di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 1 giu. - In Cina entra in vigore da oggi una riforma degna del 'grande timoniere' Mao: il divieto di fumo in pubblico a Pechino. In ristoranti, uffici e su autobus e metropolitana le sigarette saranno tassativamente proibite. Un'autentica 'rivoluzione culturale' in un Paese che ha 300 milioni di fumatori e dove oltre 1 milione muore ogni anno per malattie legate al fumo, riferisce la Bbc.
Il divieto di fumo, sulla carta, esiste da anni in Cina. La novita' e' che a Pechino saranno schierati migliaia di ispettori per far rispettare le nuove norme approvate lo scorso novembre. Le multe sono piuttosto salate per il cinese medio: il fumatore colto in fallo paghera' 200 yuan (poco piu' di 29 euro) mentre il proprietario del locale ne dovra' versare 10.000 (1.470 euro).
Bar e ristoranti avvertono i clienti
Spariscono i posacenere dai banconi dei bar e fioccano i cartelli di avvertimento per gli avventori. Da oggi a Pechino non si fuma più nei locali pubblici. La nuova legge contro il fumo indoor, la più severa da a molti anni a questa parte è entrata in vigore, e nei bar delle zone più frequentate della capitale cinese l'aria è cambiata. Dopo diversi divieti mai realmente rispettati, quando non tranquillamente ignorati in un Paese che conta tra i trecento e i 350 milioni di fumatori, da oggi si fa sul serio. Un sito web della municipalità di Pechino permetterà di postare immagini dei trasgressori, dopo una campagna anti-fumo durata settimane sia sui media che nei nuovi luoghi-simbolo di Pechino, come il "Nido d'uccello", lo Stadio Nazionale, icona della Olimpiadi del 2008. "In base alla nuova legge in vigore a Pechino - spiega un cartello affisso all'esterno di un bar di San Li Tun, una della più popolari bar street della capitale cinese - fumare è proibito all'interno di questo locale. Se qualcuno vuole fumare, per favore vada nell'area fumatori all'esterno".
La scena si ripete, identica, anche altrove. Pechino ha dato un taglio netto al fumo indoor. Pochi sono i locali che non hanno ancora preso contromisure adeguate. Il divieto, approvato nel novembre scorso, era stato preceduto, nelle scorse settimane, da un nuova tassa sulle sigarette, per scoraggiare, almeno economicamente, i fumatori. L'aumento del prezzo rimane, però, irrisorio: in molti casi, soprattutto tra le marche più popolari, il costo di un pacchetto è inferiore ai dieci yuan, meno di un euro e mezzo, un cifra accessibile a tutte le tasche. Le multe, invece, sono più salate: si va dai 200 yuan (29,55 euro) per chi viene sorpreso con la sigaretta in mano di fronte a ospedali, scuole, centri sportivi, stazioni della metropolitana o dei mezzi pubblici, fino ai diecimila yuan, 1478 euro, per i gestori di locali che non si adeguano alle nuove norme salutiste di Pechino.
La nuova legge promette un cambio di rotta come non si era mai verificato finora. Presidenti e gli altissimi dirigenti del partito, come Deng Xiaoping, venivano associati alle marche di sigarette che fumavano. Di Xi Jinping non si conoscono vizi particolari, ma la lotta contro il fumo di Pechino trascende la peraltro nobile causa della salute pubblica, rientrando invece nel disegno più ampio del governo cinese di colpire i monopoli. Nei mesi scorsi, la Cctv, la televisione di Stato cinese, aveva annunciato la fine del più antico monopolio di Stato ancora esistente, quello del sale, che aveva resistito per 2600 anni. Prima dell'entrata in vigore della campagna contro il fumo proprio il monopolio del tabacco aveva subito un duro colpo, che ne aveva reciso, almeno in parte, i legami con il governo: l'11 febbraio scorso, il Ministero della Risorse Umane e della Sicurezza Sociale aveva rimosso dalla carica di vice direttore della State Tobacco Monopoly Administration, Li Keming, fratello del primo ministro, Li Keqiang, assegnandolo a un nuovo incarico.
Gli attivisti anti-tabacco hanno accolto la nuova legge con parziale soddisfazione, per la severità con cui promette di colpire i trasgressori e per le tante limitazioni al fumo - come il divieto di pubblicità in ogni forma delle sigarette - ma c'è anche chi nutre scetticismo sul fatto che i nightclub della capitale rispettino il divieto. "Tutto sta nelle mani dei gestori", ha spiegato oggi al China Daily Zhang Jianshu, presidente della Beijing Tobacco Control Association, spiegando che è difficile capire anche dalle nuove normative chi sarà davvero responsabile delle trasgressioni.
01 giugno 2015
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