di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 19 dic. - L'ultimo scontro etnico tra forze di polizia cinesi e popolazione uighura nello Xinjiang ha provocato altri sedici morti, domenica scorsa, ridestando l'attenzione sulle tensioni etniche che attraversano la regione autonoma a nord-ovest della Cina. Ancora una volta, la terza da settembre scorso, il fatto è avvenuto nei pressi di Kashgar, all'estremo confine occidentale della regione. Il governo per commentare l'incidente ha definito "terroristi" gli uomini sorpresi dagli agenti di polizia mentre armeggiavano con esplosivi e coltelli. Conti alla mano, se si aggiungono anche gli ultimi sedici morti di domenica scorsa, sono 64 le persone uccise nella città o nelle sue vicinanze dall'inizio di quest'anno: una cifra che fa dell'antica oasi sulla Via della Seta una delle aree più violente della Cina nel 2013.
Nonostante, in via ufficiale, il governo cinese abbia mantenuto la linea dura contro i separatisti uighuri, il quotidiano Global Times, di solito intransigente nel giudizio sulle tensioni etniche che attraversano il Paese, ha pubblicato un editoriale dai toni concilianti a commento della strage di domenica scorsa, e ha parlato dell'importanza di coinvolgere anche la popolazione originaria dello Xinjiang nella sicurezza della regione, per esempio assumendo anche gli uighuri nelle forze dell'ordine. Secondo il tabloid pubblicato dal Quotidiano del Popolo, la Cina deve "conquistare i cuori della gente nelle aree sensibili" e favorire l'inclusione sociale. "Dissolvere l'alienazione -scriveva il quotidiano cinese- è la chiave per la stabilità a lungo termine dello Xinjiang". Ristabilire nella regione autonoma un rapporto di tolleranza, se non proprio di buon vicinato, tra la minoranza uighura -turcofona e musulmana- e la maggioranza cinese han, è fondamentale per Pechino, che intende riportare la sicurezza nella regione autonoma dell'estremo occidente cinese.
Agli occhi del governo centrale, Kashgar -o Kashi, secondo il nome cinese- non è solo sinonimo di scontri a sangue tra han e uighuri. Situata nel cuore dell'Asia centrale al confine con Tagikistan, Kirghizistan, Afghanistan e Pakistan, Kashgar è un crocevia commerciale che attrae sempre più uomini d'affari provenienti dai Paesi vicini. Pechino ha in cantiere progetti importanti per la città. Il 30 novembre scorso, il governo cinese ha approvato la decisione di creare una zona doganale speciale entro il 2015: Kashgar diventerà un'area duty-free, con un nuovo centro commerciale di centomila metri quadrati dove lo shopping sarà riservato ai turisti muniti di biglietto aereo e documenti di viaggio in regola. L'obiettivo è quello di fare della città un hub commerciale dell'Asia centrale. I progetti sono già pronti, e prevedono la costruzione di un'intera area, il Central Economic District, che con i suoi grattacieli e alberghi di lusso diventerà il nuovo cuore cinese di Kashgar, che già oggi attrae commercianti provenienti dai vari "stan" in occasione della Central & South Asia Commodity Fair, giunta quest'anno alla nona edizione.
Il modello di sviluppo non è distante da quello delle Free Trade Zone di Shanghai, istituita ufficialmente il 29 settembre scorso: dal 2010, infatti, Kashgar è stata nominata Zona Economica Speciale, come era successo negli anni Ottanta per Shenzhen e in tempi più recenti per l'isola tropicale di Hainan, che dal 2011 ha un'area duty-free simile a quella che verrà costruita nell'estremo ovest cinese. I grandi progetti per la città saranno finanziati fino al 2015 dal governo centrale attraverso sgravi fiscali e sussidi all'edilizia. Per allora, Kashgar godrà anche di collegamenti ferroviari con Kirghizistan, Uzbekistan e Pakistan. Gli investimenti provenienti da Pechino sono nell’ordine dei miliardi di dollari. La vecchia città islamica, come temono gli uighuri che ci vivono, è destinata a svanire, sostituita dalle post-moderne Development Twin Tower e da grattacieli adibiti a uffici commerciali. Kashgar rimarrà un punto di ritrovo nell'Asia centrale per popoli diversi, ma la facciata non avrà più nulla del fascino antico della località di frontiera. La nuova Kashi sarà perfettamente integrata nella Cina Popolare.
La città è una pedina fondamentale della strategia della "marcia a ovest" della Cina, cara al presidente cinese, come egli stesso ha dimostrato nel suo ultimo viaggio nei Paesi dell'Asia centrale nei mesi scorsi. Di fronte alla platea della Nazarbayev University di Astana, in Kazakistan, Xi aveva inaugurato il concetto di "Nuova Via della Seta" per rinsaldare il rapporto tra Pechino e le repubbliche ex-sovietiche ricche di gas e petrolio. Nessuna ingerenza politica -aveva promesso- con i Paesi attraverso cui passano le condotte che portano l'energia in Cina: piuttosto, una nuova alleanza che passi attraverso la creazione di una "cintura economica" che colleghi Pechino e le capitali dell'Asia centrale. Unico neo, resta proprio il rapporto con lo Xinjiang, strategicamente dislocato nel cuore dell'Asia interna. Se il fattore etnico rimane una mina vagante per il governo centrale, gli interventi economici serviranno a dare un'impronta cinese all'antica oasi, ora pronta a stringere accordi per investimenti e ad accogliere i capitali in arrivo dall'ovest. Della "cintura economica" con l'Asia centrale, Kashgar è candidata a diventare, metaforicamente, la "fibbia" che tiene insieme gli interessi di Pechino con quelli dei Paesi fino a pochi anni fa sotto l'influenza di Mosca.
19 dicembre 2013
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