Una vittoria "storica" che va oltre le più rosee aspettative anche del suo stesso partito: è quella incassata dal premier nazionalista indù, Narenda Modi, al termine della maratona di elezioni svoltasi in India tra l'11 aprile e il 19 maggio. Il suo Bharatiya Janata Party (Bjp) ha sbancato le parlamentari in India e si avvia a governare per altri cinque anni con la maggioranza assoluta.
Il risultato ha incenerito le speranze della più celebre dinastia politica indiana, i Nehru-Gandhi, di tornare al potere e ha consegnato a Modi - tra i leader più potenti e divisivi degli ultimi anni - un altro mandato di cinque anni alla guida della più popolosa democrazia del mondo.
Secondo i dati parziali della Commissione elettorale, il Bjp ha conquistato almeno 302 seggi, molto oltre i 272 di cui aveva bisogno per ottenere la maggioranza dei 543 di cui è composta l'Assemblea (il Lok Sabha). Se confermata, si tratterebbe della più ampia percentuale mai ottenuta da un singolo partito dal 1984.
Il principale partito d'opposizione, il Congresso, è fermo a 51 seggi: il suo leader, Raul Gandhi - nipote e pronipote di tre premier - ha addirittura perso nella roccaforte familiare di Amethi, in Uttar Pradesh, conquistata dalla ex star delle soap opera e candidata del Bjp, Smriti Irani.
"Insieme cresciamo, insieme prosperiamo e insieme costruiremo un'India forte e inclusiva. Ancora una volta l'India ha vinto", ha scritto Modi su Twitter, mentre i militanti del Bjp festeggiavano in tutto il Paese. "Grazie India", ha aggiunto il presidente del Bjp, Amith Shah, dal quartier generale del partito, invaso da tamburi, danze e petardi. Shah, un radicale con posizioni fortemente anti-islamiche, è dato come possibile ministro dell'Interno.
Il voto, una maratona durata sei settimane e costata oltre 7 miliardi di dollari, è stato visto come un referendum sulle politiche nazionaliste di Modi. Si pensava a un calo del premier rispetto al 2014 per la crisi economica con la disoccupazione ai massimi da 45 anni, al 6%, e un'agricoltura in grave difficoltà. Le recenti tensioni con l'eterno nemico Pakistan, invece, hanno premiato la linea di Modi basata sulla sicurezza nazionale e su un'aggressiva politica estera, che pare abbia convinto la maggioranza dei 900 milioni di indiani aventi diritto al voto. Proprio dal Pakistan, il premier Imran Khan si è detto impaziente di "lavorare con lui per la pace, il progresso e la prosperità nell'Asia del Sud".
La schiacciante vittoria dei nazionalisti indù ora preoccupa le minoranze, soprattutto i musulmani, che denunciano un aumento di violenze nei loro confronti da quando Modi è al potere. Il numero di deputati musulmani in Parlamento potrebbe scendere ancora dai 24 seggi che controllavano finora, il numero più basso dal 1952.