Pechino, 28 mag.- Il Consiglio di Stato torna a richiamare le amministrazioni locali: "Per prevenire efficacemente rischi finanziari e fiscali e per mantenere lo sviluppo economico e la stabilità sociale è necessario aumentare i controlli sui 'veicoli finanziari' locali – si legge in un comunicato pubblicato sul sito del governo – il Consiglio di Stato richiede pertanto ai governi locali di controllare al meglio tali strumenti e domanda alle banche di restringere i prestiti". Al centro del richiamo ci sono, ancora una volta, le LIC, un acronimo che sta per Local Investment Companies: di che cosa si tratta? Per comprenderlo, è necessario fare un passo indietro. L'ormai celeberrimo stimulus package da 4mila miliardi di yuan è stato varato dal governo centrale per fronteggiare la crisi globale nel novembre 2008, con scadenza alla fine del 2010. Attenzione però: solo 1180 miliardi sono forniti effettivamente da Pechino, mentre il resto ricade sulle spalle di governi locali come province, contee, municipalità, eccetera. Il pacchetto straordinario, inoltre, è solo parte di una più ampia rete di misure economiche che era stata prevista prima dello scoppio della crisi, e che ammonta a circa 20mila miliardi di yuan. Come stanno facendo i governi locali, molti dei quali si trovano in situazione di deficit e che per legge non possono raccogliere finanziamenti oltre un certo limite? La norma è stata aggirata con la creazione delle Local Investment Companies: si tratta di agenzie semipubbliche i cui rappresentanti sono quasi sempre gli stessi funzionari che guidano l'ente locale. Una volta costituita la propria LIC, il governo locale emette dei bond o si presenta alle banche fornendo come garanzia il più importante asset in suo possesso: la terra, che, notoriamente, in Cina è proprietà dello Stato. Anche se nell'ultimo periodo il National Audit Office, i revisori dei conti, ha lanciato ispezioni a tappeto per constatare l'effettiva entità dei debiti contratti con questo sistema dalle amministrazioni locali, al momento nessuno è in grado di affermare con certezza quanti fondi siano stati ottenuti con tali veicoli finanziari: la linea ufficiale è che, alla fine dell'anno scorso, ammontassero a 7.4mila miliardi di yuan; il ministero delle finanze sosteneva si fosse giunti a quota 4mila miliardi già alla fine del 2008, ma secondo alcuni studiosi indipendenti come il professor Victor Shih, economista specializzato in questioni cinesi della Northwestern University dell'Illinois, il debito attuale delle amministrazioni locali cinesi ammonta a 11428 miliardi di yuan, che diventeranno 12767 miliardi per la fine del 2011. "Si tratta di una cifra che costituisce circa 7-8 volte le entrate fiscali 2011 e che, sommata alla situazione del governo centrale,ci porta alla conclusione che il rapporto debito/PIL di Pechino sia molto superiore di quanto appaia sulla carta – ha spiegato qualche mese fa Shih nel corso di un forum economico – ritengo infatti che il reale rapporto debito pubblico/PIL della Cina nel 2009 sia stato del 71%, e che nel 2011 raggiungerà facilmente quota 96%, contro stime come quelle del Fondo Monetario Internazionale che non vanno oltre il 22%". Che le stime di Shih corrispondano a verità o meno, da tempo il governo centrale sta prendendo numerose misure per rallentare i prestiti alle LIC, ed evitare così un enorme aumento dei crediti in sofferenza delle banche collegati a progetti infrastrutturali il cui futuro può apparire quantomeno incerto.
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