Sequestri massicci di materiale illegale, un divieto che immancabilmente alimenta il mercato clandestino sostenuto dalla domanda di chi, avendo avuto la possibilità di viaggiare, si è imbattuto in questa gioia proibita del palato: l’America scopre il fascino proibitissimo dell’ovetto Kinder. Più precisamente: del Kinder Sorpresa, il più classico nel suo genere, essendo nato negli anni ’70 del secolo passato e da allora finito nelle mani, spesso caldicce e sporcaccine, di milioni di bambini, che in bocca, comunque, se lo sono infilato lo stesso, e senza fare troppe storie. E pazienza se era mezzo sciolto.
Lo scopre, l’America, ma lo mette anche fuori legge, perché negli anni in cui cessava il Proibizionismo degli alcolici venivano gettate le basi dell’ostracismo dell’ovetto. Era il 1938: Franklyn Delano Roosevelt guidava il Paese nel New Deal, lasciava che il whiskey scorresse di nuovo nelle gole dei suoi elettori ma contemporaneamente varava una delle prime leggi a tutela del consumatore medio.
E vietava la produzione di alimenti che contenessero parti non edibili e oggetti non nutrienti. Un passo verso la cultura della garanzia del cittadino medio, altrimenti esposto agli abusi del big business, ma ottant’anni dopo quella regola trova perfida applicazione nel negare quello che un’ampia quota dei consumatori medi americani desiderano fortemente.
Il ragionamento della Food and Drugs Administration, l’ente che sovrintende alla qualità del cibo sul territorio degli Stati Uniti, è il seguente: il Kinder Sorpresa ha un involucro innegabilmente edibile, ma dentro contiene un secondo involucro di plastica, ed una sorpresina di plastica anch’essa. Troppa plastica, e per di più nascosta all’interno della parte da mangiare. Via, via: questa roba non può entrare.
Peccato che ci siano decine di migliaia di americani che, insieme all’Europa, dai tempi di Roosevelt abbiano scoperto anche il Kinder Sorpresa: quando erano bambini, e magari il loro papà era di stanza in Germania, o in Italia, al seguito delle truppe della Nato. Insomma, i baby-boomer e quelli venuti nel Vecchio Continente dopo di loro, approfittando di uno scambio universitario o di un’occasione di lavoro.
Il fenomeno ha alimentato un vero e proprio traffico di sostanze proibite come la cioccolata e il latte con dentro la sorpresa, e le autorità doganali fanno sapere di aver sequestrato, nel tempo, ben 160.000 pezzi scovati nelle valigie dei viaggiatori o impacchettati e spediti sotto mentite spoglie, via posta. Centosessantamila ovetti che non si schiuderanno mai aprendosi alla felicità di molti bambini, e altrettanti che bambini non lo sono più.
A questo punto la Ferrero ha avviato le esportazioni oltreoceano di un nuovo prodotto, il Kinder Joy, inizialmente pensato per quelle latitudini in cui il caldo fonde la cioccolata con troppa facilità. È strutturato in modo tale da non restare invischiato nelle panie della legislazione statunitense: è composto da due metà esterne di plastica, riconoscibili e divisibili. Staccata l’una dall’altra, si toglie a ciascuna una leggera pellicola e spuntano, tenute a distanza di sicurezza, la sorpresa e la cioccolata al latte. Rigorosamente interpellata dal Wall Street Journal (a riprova della delicatezza della faccenda), la Ferrero ha precisato che il Kinder Joy rispetta fino in fondo le normative americane, e che non c’è mai stato da parte sua il tentativo di commercializzare il Kinder Sorpresa negli Usa.
L’introduzione nel marcato americano del Kinder Joy però pare nono aver risolto il problema: gli estimatori del Sorpresa, infatti, sono esigenti, e contestano che il nuovo arrivato ha ben poco a che fare con il prototipo: quest’ultimo è un uovo di cioccolato, il primo due vaschette con della cioccolata al latte. No, non è la stessa cosa, sostengono quelli del blog “Free the Egg”, fondato diversi anni da una mamma della Florida, che ha anche lanciato una petizione da presentare al Congresso.Intanto pare che qualche ovetto old style sia stato offerto sottobanco ad alcuni negozi di dolci del New England. I quali assicurano di aver respinto l’offerta, anche se siamo sotto Pasqua.