena, ma soprattutto farà leva sul rispetto della leadership. “Siamo uniti come nazione nelle misure contro il virus”, ha scandito il funzionario di Pechino.
Il problema dei surgelati
Le autorità di Pechino escludono finora che si siano verificati contagi dal consumo diretto di prodotti alimentari surgelati provenienti dall’estero. Mi Feng, portavoce della Commissione Nazionale per la Sanità, l’ente che ogni giorno fornisce i dati sul numero di nuovi contagi, ha puntualizzato che sono aumentate le importazioni di prodotti surgelati, anche se non ci sono riscontri di infezioni provocate dal contatto con questo tipo di generi alimentari.
Il mese scorso, la Cina è stato il primo Paese a dichiarare di avere isolato il virus vivo sull’imballaggio esterno di un prodotto surgelato, il merluzzo, al porto di Qingdao, e ha confermato che il virus rilevato sul packaging può provocare infezioni. Fino ad allora un caso analogo era avvenuto in Nuova Zelanda, dove il dipendente di un gruppo di prodotti surgelati ha contratto il Covid-19, anche se gli esperti tendevano a escludere il contagio attraverso il contatto con questi prodotti.
Il QR code per i viaggi
La proposta per la ripresa dei viaggi a livello globale formulata dal presidente cinese, Xi Jinping, allo scorso summit del G20 è stata quella di istituire un Qr code accettato a livello internazionale, e basato sui risultati dei tamponi. Con il nuovo codice, è l’idea di fondo, si potrebbero istituire “fast track” per i viaggiatori e rendere più fluide le attività d’affari a livello internazionale.
La proposta non è dissimile da quanto già avviene in Cina, dove una app sanitaria attribuisce ai cittadini un codice verde (l’unico che permette di circolare liberamente), giallo (molte limitazioni) o rosso (quarantena in isolamento) in base alla contrazione del virus o all'esposizione con persone che lo hanno contratto. Il Qr code globale, però, per i difensori dei diritti umani, rischia di creare esclusioni e di potere essere esteso a un’operazione di controllo più generale.
Inoltre, la nuova tecnologia potrebbe generare perplessità in occidente, sia in tema di privacy sia per quanto riguarda l’uso di un sistema in coordinamento con Pechino, dopo anni di dubbi sui giganti della tecnologia cinese, come i colossi delle telecomunicazioni Huawei e Zte, sanzionati dagli Stati Uniti, e app come TikTok, nel mirino dei timori di sicurezza nazionale di Washington.