di Eugenio Buzzetti
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Pechino, 22 set. - E' stato condannato all'ergastolo l'ex segretario del Partito Comunista della metropoli di Chongqing, Bo Xilai. La sentenza e' stata pronunciata questa mattina, alcuni minuti dopo le dieci (le quattro dopo la mezzanotte in Italia) dai giudici della Corte Intermedia del Popolo di Jinan, nella Cina orientale. Il processo nei confronti dell'ex ambizioso leader -caduto in disgrazia lo scorso anno dopo un lungo processo di epurazione- si era tenuto dal 22 al 26 agosto scorso. Bo Xilai oggi sessantaquattrenne e' finito sotto processo per i reati di corruzione, appropriazione indebita e abuso di potere. Oltre alla condanna al carcere a vita, la Corte ha ordinato il sequestro di tutti beni e ha privato Bo dei diritti politici a vita. "Bo Xilai era un
servitore dello Stato -si legge nella sentenza- ha abusato del proprio potere provocando un enorme danno al Paese e al Popolo". A partire da domani, Bo Xilai avra' dieci giorni di tempo per ricorrere in appello, ha poi specificato la Corte.
Prima della rimozione da tutte le cariche, Bo Xilai era uno dei 25
membri dell'Ufficio Politico del PCC ed era candidato a un posto di primo piano nel Comitato Permanente del Politburo, il vertice del potere in Cina. Ingenti le misure di sicurezza messe in atto dalle forze dell'ordine di Jinan, che nella mattinata di oggi hanno sbarrato le strade di accesso al tribunale, come riportano su internet diversi osservatori presenti sul posto. La Corte ha bloccato gli aggiornamenti e i post in arrivo sul suo account Weibo, il popolare sito di social network cinese fino all'uscita della sentenza.
Bo Xilai e' stato condannato al massimo della pena per tutti e tre reati a lui ascritti. La Corte ha rigettato tutti gli argomenti della difesa, comprese le obiezioni sulla validita' della testimonianza della moglie di Bo, Gu Kailai, per stato di infermita' mentale della donna. Durante il processo Bo Xilai si e' sempre dichiarato non colpevole delle accuse a lui ascritte, anche se in un due occasioni ha ammesso le proprie responsabilita' per alcune decisioni prese. L'ex astro nascente della politica cinese si e' dovuto difendere dalle accuse della moglie, Gu Kailai, e dell'allora capo della polizia di Chongqing, Wang Lijun. Altro grande accusatore di Bo, per il reato di corruzione, e' stato l'imprenditore di Dalian, Xu Ming, che Bo conosceva da venti anni, dai tempi in cui era sindaco della citta' portuale cinese. Bo Xilai ha dovuto rispondere di tangenti per decine di milioni di yuan ricevute nel corso degli anni e di numerosi favori e regali ricevuti dalla sua famiglia da parte dell'imprenditore oggi presidente del gruppo Dailan Shide che opera in diversi campi, dal settore delle costruzioni a quello petrolchimico.
Sia la moglie di Bo, che l'ex braccio destro Wang Lijun sono gia' stati processati per vicende relative ai reati ascritti allo stesso Bo Xilai. Gu Kailai e' stata condannata alla pena di morte sospesa nell'agosto 2012 per l'omicidio di Neil Heywood, un uomo d'affari inglese che lavorava alle dipendenze della famiglia, mentre Wang Lijun e' stato condannato a 15 anni di carcere con le accuse di diserzione, corruzione, abuso di potere e per avere piegato la legge a fini personali. Proprio la fuga di Wang Lijun al consolato statunitense di Chengdu, nel sud della Cina, e' stato il punto di inizio della vicenda che ha portato alla rimozione di Bo Xilai da tutte le cariche da lui occupate e, infine, all'epurazione.
Wang era fuggito dopo un diverbio con lo stesso Bo che lo aveva rimosso dall'incarico. L'ex capo della Pubblica Sicurezza era venuto a conoscenza del ruolo di Gu nell'omicidio Heywood e ne aveva parlato con lo stesso Bo che, adirato, lo aveva colpito al volto, secondo quanto dichiarato al processo da Wang stesso.
BO XILAI, ULTIME ORE PRIMA DEL VERDETTO
Pechino, 20 set. - La Corte Intermedia del Popolo di Jinan, nella Cina orientale, si pronuncerà domenica mattina alle dieci, le quattro del mattino in Italia, sulla sorte di Bo Xilai, l'ex ambizioso leader di Chongqing, mettendo la parola fine a una vicenda umana e politica durata un anno e mezzo, e cominciata con la clamorosa fuga di un funzionario locale alla sede di un consolato Usa nel sud della Cina. La stampa internazionale ha parlato in più di un'occasione del processo all'ex segretario politico di Chongqing come del "processo del secolo", paragonandolo, per importanza a un altro grande processo della storia contemporanea cinese, quello alla Banda dei Quattro, che aveva messo fine alla Rivoluzione Culturale, salvando, almeno all'apparenza, l'immagine di Mao.
Bo Xilai è il funzionario più alto in carica a finire sotto processo da allora. Fino all'anno scorso era uno dei 24 membri dell'Ufficio Politico del Partito Comunista Cinese. L'attesa per il suo processo era giustificata, e il processo stesso ha messo in mostra alcune novità rispetto al normale trattamento dei casi giudiziari in Cina. A cominciare dal primo giorno, quando sono comparsi i primi post su Weibo della Corte stessa con gli aggiornamenti "in differita", per quanto incompleti, dell'andamento delle udienze. Certo, alla stampa internazionale non è stato possibile accedere in aula, come consuetudine, ma la difesa di Bo Xilai dalle accuse della moglie e del suo ex braccio destro è stata seguita, per la prima volta, attraverso i costanti aggiornamenti on line. Eppure, già in quei giorni, i più scettici, come il commentatore Chang Ping, avvertivano: "non fatevi fregare dal processo a Bo Xilai". Non è la storia, quella che state vedendo, ma un melodramma. Niente messaggi politici o trionfi dei riformisti sui conservatori. Il partito va avanti per la sua strada. Eppure, i primi due processi -a Gu Kailai e Wang Lijun, gli altri due protagonisti della vicenda che vede al centro l'ex leader di Chongqing- si sono svolti in maniera più tradizionale per la giustizia cinese. Quello a Bo Xilai è stata un'eccezione. Come mai?
"Una relativa trasparenza nella Corte e contro-interrogatori dei testimoni sembrano normali in Occidente, dove lo stato di diritto si è evoluto nel corso dei secoli, per mediare il conflitto tra un'élite sempre più frammentata, ma questo non era mai accaduto nella Repubblica Popolare Cinese", scriveva al termine del processo John Garnaut, fino a poco tempo fa corrispondente da Pechino per il gruppo Fairfax Media e riconosciuto come uno dei migliori osservatori della politica cinese. Il processo a Bo Xilai ha stravolto la routine giudiziaria del Dragone. La parziale trasparenza del processo all'ex leader sarebbe dovuta, almeno in parte, al ruolo sempre più significativo di internet nel Paese, e in particolare dei social network come Weibo, sui quali erano stati commentati i precedenti processi alla moglie e a Wang Lijun: i dubbi degli internauti cinesi alla fine dei processi (tre giorni in tutto: uno per Gu Kailai, e due, di cui uno a porte chiuse, per Wang Lijun) aveva sollevato dubbi anche su fatti reali, ricorda Garnaut, come la presenza della "vera" Gu Kailai al processo e non di una controfigura. "La nascente rete della società civile, oggi tenuta insieme dai microblog -spiega Garnaut- non ha costruito un sistema legale credibile, ma ha alzato il costo politico di commettere abusi giudiziari grotteschi". La scelta, per la leadership cinese, e in ultima istanza per Xi Jinping, era se continuare sulla stessa strada di prima o provare con una via alternativa. "Nella crescente frammentazione delle elite cinesi -spiega Garnaut- Xi non poteva permettere che il processo a un suo rivale venisse visto come una farsa".
Il risultato di questa presa di posizione è stata una "narrazione" del processo per nascondere più che per rivelare, parafrasando il settimanale The New Yorker, che cita ad esempio l'incidente della frase "su ordini superiori" inizialmente inserita e poi malamente cancellata dalle trascrizioni del processo sottoposte ai giornalisti presenti a Jinan. La gestione della vicenda giudiziaria potrebbe però "segnare una nuova direzione nel controllo di spinose e potenzialmente esplosive situazioni" per il partito. In sostanza, "invece di mettere a tacere il dibattito, cosa virtualmente impossibile nel mondo digitale, Pechino può semplicemente curare la conversazione, contenendo gli scandali al livello della devianza sessuale e dell'infedeltà familiare, piuttosto che a quello della dissipazione del Politiburo".
Al di là del calcolo politico dietro la resa pubblica del processo, la domanda che molti si pongono in queste ore è sulla sorte dell'uomo Bo Xilai. Brutalmente, quanto sarà severa la pena a cui andrà incontro? L'ergastolo come per sua moglie, o, più verosimilmente, una condanna a quindici anni, come quella toccata al suo ex braccio destro Wang Lijun? Secondo indiscrezioni di stampa di martedì scorso, trapelate dal Mingjing News, il verdetto era giunto in ritardo rispetto ai primi giorni di settembre proprio perché la giuria era spaccata su due opzioni simili: ergastolo o almeno dieci anni di carcere. Qulacuno, tra gli osservatori, si è già sbilanciato. Tra i primi, Kent Ewing, che sulle pagine web di Asia Times, prevedeva già il mese scorso, una condanna a 15-20 anni con la possibilità di arresti domiciliari. Sarà di almeno dieci anni la condanna, ipotizza invece ad Agi China 24 Joseph Cheng Yu-shek, professore di Scienze Politiche alla City University di Hong Kong e tra i più attenti osservatori della scena politica cinese, "perché l'ammontare delle tangenti di cui è stato accusato è ingente e perché il suo atteggiamento di diniego durante il processo viene visto come non collaborativo". Cheng vede come attenuante, il fatto che Bo Xilai non abbia mai criticato il partito durante il processo, né abbia fatto menzione di alcuna lotta o divisione all'interno di esso. "Bisogna ammettere -conclude Cheng- che nella gestione del processo le autorità si sono trovate d'accordo nel permettere una maggiore trasparenza: il caso ha attratto un'enorme attenzione da parte della stampa internazionale e le autorità hanno voluto dare una buona impressione". L'obiettivo è stato raggiunto non senza sbavature. Ora non resta che aspettare domenica mattina.
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