Di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 10 lug. - La gestione della valuta cinese, lo yuan e i diritti di proprietà intellettuale sono al centro del secondo giorno di colloqui del Dialogo Economico e Strategico tra Cina e Stati Uniti che si tiene in questi giorni a Pechino. L'alleanza commerciale tra le due sponde del Pacifico, ha sottolineato il segretario di Stato Usa John Kerry che guida la delegazione statunitense, è "la più grande nella storia dell'umanità ed è destinata a crescere", ma non senza affrontare alcuni ostacoli che elenca nella protezione dei diritti di proprietà intellettuale, nella trasparenza dei processi legislativi e negli standard di conduzione delle operazioni di business tra i gruppi dei due Paesi: gli Stati Uniti lamentano spesso che la Cina non conduca il proprio business secondo le regole internazionali.
L'ostacolo più sentito rimane, però, lo yuan che Washington ritiene sottovalutato rispetto al dollaro, al punto di concedere a Pechino un vantaggio commerciale ingiusto nei confronti dei concorrenti statunitensi. Il segretario al Tesoro Jacob Lew se ne era lamentato di recente con il vice premier Wang Yang a cui aveva chiesto alla Cina di accelerare il processo di liberalizzazione della valuta cinese. Ancora ieri, Lew aveva ribadito che per la Cina la liberalizzazione dello yuan avrebbe rappresentato un "passo cruciale" per la crescita economica del Paese, ma gli appelli americani non trovano in questo momento la disponibilità di ascolto di Pechino. Proprio ieri il ministro delle Finanze, Lou Jiwei, ha affermato che la Cina continuerà a intervenire sulla valuta cinese - che oggi oscilla in una banda di fluttuazione del 2% nei confronti del biglietto verde - perché l'economia è ancora debole e i flussi capitali non sono abbastanza stabili da giustificare un cambiamento di rotta da parte delle autorità centrali. Il vice premier Wang Yang ha poi sottolineato come sia importante, in questo momento, per Pechino, trovare il giusto passo per la liberalizzazione dello yuan, evitando "errori basilari" e ripercussioni negative sulle linee di politica economica del Paese.
I colloqui di questi giorni hanno evidenziato anche altre problematiche di fondo nel rapporto tra i due Paesi, già sollevate ieri dal segretario di Stato Usa, dopo il discorso introduttivo del presidente cinese Xi Jinping. Xi aveva sottolineato l'importanza per le due sponde del Pacifico di evitare il confronto diretto, e aveva chiesto agli Usa di "trattenersi dall'imporre la propria visione" sulle dispute in corso nei mari della Cina. Kerry aveva definito "inaccettabile" il tentativo di Pechino di imporre un nuovo ordine nel Mare Cinese Meridionale, sfruttando le dispute di sovranità con gli altri Paesi della regione, soprattutto Filippine e Vietnam, e aveva poi sollevato il tema del rispetto dei diritti umani, incentrandosi soprattutto sul rispetto dei valori, religiosi e culturali della popolazioni di Tibet e Xinjiang, nel nord-ovest del Paese. Un passo avanti nella cooperazione tra Washington e Pechino era stato registrato ieri, con il raggiungimento di otto accordi di massima sui cambiamenti climatici e la limitazione di emissioni inquinanti: i rappresentanti dei due Paesi hanno firmato memorandum d'intesa tra gruppi americani e cinesi per lo sviluppo di tecnologie pulite e la condivisione di informazioni e di expertise nel campo della generazione di energia e della ricerca di fonti alternative all'uso dei combustibili fossili.
10 luglio 2014
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