Preferisco morire piuttosto che cambiare le regole sul celibato dei sacerdoti: lo disse un giorno Giovanni Paolo II, oggi Francesco lo ha ripetuto in quello che è il punto focale di un libretto di 88 pagine, dalla copertina verde e dal titolo in spagnolo, "Querida Amazonia". Un "Cara Amazonia" che sa di lettera al cuore verde e azzurro del Pianeta, quasi una lettera d'amore scritta nella lingua dei colonizzatori di tanta parte del Sudamerica, ma che ora è divenuta tutt'uno con la sua cultura e la sua natura. Molte le immagini poetiche, persino quella di una foresta che si trasforma in "una danza di delfini ed anaconda". Molti anche gli spunti che sembrano ispirati dalla rabbia.
L'Amazzonia è sull'orlo dell'abisso, i suoi popoli, gli indios, lanciano un "grido di schiavitù e di abbandono, che invoca la libertà". "Bisogna indignarsi", scrive il Papa rievocando la cacciata dei mercanti dal Tempio, "i più potenti non si accontentano mai dei profitti che ottengono, e le risorse del potere economico si accrescono di molto con lo sviluppo scientifico e tecnologico".
Si tratta degli interessi, nazionali ed internazionali, che muovono "poche imprese" pronte a calpestare il bene dell'umanità, e che agiscono nel campo delle risorse minerarie, dello sfruttamento del legname. E non si dimentichi che il loro potere corruttivo è enorme: nei gangli dello Stato come in quelli della Chiesa. Anzi, ci sono sacerdoti che sono divenuti parte di questa "rete di corruzione" in cambio di elargizioni "per le opere ecclesiali". Oggi no, ma altre volte Bergoglio ha definito il denaro frutto della corruzione vero e proprio pane avvelenato.
In Amazzonia questo vuol dire calpestare la cultura e gli stessi diritti umani degli indios: cacciarli, togliere loro l'aria, privatizzare l'acqua che invece è un bene comune invece di imparare da loro a coniugare progresso scientifico, avanzamento economico e visione complessiva di un essere umano inserito nell'armonia del Creato. Loro sono capaci, li si ascolti. Li si ascolti, dice il Papa, per la loro antica saggezza, per il loro poterci insegnare che tutto si tiene, ed esiste una vera armonia con il Creato. Soprattutto "non è ammissibile, di fronte ai poveri e ai dimenticati dell'Amazzonia, una disciplina che escluda ed allontani, perché in questo modo essi alla fine sono scartati da una Chiesa trasformata in dogana". Le conseguenze, su popolazioni costrette a stare anni ed anni senza poter prendere una messa per via del loro isolamento e della scarsezza di ordinati, sarebbero drammatiche.
Emerge allora la necessità, da parte della Chiesa, di una "presenza capillare che è possibile solo attraverso un incisivo protagonismo dei laici". Ecco il nodo centrale. Se per tre mesi, dalla - timida - apertura da parte del sinodo amazzonico di ottobre nei confronti dell'idea di ordinare sacerdoti uomini già sposati, si sono susseguite polemiche ed altolà, Francesco esprime un lungo ragionamento che intende fare chiarezza.
In sostanza: il sacerdozio non è ordinamento "monolitico", ma la sua essenza non è qualcosa che può essere delegata. Un "carattere esclusivo" che "abilita lui solo a celebrare l'Eucaristia" come anche ad esercitare il potere di assolvere dai peccati. Quindi "i laici potranno annunciare la parola, insegnare, organizzare le loro comunità, celebrare alcuni sacramenti, cercare varie espressioni per la pietà popolare". Ma poi basta. Non si può elevarli all'ordinazione sacerdotale, che è altra cosa. Si preghi piuttosto per un rafforzato ruolo dei diaconi ed una rifioritura delle vocazioni, si indirizzino materialmente i giovani vocati verso le foreste più remote, invece di tenerli nelle città e sulle coste. Si formino meglio gli stessi laici, perché siano pronti (pastoralmente, autorevolmente, culturalmente) nel momento in cui le comunità di base avranno bisogno di una guida.
Lo stesso facciano le donne, che finora hanno retto tanta parte di questo peso. Bergoglio si rivolge loro chiedendo che, alla luce della ottima prova data, siano coinvolte nelle decisioni più importanti. Nelle questioni più delicate. Si sono trovate a battezzare, a consolare gli afflitti e i morenti: siano ascoltate e apprezzate per quel che valgono. Ma se il Papa dice no all'ordinazione di laici sposati solo per una questione di caselle da riempire negli organici della Chiesa, ora avverte che la donna non va "clericalizzata". Vale a dire: caricata di funzionalità che ne snaturerebbero il ruolo.
"Questione chiusa" quella del celibato dei sacerdoti, scrive in sostanza l'Osservatore Romano. Quasi un sospiro di sollievo, visto che la faccenda ha sfiorato persino il rapporto personale tra Francesco e Benedetto XVI. Il quale Papa Emerito viene citato diverse volte, nell'esortazione sull'Amazzonia. Ma Giovanni Paolo II viene citato ancor di più, e proprio nelle pagine dedicate al sacerdozio.
Da ieri nelle librerie si trova l'ultimo dei libri intervista che hanno come autore Bergoglio, ed è dedicato a "Giovanni Paolo Magno". Il leit motiv è quello della continuità tra l'insegnamento di Wojtyla e l'azione di Francesco. Un'argomentazione potenzialmente utile ai critici del pontefice attuale.