Cos'è Gab, il social network dell'ultradestra frequentato all'attentatore di Pittsburgh

È una piattaforma statunitense e tra i suoi utenti aveva Robert Bowers, l'uomo che ha sparato a Pittsburgh. Si definisce un alfiere della libertà d'espressione

gab social network 
 (Facebook)
 Gab, social network

In pochi lo avevano sentito nominare prima che cadessero a terra 11 vittime. Gab è un social network statunitense e tra i suoi utenti aveva Robert Bowers, l'uomo che ha sparato a Pittsburgh. La piattaforma non si definisce un social di destra, ma si propone come alfiere della libertà d'espressione.

Cercare uno spazio alternativo a Twitter e Facebook si è tradotto in norme più permissive, che ne hanno fatto un canale accessibile ai suprematisti. Già in passato Gab era stato bersaglio di critiche.

Adesso, dopo la strage, è stato sospeso perché le piattaforme di pagamento e hosting hanno tagliato i loro servizi. Il fondatore, però, non si arrende.

Cos'è Gab

Gab nasce nell'agosto 2016. All'inizio l'accesso era solo su invito. Poche settimane dopo l'esordio, il ceo e fondatore Andrew Torba spiega a BuzzFeed la sua idea. La piattaforma vuole proporsi come alternativa a Facebook e Twitter perché le grandi piattaforme non si limitano a veicolare contenuti ma finiscono con il definire “cos'è una notizia o cosa significa molestia”.

Torba dice che “Gab non è a favore di alcun gruppo, inclinazione politica, razza o religione. Chiunque è il benvenuto”. Sostiene  però che i maggiori social network favoriscano la sinistra. Insomma: al di là delle parole, l'orientamento è chiaro. Non è un caso se, sin dall'inizio dell'attività, arrivano utenti con simpatie di estrema destra.

E non lo è il fatto che voci come quella di Alex Jonessiano state escluse da Twitter e Facebook ma non da Gab. Il social ha le sue linee guida: proibiscono la pubblicazione di minacce violente, contenuti pornografici illegali e dati personali senza il consenso degli utenti. L'intervento della piattaforma, però, è minimo e lascia agli utenti il compito di segnalare eventuali violazioni.

I messaggi antisemiti di Bowers

Qualcosa però nell'autogestione non funziona. Perché Robert Bowers, iscritto da circa un anno, vaneggia su Gab senza essere bloccato: scrive che “gli ebrei sono figli di satana”.

E ancora: “La Hebrew Immigrant Aid Society ama portare invasori che uccidono la nostra gente. Non posso stare a guardare la mia gente essere massacrata”. Il collegamento tra Bowers e Gab ha spinto Paypal e Stripe (due servizi di pagamento) a bloccare la piattaforma. Il colpo di grazia, però, è stato la rinuncia di GoDaddy, che ha smesso di ospitare il social sui propri server.

Gab è stata così obbligata a spegnersi, anche se dice di essere alla ricerca di un nuovo servizio che ne garantisca la permanenza online. Già in passato i grandi gruppi avevano intrapreso azioni simile. Ad agosto Microsoft aveva minacciato di bloccare la fornitura del suo cloud dopo la pubblicazioni di post (poi cancellati) che sostenevano il genocidio degli ebrei.

Apple ha estromesso Gab dall'App Store già nel 2016, a causa di contenuti pornografici e che incitavano all'odio. Google Play ha fatto lo stesso poco dopo.

La reazione di Gab

Rispetto alle grandi piattaforme, i numeri di Gab sono davvero minuzie: 635.000 utenti registrati secondo l'ultimo dato ufficiale comunicato alla Sec. 800.000 secondo un tweet con cui Gab ha provato a difendersi dalle accuse di antisemitismo. Dopo l'attentato, la società ha prima condannato “tutti gli atti di terrorismo e violenza”.

Poi è andata allo scontro con stampa e fornitori che hanno deciso di interrompere ogni rapporto. Ha scritto su Twitter che, secondo alcuni studi, il 6% dei post di Gab contiene “incitamento all'odio”, contro il 3% di Twitter. E chiede sarcastico: “Se scendessimo al 3% ci permetterebbero di esistere?”. Al momento il social è chiuso.

Al suo indirizzo si legge solo un comunicato. Gab dice di aver collaborato alle indagini e si definisce “la startup più censurata della storia” perché sarebbe “una minaccia per i media e per l'oligarchia della Silicon Valley”. Il social però, scrive Torba, “non se ne va”: “Non importa cosa scrivano i giornali, cosa dicano in tv, non importa cosa affermino le nullità su Twitter. Abbiamo un sacco di opzioni, risorse e supporto ed esploreremo ogni possibile via per tenere Gab online, per difendere la libertà di parola di chiunque”.

Le azioni post-attentato non sarebbero un grosso problema. Anzi: sarebbero un vantaggio. “Avete appena fatto di Gab un marchio riconoscibile come la casa della libertà online. Internet non è la realtà, la tv non è la realtà. L'80% delle persone normali è d'accordo con Gab. Quindi per favore – prosegue il comunicato - continuate a puntare il dito contro un social network invece di puntarlo contro il presunto attentatore, l'unico responsabile delle sue azioni. Fate ciò che volete – dice Torba - ma non potete fermare un'idea”.

Creare aggregazione in nome di nemici comuni: in politica ha funzionato spesso, oggi ancor di più. Gab spera funzioni anche per i propri affari.



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