Le proteste contro la legge sull'estradizione hanno spinto Hong Kong a rinviare il dibattito
La popolazione teme che Pechino potrà perseguitare gli oppositori nell'ex colonia inglese. 72 feriti negli scontri tra polizia e manifestanti

Hong Kong è ancora sotto choc all'indomani delle proteste contro gli emendamenti alla legge sull'estradizione, sfociate in duri scontri con la polizia. L'amministrazione della città semi-autonoma ha deciso di chiudere per il resto della settimana gli uffici governativi. Poche ore più tardi, un comunicato dell'Assemblea legislativa, il parlamento locale, rinviava ulteriormente il dibattito sulla legge che permetterebbe la consegna di fuggitivi anche ai Paesi con cui non è in vigore un trattato di estradizione, come la Cina.
I numeri del caos di ieri parlano di 72 feriti tra i manifestanti, ricoverati in 7 ospedali, e 11 arresti. In totale, 22 agenti sono rimasti feriti dopo le proteste che hanno visto i manifestanti prendere d'assalto il palazzo dell'Assemblea. "Non vedevo da molto tempo scene del genere", ha ammesso il capo della polizia locale, Stephen Lo, che ha respinto le accuse di un eccessivo uso della forza per contenere le proteste.
La polizia ha confermato anche il ricorso a 150 bombole di gas lacrimogeno, quasi il doppio delle 87 utilizzate durante i 79 giorni di proteste pro-democratiche di Occupy Central, alla fine del 2014, e ieri, lo stesso Lo ha confermato anche l'utilizzo di spray al pepe e di proiettili di gomma contro la folla.
Intanto, i manifestanti hanno annunciato per domenica prossima una nuova marcia di protesta contro la proposta di cambiare la legge sull'estradizione, che ieri la stessa leader di Hong Kong, Carrie Lam, ha ammesso essere "controversa", prima di condannare le proteste in un messaggio televisivo.
Da Pechino "forte condanna" per le proposte
"Forte condanna" è arrivata anche da Pechino, dove il portavoce del ministero degli Esteri, Geng Shuang, ha ribadito il sostegno del governo centrale all'amministrazione di Hong Kong e alla proposta di riforma della legge, e ha respinto come "irresponsabili" le critiche provenienti dall'Ue, che in una nota ha difeso la libertà di assemblea e di espressione dei manifestanti di Hong Kong. Più morbido, invece, il giudizio del presidente Usa Donald Trump, che ieri ha auspicato che si possa trovare una soluzione "per la Cina e per Hong Kong".
La situazione rimane tesa nella città semi-autonoma, anche se il day after è trascorso senza eccessivi disordini: chi ha parlato con i media ha lasciato intendere che le proteste potrebbero riprendere qualora si riavviasse il dibattito sulla legge pro-Cina.
Impedire i lavori in parlamento, dove i gruppi pro-Pechino hanno la maggioranza, rimane l'obiettivo chiave dei manifestanti, che comunicano tramite piattaforme di messaggistica dotate di crittografia (come Telegram) e si coprono il volto con mascherine per evitare il riconoscimento facciale. Gli oppositori temono che con il passaggio degli emendamenti, Hong Kong diventerebbe "solo un'altra città cinese", perdendo uno dei suoi maggiori asset, l'indipendenza del proprio sistema giudiziario, che rientra tra le ampie autonomie di cui gode Hong Kong secondo la Basic Law, la legge che regola il rapporto con Pechino dopo la fine dell'era coloniale britannica e il ritorno alla Cina, nel 1997.
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