A che punto è il braccio di ferro sull'estradizione di Cesare Battisti?
L'ex militante dei Proletari Armati per il Comunismo è stato condannato in Italia per quattro omicidi negli anni '70. L'ultima richiesta di estradizione è stata presentata dall'Italia il 25 settembre dello scorso anno

E' il presidente del Brasile che può estradare Cesare Battisti. In questo modo si è espressa, di fronte alla Corte Suprema, la procura generale del Brasile: al presidente, ha detto il magistrato signora Raquel Dodge, spetta la decisione finale sull'estradizione dell'ex terrorista italiano, condannato in patria a quattro ergastoli.
Dodge ha confutato la tesi dell'avvocato difensore di Battisti secondo il quale il decreto firmato dall'ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva, anche quest'ultimo nel mirino della magistratura del gigante latinoamericano, che gli concedeva un visto permanente a Battisti, è "irrevocabile".
L'ex militante dei Proletari Armati per il Comunismo è stato condannato in Italia per quattro omicidi negli anni '70. L'ultima richiesta di estradizione è stata presentata dall'Italia il 25 settembre dello scorso anno. Il 24 ottobre la Corte Suprema chiamata a decidere ha rinviato sine die una sentenza per ragioni tecniche, dopo che il 4 ottobre Battisti era stato arrestato al confine con la Bolivia.
Battisti, oggi 63enne, vive nello Stato di San Paolo con un braccialetto elettronico in attesa della decisione sentenza per l'accusa di traffico di valuta con cui venne fermato lo scorso ottobre al confine con la Bolivia. Della decisione della Corte Suprema sull'estradizione, al momento non sono emersi novità da quel tribunale.
Nel 2009 i giudici si espressero a favore dell'estradizione ma lasciarono la scelta finale al presidente Inacio Lula da Silva - condannato poi per corruzione - che nel 2010, nel suo ultimo giorno di mandato, scelse di non riconsegnare Battisti alla giustizia italiana e rilasciò all'ex terrorista un visto permanente. Fu Temer, che nel corso della sua campagna elettorale per le presidenziali aveva promesso di cacciare l'ex terrorista, a revocargli lo status di rifugiato dando ordine di estradarlo in Italia. Ma la faccenda si era arenata in un estenuante braccio di ferro all'interno della Corte suprema.
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